Perché le città ci salveranno dal nazionalismo

Sul dizionario il termine “municipalismo” è declinato al negativo: viene definito come un “Eccessivo attaccamento al proprio comune”, un sinonimo di campanilismo. Il nuovo municipalismo di oggi, però, è un’avanguardia che arriva là dove i parlamenti nazionali non osano o non riescono, e lo fa anche attraverso la figura del sindaco e dei suoi collaboratori, percepiti come più vicini alle persone di quanto non siano deputati e senatori, considerati generalmente distanti dalla vita vera. Tra quanti credono che le città rappresentino il futuro c’è la sindaca di Barcellona Ada Colau, che fa dei concetti di innovazione, apertura e solidarietà i pilastri su cui costruire il proprio lavoro.

Eletta nel maggio 2015 con la sua lista civica Barcelona en comù a capo della città catalana, Colau ha deciso di fare della trasparenza (anche attraverso incontri periodici con rappresentanti locali) un punto forte del suo governo; assistenza sanitaria ed educazione di qualità per tutti, ecologia e diritto alla casa (di cui si occupava già prima di diventare sindaco) sono tra i punti fermi di un programma che rivendica il proprio femminismo, l’accoglienza verso comunità LGBTQ+ e i rifugiati, mostrando ciò di cui sono convinti Colau e la sua squadra: che le città mettano in pratica ciò che i governi nazionali non riescono a fare. Lo scollamento tra accentramento burocratico dello Stato da un lato e modernizzazione e cambiamento della città dall’altro è molto sentito in Catalogna, terreno di scontro tra unionisti e indipendentisti. 

Ada Colau

Tra le sfide della sindaca c’è il contrasto al cambiamento climatico, attraverso un Pla pel Clima 2018-2030 che opera su quattro punti: la mitigazione del surriscaldamento globale (tramite maggiore efficienza energetica e sviluppo delle rinnovabili), l’adattamento a esso (con studi sui suoi effetti locali), la giustizia climatica e l’incentivo all’attivismo cittadino (con progetti come il Compromiso de Barcelona por el Clima). Altrettanto centrale è la lotta alla svendita della città al turismo di massa  attuata, tra le altre cose, attraverso ispezioni per individuare le strutture turistiche senza licenza, un piano per decongestionare il centro storico (dove non si concedono più licenze per appartamenti turistici), l’aumento della tassa di soggiorno e un serrato dialogo con AirBnb, che è stato anche multato dal Comune per affitti turistici illegali. E, ancora, il sostegno alle associazioni di quartiere, alle piccole e medie imprese e al commercio di prossimità rafforzano il tessuto produttivo locale. Particolare importanza è attribuita ai singoli quartieri, su cui il Comune, con il progetto Pla de barris, interviene per diminuire le diseguaglianze tra i barrios, con azioni a sostegno di quelli più problematici, e per integrarli tra loro: dall’estensione della linea 10 Sud della metropolitana, al progetto Metzineres per donne vittime di violenza, al servizio itinerante di consulenza per operatori di economia sociale e solidale. Molte iniziative sono ancora da mettere in pratica o da completare e non mancano i problemi da risolvere, come il fenomeno dei narcopisos (“case della droga”), appartamenti vuoti divenuti centri di spaccio: la città è un mosaico vivente a cui tutti i quartieri partecipano e gestire un organismo complesso non è facile.

Clima, migrazioni, diritti: le drammatiche sfide del presente hanno la città come primo campo di prova; è, infatti, la dimensione locale la prima a essere investita dagli effetti della geopolitica internazionale e a doverli affrontare, anche senza aspettare che dalla politica nazionale arrivino indicazioni. Con la popolazione urbana in continua crescita in tutto il mondo, è chiaro che le città sono una chiave del futuro. Ciò comporta anche la sfida a mantenere unito il tessuto sociale urbano, evitando sia la trasformazione dei quartieri periferici in dormitori in cui si isola chi non può permettersi di vivere in centro, sia la gentrificazione.

