Sin dall’inizio della pandemia, sebbene fosse abbastanza chiaro a tutti che il contagio interessasse in maniera diversa uomini e donne, la specifica risposta delle donne al virus era spesso ignorata o tralasciata negli studi, proprio come avviene per numerose altre patologie. Come riporta un articolo pubblicato su Nature Communications, dei 4.420 studi sulla Covid-19 usciti tra gennaio 2020 e gennaio 2021, solo il 4% considerava il sesso una variabile da prendere in considerazione. In più di un anno di emergenza sanitaria questo divario è stato in parte colmato, ma ora è la campagna vaccinale a mostrare come la ricerca continui a essere segregata dal punto di vista del genere. Un esempio è quanto sta emergendo riguardo alla possibile relazione tra vaccini e mestruazioni, un argomento che è stato finora sottovalutato, col rischio che ad appropriarsene sia la disinformazione no-vax.
Sempre più persone, infatti, riportano variazioni nel proprio ciclo mestruale dopo la somministrazione del vaccino. L’Mhra, l’Aifa britannica, ha ricevuto più di 13mila segnalazioni di questo effetto avverso. Un team di antropologi dell’università dell’Illinois Urbana-Champaign sta conducendo un sondaggio sull’argomento che ha raccolto più di 120mila risposte e da cui risulta che diverse migliaia di persone hanno lamentato flussi più abbondanti o spotting, in alcuni casi avvenuti anche dopo la menopausa. Il sondaggio è stato lanciato dall’antropologa Kate Clancy, che ha sperimentato in prima persona un cambiamento nel suo ciclo mestruale dopo il vaccino Moderna e ha raccontato l’esperienza su Twitter, raccogliendo centinaia di esperienze simili. L’obiettivo di Clancy era quello di portare l’attenzione della comunità scientifica su un tema dimenticato durante le fasi di sperimentazione.
Proprio perché si tratta di una raccolta aneddotica e non di uno studio vero e proprio, questi dati non costituiscono prove certe sull’influenza del vaccino sul ciclo mestruale, anche se un effetto simile è stato riscontrato in passato per il vaccino dell’influenza “suina” (H1N1) e contro l’HPV. Al momento, quindi, non ci sono prove di un collegamento diretto tra vaccini e variazioni del flusso mestruale, tanto che una delle ipotesi messe in campo per spiegare questo fenomeno sono gli alti livelli di stress a cui si è sottoposti in questo periodo, cosa che non dipende dalla composizione dei vaccini. Variazioni significative nel ciclo mestruale erano state riscontrate anche nelle fasi più acute della pandemia, dal momento che il cortisolo – il cosiddetto “ormone dello stress” – può influire negativamente sulla regolarità dell’ovulazione.
Bollare tutto come “semplice stress”, però, sembra essere riduttivo, oltre a rafforzare l’idea che le donne si immaginino i loro malesseri. Per questo alcune scienziate, come Clancy o l’immunologa specializzata in fertilità dell’Imperial College di Londra Victoria Male, hanno cominciato a raccogliere dati sul fenomeno. Sono consapevoli che un sondaggio non sia il modo migliore per avere un quadro completo della situazione ma, come ha spiegato Clancy in un’intervista al Guardian, il momento giusto per monitorare in maniera precisa il ciclo mestruale prima e dopo la vaccinazione sarebbe stato durante i trial clinici, eppure nessuno ha pensato di farlo.
Anche se le donne sembrano subire molti più effetti avversi al vaccino rispetto agli uomini, infatti, nessuno studio sinora pubblicato si è concentrato su questo aspetto così centrale della fisiologia femminile. D’altronde, nella prima fase di sperimentazione anche le donne in gravidanza e in allattamento erano state escluse dai trial per accelerare i tempi, fatto che inizialmente ha causato grande confusione per la stesura delle linee guida dei vari Paesi. Tuttavia, sia perché molte donne sono rimaste incinte per caso durante la sperimentazione, sia perché nel frattempo sono stati fatti altri studi, oggi il vaccino è considerato sicuro ed è certo che non abbia conseguenze negative sulla fertilità, né femminile né maschile.
Queste “dimenticanze” purtroppo sono molto comuni in tanti ambiti della salute, della medicina e della farmacologia, dove le donne vengono ancora considerate dei piccoli uomini e il cui dolore viene sminuito e sottovalutato. Le conseguenze di un approccio simile gravano soprattutto sulla salute fisica e mentale delle donne, che spesso faticano a dimostrare di stare realmente male e finiscono esse stesse per minimizzare il proprio malessere. A maggior ragione, visto che ci troviamo in un momento in cui la disinformazione sulla salute riesce ad attechire nelle maniere più inaspettate, il mancato coinvolgimento delle donne e delle loro esigenze nella comunicazione sui vaccini può essere facilmente capitalizzato. Come ha ricostruito l’emittente radiofonica Npr, la notizia che sempre più persone lamentavano di variazioni e ritardi nel ciclo mestruale ha infatti dato adito al complottismo antivaccinista.
Visto il tabù che ancora grava sulle mestruazioni, il rischio è che le persone che subiscono queste variazioni sul ciclo mestruale non ne parlino e cerchino di interpretarle con risposte pseudoscientifiche. Se è vero, come sono convinti gli scienziati, che si tratta solo di cambiamenti temporanei, la strada giusta sarebbe quella di indicare l’irregolarità mestruale tra i possibili effetti collaterali del vaccino, cosa che, però, non è possibile senza una raccolta di dati adeguata. Come scrive la ginecologa Jen Gunter, “Se avviso le mie pazienti che delle iniezioni di steroidi possono causare cicli irregolari, se succede, le mie pazienti non saranno preoccupate o sorprese. Immagina cosa succederebbe se non sapessi che la febbre è un effetto collaterale. Penseresti che ti sta accadendo qualcosa di terribile, quando in realtà si tratta della tipica febbre post vaccino. Lo stesso vale per le mestruazioni irregolari”.
Come ha dimostrato Caroline Criado Perez nel suo libro del 2019 Invisibili, l’assenza delle donne dai dati le penalizza in ogni ambito, anche in quelli in cui non ci aspettano differenze di genere. E se questi pregiudizi, che derivano dal considerare l’uomo come lo standard e la donna come l’eccezione, esistono tuttora, le conseguenze più nefaste si vedono proprio nei momenti di emergenza e di crisi. Con grande spirito anticipatorio, scrive: “Il paradosso del mettere a tacere le donne quando le cose vanno male sta nel fatto che è proprio in quei momenti estremi che i vecchi pregiudizi sono meno giustificati, perché le donne soffrono già in misura eccessiva le conseguenze dei conflitti, delle pandemie e dei disastri naturali”. La medicina non può continuare a ignorare metà della popolazione mondiale.