Esiste un collegamento tra bus arancioni, Putin e Salvini

Dalla Russia putiniana con amore, più un pizzico di estremismo religioso americano e qualche compagno di strada neo-fascista. Benvenuti nella galassia anti-LGBT italiana, dove non va più di moda l’autarchia, ma la famiglia tradizionale, qualsiasi cosa ciò voglia dire.

L’ultima iniziativa è partita sabato 23 settembre. Un pullman arancione sta circolando per il nostro Paese con su la scritta di straordinario acume: “I bambini sono maschi, le bambine sono femmine”, che è sempre vero, tranne per chi è nato femmina e si sente uomo o viceversa. Lo chiamano il Bus della libertà, la libertà di dire alle persone transgender che loro non sono normali e che non devono esistere. Orange is the new black. Qui le date del tour. Diverse associazioni hanno chiesto di bloccare l’iniziativa, come è il caso di Rete Lenford.

Il bus non è un’idea italiana, ma una replica di un’iniziativa che in Spagna e Stati Uniti ha fatto molto scalpore, pensata come opposizione alle campagne informative e alle leggi anti-transfobiche dei due Paesi. Il bus ha iniziato a circolare prima in Spagna, come reazione a un libretto informativo distribuito nelle scuole. Poi negli Usa l’hanno copiato pari pari – battezzandolo Free-spech Bus – per protestare contro le iniziative per permettere ai transgender di utilizzare i bagni e gli spogliatoi corrispondenti al genere in cui si identificano. In Italia, dove di politiche a favore dell’inclusione delle persone trans si parla pochissimo, il messaggio è stato un po’ modificato, trasformandolo in un’iniziativa “contro il gender nelle scuole”, ovvero la caricatura che la destra tradizionalista fa di normalissime campagne educative per l’antibullismo omofobico e il rispetto delle donne.

L’iniziativa arancione fa capo, oltre all’italiana Generazione Famiglia, la Manif pour tous italiana (che in Francia ha stretti legami con la Russia ed è tra le poche associazioni ad aver chiesto esplicitamente di non votare Macron al ballottaggio contro Marine Le Pen), a Citizen Go, che su Internet si presenta così: “Una fondazione spagnola (registrata con il n° 1582) nata dall’esperienza e dall’amicizia di un gruppo di persone desiderose di lavorare al servizio della società, per promuovere il rispetto in tutti i contesti della dignità umana e dei diritti che scaturiscono da essa”. In Italia CitizenGo si contraddistingue per sostenere battaglie di avanguardia (!) come quella contro la legge sui vaccini, “che strappa i bambini alle madri”.

Fanno parte del Board of trustess: Ignacio Arsuaga, Walter Hintz, Blanca Escobar, Luca Volontè, Brian Brown, Gualberto García, Alexey Komov, Alejandro Bermudez e John-Henry Westen. A parte l’italiano Luca Volontè, cinghia di collegamento con la politica italiana “centrista” sono due i nomi da tenere a mente: Brian Brown, presidente del World Congress of Families e Alexey Komov, referente russo della stessa associazione.

Tutto inizia più di vent’anni fa nella Russia post-sovietica: la vicenda è raccontata per bene qui, ma io ve la riassumo. Anatoly Antonov e Victor Medkov sono due sociologi russi della Lomonosov Moscow State University. Il Paese che sta provando a rialzarsi dalle macerie del comunismo è un luogo dove i tassi di natalità e i matrimoni sono in picchiata. Cosa sta succedendo alla Russia? Quali colpe ha il sistema capitalista? Nel loro interrogarsi, i due trovano le risposte che cercano nel libro Family Questions, dello studioso americano Allan Carlson, presidente dell’Howard Center for Family, Religion, and Society, in Illinois. Secondo Carlson, qualcosa di simile sta succedendo negli Stati Uniti e la colpa è del femminismo e della rivoluzione sessuale sessantottina che ha minato la tradizionale struttura familiare su cui si basava la società americana. Antonov e Medkov sono entusiasti di questa teoria, così invitano Carlson a Mosca e, insieme a un mistico ortodosso, Ivan Shevchenko, concepiscono insieme l’idea del World Congress of Families, un’associazione internazionale per la difesa della famiglia tradizionale che tiene il suo primo congresso a Praga nel 1997, che inaspettatamente, con oltre 700 partecipanti da tutto il mondo, si rivela un grandissimo successo. L’associazione americana diventa un punto di riferimento internazionale, soprattutto nell’Europa dell’Est e in Russia. Ma bisogna aspettare gli anni di Putin per il salto decisivo.

Michel Casey ha ricostruito bene su Il Politico cosa significa per il regime putiniano farsi prima araldo del cristianesimo tradizionale nel suo Paese, annullando le distanze rispetto alla Chiesa ortodossa, per poi proiettare in una logica imperialista questa identità sul resto del mondo, dapprima in Europa orientale e poi in Occidente.