Un esempio di come i due diversi approcci alla riqualificazione urbana siano spesso in conflitto è la vicenda dell’Ex Dogana nel quartiere di San Lorenzo a Roma, un grande spazio dismesso che dal 2015 ospita eventi artistici e culturali ed è diventato un punto di riferimento per le serate capitoline. Fino allo scorso anno lo spazio era gestito da due società, Spazio Temporaneo e l’Attimo Fuggente, che con una gestione under 35 avevano trasformato l’Ex Dogana in un luogo di socializzazione per studenti e giovani. Oggi l’area è contesa con la multinazionale olandese The Student Hotel, che ha in progetto di abbattere l’edificio storico e costruire un grande ostello di lusso per studenti, privando la città di un luogo molto fruito, gratuito e integrato nel tessuto urbano. Per questo motivo, gli abitanti del quartiere San Lorenzo si stanno opponendo alla colonizzazione della catena di alberghi, temendo anche che la zona si riduca a mero parco giochi per ricchi universitari. La mediazione sarà lunga e il ruolo dell’amministrazione, che deve farsi carico di molti altri problemi, ancora incerto. Pur con tutte le differenze possibili, le città di tutto il mondo devono affrontare problemi simili, e per questo molte di loro uniscono le forze per sviluppare strategie esportabili per risolverli: sempre più permeabili e collaborative, anche al di là dei confini nazionali, non arroccate nel proprio ristretto territorio, ma aperte al dialogo, allo scambio, alla collaborazione. 

Mettere in comune idee, competenze e progetti e prendere spunto dai successi altrui, ma senza perdere la propria identità e il proprio ritmo umano, anche facendo della lentezza una rivendicazione di qualità della vita: questa è la strada delle città per il futuro. Lo fa ad esempio la piattaforma Sharing Cities, iniziativa di dialogo tra città (tra le quali Londra, Varsavia, Lisbona, Milano, Burgas e Bordeaux) sostenuta da Horizon 2020, il programma quadro dell’Unione europea per ricerca e innovazione che finanza progetti di sicurezza alimentare, agricoltura e silvicoltura sostenibili, salute, trasporti intelligenti, ecologici e integrati, energia pulita e sicura. Il finanziamento di Sharing Cities da parte dell’Ue è stato di 24 milioni di euro, ma si punta a produrne 500 in investimenti tra le 100 città europee coinvolte. L’obiettivo è lo sviluppo di soluzioni intelligenti a prezzo contenuto, basate sul concetto di condivisione, e con attenzione alla vivibilità e all’ambiente, promozione della partecipazione dei cittadini. 

Una delle “città faro” di Sharing Cities è Milano, in cima alla classifica del rapporto di Legambiente “Città MEZ. Mobilità emissioni zeroper accessibilità, integrazione dei trasporti e mobilità sostenibile (con il 52% degli spostamenti giornalieri in modalità zero emissioni) e per aver sperimentato progetti di successo, come il recupero dei mercati coperti come spazi polifunzionali, di commercio locale e di socialità.

Metropolitana di Milano – foto di Giorgia Agati ©

L’ambiente è, dunque, una priorità: essendo non solo i primi soggetti a essere investiti dagli effetti del cambiamento climatico, ma anche i principali responsabili delle emissioni nocive, le città sono anche i primi a rispondervi. New York, ad esempio, si è trovata di fronte alla propria fragilità quando è stata colpita dall’uragano Sandy nel 2012 e ha istituito il piano A stronger, more resilient New York  che, dalla protezione delle coste agli edifici, alle telecomunicazioni, passando per l’analisi dei danni economici, affronta punto per punto le possibili strategie per affrontare l’innalzamento del mare e di altri eventi atmosferici estremi. Sindaci di tutto il mondo si sono uniti nel Global Covenant of Mayors for Climate and Energy, che calcola le conseguenze dei possibili scenari futuri e promuove le iniziative per contrastare il surriscaldamento globale e per costruire ambienti urbani più sicuri e salutari.

