Di Battista che lavora per una casa editrice è come un terrapiattista che dirige la NASA
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Avremo storie incredibili da raccontare alle prossime generazioni. In sei anni ne abbiamo viste di tutti i colori: a partire dal primo incontro ufficiale tra due pontefici, passando dall’elezione contro tutte le previsioni di Donald Trump alla Casa Bianca, per arrivare nel 2018 all’insediamento del primo governo populista dell’Europa occidentale. Se tutto questo non dovesse bastare, con un post su Facebook, Alessandro Di Battista ha annunciato alcune settimane fa di aver avviato un rapporto di collaborazione con Fazi Editore. La casa editrice è nota soprattutto per detenere i diritti di pubblicazione delle opere di uno dei pensatori più influenti del nostro tempo, il linguista e filosofo statunitense Noam Chomsky.

Dopo aver trascorso un anno a vagabondare negli Stati Uniti a libro paga de Il Fatto Quotidiano, infatti, e aver pubblicato la sua terza fatica letteraria – Politicamente scorretto, con Paperfirst, per la quale ha incassato il peculiare endorsement dal regista Paolo Virzì, che lo ha definito come “il peggior scrittore del mondo” – l’ex deputato del M5S è pronto a cambiare pelle per l’ennesima volta, diventando un editor.

Di Battista ha ufficializzato che “Presto uscirà un libro sullo scandalo di Bibbiano”, il primo frutto della sua nuova avventura editoriale. Recentemente, il leader del M5S Luigi Di Maio ha strumentalizzato la vicenda come arma politica nei confronti del Pd, definito dal vicepremier pubblicamente come “il partito di Bibbiano”, omettendo sia l’estraneità ai fatti del sindaco Pd Andrea Carletti, sia il finanziamento che il M5S ha destinato alla Onlus “Hansel e Gretel”. Nonostante il comportamento del partito di Di Battista, resta la speranza che la deontologia professionale di una casa editrice di esperienza consolidata impedisca che venga restituito un quadro parziale e politicizzato di una vicenda già fin troppo distorta per fini elettorali.

Il dato sconcertante non è tanto il tema del libro con cui partirà la collaborazione, ma il fatto che l’ex parlamentare del M5S si occuperà del coordinamento della collana saggistica Le Terre. La notizia aveva iniziato a circolare già a maggio, per essere confermata con un altro post su Facebook il 13 giugno, quando Di Battista ha lanciato la campagna “Avete un libro nel cassetto?”, con l’idea di “pubblicare (nella collana di saggistica) opere di nuovi autori (anche opere prime) con un occhio di riguardo verso i giovani”.

Particolarmente richiesti saranno libri focalizzati su argomenti come la “sondaggiocrazia” (definita da Di Battista come “impatto dei sondaggi sull’opinione pubblica e studi su chi possiede le società di ricerca di mercato e opinioni e sui conflitti di interesse tra queste e la politica”), la “bancocrazia” (“conflitti di interesse tra giornali, politica e istituti finanziari in ambito europeo – commissione europea inclusa”), i cambiamenti climatici, le lotte ambientali e la blockchain.

La stessa persona che ha sostenuto a più riprese che “sbagliare qualche congiuntivo non è la fine del mondo”, che ha coniato lo slogan del “presidente non eletto da nessuno” per attaccare Matteo Renzi e che è stato eletto dal New York Times tra i capofila internazionali dei politici che tendono a far passare per verità fatti che veri non sono poi del tutto, si farà carico di informare e divulgare la cultura in questo Paese. Il presidente della casa editrice, Elido Fazi, contattato da Il libraio, ha dichiarato che Di Battista è amico dei suoi figli, Francesco, da quest’anno amministratore delegato della Fazi, e Thomas. Tra loro parlano tanto anche di libri. Lui è un lettore competente, e conosce bene diversi titoli della collana. Da qui l’idea della collaborazione”. Il presidente ha anche chiarito che la consulenza, avviata il primo giugno, avrà una durata di sei mesi.

