Perché se non hai le dimensioni di John Holmes sei in ottima compagnia molto più di quanto credi - THE VISION

​​Il mito dell’uomo superdotato condiziona ancora la nostra idea di mascolinità e il nostro immaginario: i social e i siti porno sono pieni di foto e video di uomini con peni al di sopra della media, che contribuiscono alla formazione di un’idea falsata della realtà. Per comprendere quanto sia forte lo stigma sull’argomento, basta prendere come esempio la polemica social nata sulla quinta stagione di Skam Italia, dopo che è stato svelato il tema intorno a cui avrebbe ruotato la trama, ovvero il disagio di uno dei protagonisti generato dall’avere un pene al di sotto della media. Molti utenti hanno accolto la notizia con reazioni di ilarità e incredulità, criticando la scelta di affrontare un argomento a loro avviso così “ridicolo” e portando l’hashtag #micropene in tendenza su Twitter per un giorno intero. 

Elia, Skam 5

Mettendo da parte le facili ironie, il tema appare in realtà molto più serio di quanto qualcuno possa pensare. Da uno studio dell’Università del Kentucky, ad esempio, è emerso che il 45% degli uomini intervistati vorrebbe avere un pene più lungo. Questo nonostante l’85% delle donne eterosessuali intervistate abbia dichiarato di essere soddisfatta delle dimensioni del pene del proprio partner, e nonostante gli studi indichino che nel mondo soltanto lo 0,6% degli uomini abbia la ipoplasia peniena, ovvero un pene al di sotto della media. Questa condizione è molto rara e si manifesta quando il pene di un uomo adulto in erezione raggiunge una lunghezza di 2,5 volte inferiore a quella di un pene normale (in media 13,2 cm in erezione) in erezione, ovvero inferiore ai 7-8 cm nell’adulto e 2 cm nel neonato.

Convivere con una condizione di micropenia non è facile e, vista l’ignoranza sul tema, molti uomini non capiscono di non essere, in realtà, dal punto di vista medico microdotati. Ho parlato con alcuni di loro con l’aiuto di Omoestetismo, pagina social che tratta del corpo maschile senza tabù. “Mi eccita da pazzi essere microdotato quando faccio sesso con ragazzi dotati”, mi rivela anonimanente Luca. “Io vivo questa condizione con estrema onestà,” mi dice Davide, “prima mi vergognavo, adesso è la prima cosa che dico quando incontro una persona”. “Una volta ho avuto un rapporto occasionale con un ragazzo affetto da micropenia”, mi confessa Alice. “Il sesso è stato piacevole, ma all’epoca mi ricordo di averci scherzato su con le amiche. Quando ci ripenso oggi mi vergogno molto e ogni volta che si ripresenta l’argomento invito le persone a non fare battute idiote”. C’è poi chi non è affetto da ipoplasia peniena, ma viene discriminato lo stesso. “Sono un ragazzo bisessuale con un pene di 11 cm”, mi racconta un ragazzo. “La mia prima ragazza non si è mai lamentata. La seconda e la terza hanno iniziato a deridermi perché avevo un ‘micropisello’. Da quel momento non ho più fatto sesso. Non ho mai avuto il coraggio di spogliarmi davanti ad altri ragazzi. in palestra mi vergogno talmente tanto che non riesco nemmeno a farmi la doccia”. Alcuni, invece, mi racconta Mario, vengono in qualche modo a patti con questa caratteristica trasformandola in un vero e proprio fetish, e quindi amano essere derisi durante l’atto sessuale o lo scambio di foto in chat.