I legami con i partiti della destra populista europea e con Trump sono cosa nota, ma forse non sapete che a livello culturale e identitario fondamentale è il World Congress of Families. Nel 2011, l’associazione americana e i suoi rappresentati hanno giocato un ruolo chiave nella definizione della prima legge russa che limita il diritto all’aborto e poi, nel 2013, in quella che proibisce la propaganda LGBT e la sospensione delle adozioni internazionali verso i Paesi dove è in vigore il matrimonio egualitario, Usa in primis. La deputata Yelena Mizulina, ospite fissa agli incontri del Wcf, è la donna di punta di questa deriva reazionaria: c’è lei dietro la legge che limita l’aborto, quella che vieta le adozioni e la propaganda a favore dei diritti degli omosessuali, e che depenalizza pure la violenza domestica nei confronti delle donne. Tutto in nome della famiglia tradizionale, ovviamente.

Il canale funziona in entrambi i sensi: se la destra reazionaria americana ha giocato un ruolo di primo piano nella creazione della nuova piattaforma pro-famiglia tradizionale russa, la Russia è diventata allo stesso tempo un punto di riferimento per le destre nel resto del mondo, assicurando così a Mosca un ruolo guida funzionale alle mire imperialiste di Putin.

“Nella guerra culturale per il futuro dell’umanità, Putin ha piantato saldamente la bandiera russa nel campo del cristianesimo tradizionale”: lo ha detto Pat Buchanan, l’ex portavoce di Nixon e capofila del paleoconservatorismo, un movimento che strizza l’occhio al suprematismo bianco e che ha solidi agganci con la presidenza Trump.

E l’Italia? Per il nostro Paese l’uomo di riferimento è proprio Alexey Komov, membro del board di Citizen Go cui abbiamo rimandato prima. Komov è un tizio interessante: è stato proprietario di un nightclub e studente di Antonov, il professore russo tra gli ispiratori della Wcf, e adesso ha fatto carriera in nome della famiglia tradizionale. Dopo un periodo mistico da appassionato di yoga, oggi è il rappresentante russo di Wcf, con buoni agganci nel mondo putiniano. In genere se ne esce con cose del genere: “Come russi, vogliamo avvisare l’Occidente dei pericoli di questo nuovo totalitarismo. Ci sono lobby influenti che stanno promuovendo un’aggressiva campagna di trasformazione della società usando come mezzo l’attivismo LGBT”.

Inoltre Komov ha buoni amici in Italia: nel 2013, è stato ospite del congresso della Lega Nord e, in seguito,  è stato nominato presidente onorario dell’associazione Lombardia Russia attraverso cui Matteo Salvini voleva stringere i legami con il Cremlino. Ma la Lega Nord non è l’unico interlocutore. Komov è soprattutto gradito ospite di molti convegni dell’associazione ProVita, il cui presidente Toni Brandi è solito indossare deliziosi papillon tartan che non sfigurerebbero a un Gay Pride, se solo avesse voglia di venirci.

Vorrei provare a farvi capire con parole mie il tono delle conferenze organizzate da ProVita in Italia con Komov. Ma, non essendo così bravo, mi limito a linkarvi qui la loro presentazione sul sito dell’associazione – da cui è tratto anche il brano qui sotto.

“In un’Europa alla deriva, che non riesce nemmeno a inserire all’interno della propria costituzione un richiamo a valori più alti rispetto al mero libero mercato, che foraggia il controllo delle nascite, che impone ai propri figli un modello di sessualità al limite del patologico e cerca in tutti i modi possibili di equiparare la famiglia tradizionale alle coppie composte da gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, queer e intrasessuali… ebbene, in un’Europa giunta a questo stadio, sentir parlare Alexey Komov è come aprire una finestra su un mondo possibile per cui combattere. Un mondo dove è proibito istigare con propagande ad hoc i minori a comportamenti sessualmente disordinati, in cui il popolo è convinto che sia normale avere un padre e una madre, in cui la costituzione deve riportare anche i valori etici che ne fondano l’identità.”

ProVita, magari l’avete intuito, è uno dei gruppi italiani del cattolicesimo reazionario con robusti agganci nella galassia neofascista, Forza Nuova in particolare. Se volete documentarvi meglio potete leggere questo pezzo di Elena Tebano e Ferruccio Pinotti sul Corriere della Sera. Toni Brandi, che come si legge nell’articolo ha rilasciato una simpatica intervista a Radio 24 in cui afferma che “i gay hanno tendenze pedofile, rompono i coglioni e possono essere curati”, nega rapporti tra ProVita e il movimento di Roberto Fiore, a cui però lo lega una lunga amicizia, dice. Il figlio maggiore di Roberto, Alessandro, è portavoce di ProVita. Le sue sorelle, spiega l’articolo del Corriere della Sera, sono state titolari della società che, in un primo momento, ha curato la distribuzione della rivista di ProVita che ha come fondatore un ex attivista dell’estrema destra, Beniamino Iannace.

I sostenitori della famiglia tradizionale, insomma, hanno compagni di strada interessanti. Dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei. E molto altro ancora.

 

*L’articolo è stato aggiornato il 26/09/2017

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