Accanto all’ecologia ci deve essere un altro elemento: la cultura, intesa in senso ampio come “Arte e letteratura, stile di vita, sistemi di valori, tradizioni e credenze”, come la definisce il report Culture in city reconstruction and recovery redatto dall’Unesco assieme alla Banca Mondiale, che punta l’attenzione sull’importanza di investire in “istituzioni culturali, spazi ed eredità”, fondamentali tanto più nella ricostruzione delle città devastate dalle guerre, dai disastri naturali o da altre situazioni difficili come quella di Medellín, la città colombiana che ha dovuto ritrovare se stessa dopo un passato da capitale mondiale della droga. 

A trainare i progetti di successo ci sono sindaci il cui attivismo infastidisce qualcuno in un’epoca di ritorno di sentimenti nazionalisti. Ne è un esempio Mimmo Lucano, il sindaco di Riace arrestato nell’ottobre scorso con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti a due cooperative, a seguito dell’avviso di garanzia ricevuto un anno prima. Colpito per essere il promotore del “modello Riace”, è stato rinviato a giudizio e sospeso dal suo ruolo e non può, per il momento, tornare a Riace, nonostante l’esclusione della gravità indiziaria da parte della Corte di cassazione per le accuse di maggior rilievo. 

Mimmo Lucano

Pawel Adamowicz, sindaco di Danzica è stato ucciso a gennaio da un giovane da poco uscito dal carcere, dove sosteneva di essere stato imprigionato a causa del partito di Adamowicz. Dopo una gioventù di opposizione al regime comunista in Polonia, politico europeista e sostenitore dei diritti LGBTQ+, il sindaco era tra gli esponenti dell’opposizione al governo ultracattolico, euroscettico e anti-immigrazione. La città di Danzica non ha voltato le spalle all’operato del suo sindaco e lo conferma l’elezione, subito dopo la morte di Adamowicz, della sua vice Aleksandra Dulkiewicz, che ha fatto sapere che proseguirà sulla stessa linea politica. 

Se il governo accogliente e inclusivo di Ada Colau a Barcellona è piaciuto si saprà definitivamente alle elezioni amministrative della città catalana, in concomitanza con le europee del 26 maggio.

Intanto da noi chi lavora bene viene ricompensato, come è successo alla sindaca di Ancona Valeria Mancinelli, nominata miglior sindaco del mondo nel 2018 dal World Mayor Project, in una rosa di nomi tra cui figurava anche quello di Anne Hidalgo, sindaca di Parigi. Tra i criteri della scelta ci sono la competenza nel trattare i problemi quotidiani della città, l’ambizione a essere il sindaco di tutti a prescindere da collocazione politica e provenienza etnica, culturale e sociale, l’attenzione verso l’ambiente e verso i cittadini svantaggiati, la trasparenza, l’onestà, l’impegno per garantire alle generazioni future prosperità, sicurezza e felicità e la convinzione dell’importanza della collaborazione con altre città. Vengono di fatto premiati gli operati dei sindaci che interpretano le città come inclusive, permeabili, rispettose dell’ambiente. 

Valeria Mancinelli

Mentre a livello nazionale avanzano sentimenti sempre più nazionalistici e i governi si impegnano a chiudere porti e costruire muri, le città spalancano le loro porte al progresso, cercando di sfruttare le loro specificità per rispondere alle sfide del presente, senza perdere la loro identità. Il modello che città come Barcellona, Milano e Parigi oggi rappresentano – tolleranti, inclusive e sostenibili – è una forma di resistenza alle politiche di protezionismo. 

Sono queste le città che sopravvivranno nel futuro, facendosi forti della loro giusta via di mezzo tra idee creative, spazi fertili per metterle in pratica e possibilità di influenzarne altre, e quindi, un gradino alla volta, di portare il proprio esempio di fronte al governo.

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