Nella maggior parte dei casi si parla però di “small penis anxiety” o ansia da pene piccolo, un sentimento che mescola ansia e insoddisfazione cronica per le dimensioni o la forma dei propri genitali, alimentato dalla pornografia e da modelli di virilità machista, che contribuiscono ad accrescere il senso di inadeguatezza e inferiorità, spesso immotivato, soprattutto fra i più giovani. Una vera e propria ossessione che ha risvolti negativi anche nel sesso: le donne eterosessuali, infatti, in media sono le più insoddisfatte a livello sessuale, e non certo a causa delle dimensioni dei peni degli uomini eterosessuali, ma piuttosto per la loro incompresione e ignoranza del piacere femminile – che non dipende certo esclusivamente dalla penetrazione e dalla lunghezza del pene – e per la loro reticenza nell’affrontare eventuali disturbi di natura sessuale, come l’eiaculazione precoce.

Nei casi più gravi, questo disturbo può trasformarsi in una vera e propria patologia psichiatrica, in grado di causare ansia e depressione: la dismorfofobia peniena o “sindrome da spogliatoio”. Secondo un recente studio italiano, gli uomini che soffrono di questa patologia hanno maggiori probabilità di soffrire di disfunzione erettile, disfunzione orgasmica e minor soddisfazione sessuale rispetto al resto della popolazione maschile. Chi è affetto da dismorfofobia peniena tende inoltre ad avere una bassa autostima legata a un’errata percezione delle dimensioni e dell’aspetto del proprio pene, e di conseguenza è spesso molto preoccupato per la qualità delle sue prestazioni sessuali: motivi per cui preferisce evitare qualsiasi tipo di rappoorto con il sesso opposto. Questa ossessione per le dimensioni del proprio pene, spiega lo studio, sarebbe associata a un uso massiccio della pornografia. Un altro studio, poi, insiste sul ruolo che media, pubblicità e tv hanno avuto in questi anni nella costruzione di un preciso ideale di mascolinità, dove, a un corpo muscoloso, preferibilmente glabro e fortemente eroticizzato, corrispondesse un membro importante e prestante, sempre pronto all’azione, a conferma di una visione fallocentrica della società, in cui all’uomo è assegnato un ruolo di potere e di comando, sottolineato dalle dimensioni, spesso esagerate, dell’organo genitale. Più grande è, più virile viene considerato il soggetto in questione. Anche se poi nella realtà non è affatto così.

Sembrerebbe quindi che gli uomini, anziché essere avvantaggiati da una cultura fallocentrica, che, in teoria, concepisce il maschio come dominante e più forte della donna proprio perché dotato di pene, diventano invece loro stessi vittime del sistema, intrappolati e schiacciati da valori primitivi e standard impossibili. Non a caso, negli ultimi anni si parla sempre di più della correlazione tra mascolinità egemone e disturbi mentali. L’adesione a un modello maschilista e patriarcale spinge infatti molti uomini a nascondere condizioni di disagio come depressione, ansia o stress, per paura del giudizio o per non apparire troppo “deboli”. Un rapporto del 2019 di Movember, movimento inglese che si occupa di salute mentale degli uomini, ha rivelato infatti che il 45% dei 18-34enni evita di parlare dei propri problemi per non apparire “meno uomo”. Mentre più della metà (54%) pensa che la mascolinità abbia a che fare con l’essere “forti”, sia fisicamente che emotivamente. L’indagine ha mostrato, inoltre, che, nonostante la forte consapevolezza che parlare apertamente sia un modo efficace per affrontare i problemi, gli uomini, quelli più giovani in particolare, erano riluttanti a farlo. Circa un terzo (28%) degli uomini – di tutte le età – ha affermato invece di sentire la pressione di doversi comportarsi in modo maschile, con il 58% che crede che la società si aspetti che siano “emotivamente forti” e non mostrino debolezza. Anche la sfera sessuale risente di questa situazione, con un aumento della promiscuità e dei rapporti sessuali non protetti, e un abuso di materiale pornografico, che va spesso a sostituirsi all’educazione affettiva e sessuale nelle scuole e finisce per contribuire al problema.