A prescindere dai legami di amicizia e dalla presunta conoscenza del catalogo, per chi ha seguito con attenzione la sua vicenda politica, risulta difficile rassegnarsi a una simile scelta editoriale. Dibba sembra aver sempre dimostrato, ad esempio, scarso interesse verso la diffusione di una informazione obiettiva: nel corso degli anni è stato in grado di rileggere la storia a proprio piacimento, facendo vincere a Napoleone Bonaparte la battaglia di Auschwitz, o fornendo quadri geopolitici distorti, come nel caso della Nigeria, ritratta come un Paese “per il 60% è in mano ai fondamentalisti islamici di Boko Haram”. Non va meglio con la matematica, come ha dimostrato sostenendo durante un’intervista con Floris che “9 proposte di legge su 10 provengono dal M5S”.

Il 19 maggio, in occasione della presentazione del libro di Ndongo Samba Sylla e Fanny Pigeaud, L’arma segreta della Francia in Africa, Una storia del franco CFA, edito proprio da Fazi, l’attivista pentastellato ha rispolverato questo modus operandi. Commentando la decisione di Facebook di chiudere 23 pagine di fake news spesso funzionali alla propaganda di M5S e Lega  decisione presa in seguito alle segnalazioni dell’Ong Avaaz – il neo editor di Fazi ha detto: “Un’altra cosa gravissima è che una multinazionale californiana possa chiudere il dissenso. Non perché non esistano fake news sulla rete; le fake news sono sempre esistite. Si chiamavano stronzate. Solo che un tempo venivano propagandate soltanto dai giornali, mentre sulla rete si possono confutare molto di più rispetto a quanto si poteva fare in passato”.

Le pagine sono state chiuse alla vigilia delle elezioni europee: avevano complessivamente oltre 2,46 milioni di follower, che diffondevano notizie false e contenuti d’odio in violazione alle regole della piattaforma. Christoph Schott, direttore della campagna di Avaaz, ha spiegato che prima di essere chiuse queste pagine avevano raggiunto mezzo miliardo di visualizzazioni, “Più del numero degli aventi diritto di voto in Europa”. Anche di fronte a una simile campagna di disinformazione, e nella veste di divulgatore culturale, Dibba ha dimostrato di non riuscire in nessun modo a separare l’etica professionale dall’attività politica. Per chiarire ogni dubbio, l’8 maggio, tramite l’ennesimo post su Facebook intriso di cerchiobottismo, Di Battista ha chiarito pubblicamente che: “Il dibattito fascismo/anti-fascismo non è soltanto deprimente nel 2019.  È altamente pericoloso. È il solito dibattito politicamente corretto che distrae la pubblica opinione. Se certi “fascisti” di oggi – se fossero nati durante il regime – sarebbero finiti al confino per manifesta stupidità, certi “anti-fascisti”, data la loro incapacità, il loro terrore, la loro ritrosia nel prendersela davvero contro i potenti di oggi, durante il Ventennio senz’altro li avremmo trovati sotto il balcone a Piazza Venezia a fare il saluto romano”.

La dissertazione su fascismo e antifascismo è solo l’ultimo capolavoro di incoerenza messo nero su bianco dallo stesso Di Battista, che nel 2016 ha trascorso l’estate in sella a un motorino per difendere la Costituzione italiana. In quei mesi l’ha definita a più riprese come “la più bella del mondo”, salvo poi dichiarare tre anni dopo che “la democrazia rappresentativa un giorno la vedremo come oggi guardiamo alla monarchia assoluta: qualcosa di obsoleto”. La stessa Carta fondamentale che i Padri costituenti approvarono per liberare l’Italia dallo spettro del fascismo. Un fascismo che, con il recente sequestro di un arsenale da guerra a un gruppo di estremisti, ha dimostrato di essere più vivo che mai e di non poter essere sottovalutato. Negare l’attualità del dibattito sul fascismo e definirlo addirittura “stucchevole”, oltre a tradire una certa incomprensione del presente, non è soltanto sbagliato, ma diabolico.

Le premesse, dunque, non sono le migliori: affidare la sezione di saggistica di una casa editrice a Di Battista è una scelta logica come nominare un terra piattista direttore della Nasa.

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