Nicola Macchione, urologo e andrologo, mi ha detto: “L’assenza di strumenti per poter discernere l’entertainment dall’educational conduce molti giovani (e non solo) a fare confusione tra le cose, e finisce così che il porno diventa reale e pone gli standard educativi, nonché le basi culturali per quella che crediamo essere la mascolinità. In una società ideale, che ha culturalmente superato il limite delle misurazioni del benessere sessuale si vive in modo appagante in qualsiasi corpo, al di là del genere e dell’orientamento sessuale. Nella società attuale le cose non stanno così, si soffre perché non si rientra negli standard dettati da dottor Google o dal mercato. Le dimensioni del pene hanno poco a che vedere con il piacere e l’appagamento sessuale, motivo per cui si può vivere una sessualità adeguata e soddisfacente anche con un micropene. Tutto ciò, però, resta vero se di base esiste un importante percorso di supporto psicologico e medico a chi è portatore di un pene che sente come inadeguato, al di là delle misure”.

Secondo l’ISAPS (la Società Internazionale di Chirurgia Plastica Estetica) ogni anno nel mondo vengono effettuate circa 15mila falloplastiche, ovvero interventi di allungamento del pene, anche se, come dimostrano i dati, nella maggior parte dei casi, coloro che li richiedono non ne avrebbero bisogno e non soffrono di ipoplasia peniena. In Italia, secondo un recente studio pubblicato su Scientific Reports, verrebbero effettuate circa 350 falloplastiche all’anno. Il Centro di Medicina Sessuale di Milano, riporta la ricerca, riceverebbe 3mila richieste all’anno, che però vengono accuratamente selezionate per poter accogliere solo chi necessita effettivamente di un intervento chirurgico. Gli interventi chirurgici di allungamento dell’organo sessuale maschile, infatti, non sono affatto semplici né esenti da rischi ed effetti collaterali anche importanti, spesso sottovalutati. A dimostrarlo è uno studio pubblicato da un gruppo di ricercatori italiani e inglesi sulla rivista Sexual Medicine Reviews, basato sull’analisi di 17 ricerche pubblicate negli scorsi anni, effettuate su un totale di 1192 uomini che si sono sottoposti a procedure di falloplastica. Lo studio dimostra chiaramente che le iniezioni e le operazioni chirurgiche non dovrebbero essere mai prese con leggerezza e che dovrebbero rappresentare sempre l’ultima opzione da prendere in considerazione. Per questo è sempre necessaria una valutazione psichiatrica professionale prima dell’intervento.

Eppure, le dimensioni del pene sembrerebbero ormai una vera e propria ossessione per gli uomini: le ricerche su Google, infatti, documentano una diffusa e radicata ansia da pene piccolo. “Gli uomini fanno domande sul loro organo sessuale più che per qualsiasi altra parte del loro corpo,” scrive Seth Stephens-Davidowitz sul New York Times. “[…] Fanno più ricerche per chiedere come rendere il loro pene più grande di come accordare una chitarra, fare un’omelette o cambiare una gomma”. Un esempio emblematico di quanto il fallocentrismo condizioni la vita e i pensieri degli uomini. 

Mentre negli ultimi anni sui social si parla sempre più apertamente di body shaming e di inclusività, gli stereotipi sulla virilità restano molto radicati. In Italia, in particolare, dove l’eredità della cultura machista è ancora molto forte e dove il sex symbol di riferimento è stato per anni il pornodivo Rocco Siffredi, famoso per le sue misure ben sopra la media, è ancora più difficile estirpare una certa idea di mascolinità dal nostro immaginario. Accecati dall’ossessione per le misure, molti uomini finiscono per dimenticare che avere un pene XXL non è sempre garanzia di performance sessuali soddisfacenti. Per molti uomini la sessualità femminile rappresenta ancora un mistero e sarebbe ora di capire, per il benessere di tutti, che il piacere sessuale non è solo una questione di dimensioni. Se iniziassimo a dare meno importanza a standard inverosimili ed evitassimo di alimentare una competizione nevrotica fra maschi, probabilmente anche il sesso che facciamo sarebbe migliore.

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