629 migranti non entreranno in Italia ma la tua vita fa ancora schifo

Le discussioni degli ultimi giorni sono state dominate dalla nave Aquarius e dal modo in cui il nostro governo ha reagito all’emergenza scattata in mare. Sono stati momenti estremamente delicati. Il mondo ha osservato da una parte un gruppo di disperati che si sono ritrovati per la prima volta in una situazione più grande di loro – e con il rischio di naufragare da un momento all’altro – e dall’altra la Aquarius.

Quando si tratta della vita di 629 persone – anziani, bambini, donne incinte – tutti noi abbiamo un unico pensiero, non importa la nostra appartenenza politica, e dopo la decisione della Spagna di accogliere i migranti il commentariat giornalistico lo ha giustamente espresso: ma chi cazzo ha vinto?

Andrea Scanzi – quello che accade quando un deodorante Axe al muschio decide di aprire un blog – non ha avuto dubbi: ha vinto Matteo Salvini. “Salvini è il politico più bravo, per distacco, del lotto,” scrive Scanzi parlando di Matteo come se ci avesse appena perso la verginità, “il suo è stato un all in a poker. Ha vinto lui.”

Ok, segniamo.

Da quando i giornalisti sono diventati giudici da pattinaggio artistico per politici? Il punto non dovrebbe essere quale partito o personaggio politico abbia guadagnato irrilevanti punti nei sondaggi, ma che cosa ci ha guadagnato l’Italia. E visto che Salvini ha utilizzato il costo dei migranti come personale bubble wrap, facendo scoppiare ogni giorno un micro-scandalo sui suoi social, è tempo di fare i conti dell’operazione Aquarius.

Trentacinque euro sono il costo totale per il mantenimento di ogni migrante. Soldi che vanno alle organizzazioni umanitarie (solo due euro e mezzo rimangono di “Pocket money”) e che provengono da fondi europei che non potrebbero essere usati diversamente. I migranti dell’Aquarius sono stati trasferiti su due navi militari italiane che arriveranno a Valencia in 4 giorni, a 800 miglia nautiche di distanza. Inoltre, l’Europa ha minacciato multe da decine di milioni di euro per il mancato rispetto degli accordi internazionali.

Cosa abbiamo vinto esattamente?

Il successo di Salvini, rispetto a decenni di retorica destrorsa e reazionaria, si basa su un concetto molto semplice: le invettive contro gli immigrati non sono centrate sul loro essere stranieri e diversi – una posizione cui si potrebbe ribattere semplicemente con un’accusa di razzismo – ma portano sempre con loro una razionalizzazione concreta, spesso come se quello di Salvini, nei confronti degli immigrati, fosse un favore. È una strategia che fascisti e nazisti di tutto il mondo hanno usato con successo per insinuarsi all’interno dei media mainstream e amplificare così il proprio messaggio.

Richard Spencer, suprematista bianco e creatore dell’alt-right, non insulta, schiumante rabbia, i neri: dice che una separazione delle razze gioverebbe a tutti. Neri, ispanici e asiatici compresi. Non è ragionevole, così? Salvini non dice che l’Italia dovrebbe rimanere bianca e cristiana, ma che gli immigrati neri e musulmani vengono schiavizzati come forza lavoro nei campi o fanno una vita disumana. E che vuole aiutarli, per questo motivo, a casa loro, così da garantire al continente africano “vita prospera e serena”. Dice che esiste un interesse oscuro dietro i migranti, volto ad abbassare il costo del lavoro e a privarci dei diritti di cui tutti godiamo. Salvini non ti dice di non voler le Ong nei nostri porti perché trasportano africani, ma ti spiega che dietro le loro navi ci sono gli scafisti e che sta cercando di evitare in questo modo le morti in mare. Ti spiega che gli immigrati nei centri di accoglienza non sono affatto poveri, ma sono “i figli del ceto medio dei Paesi africani” e quindi “scrocconi” che vengono per rubare il posto a chi soffre sul serio. Oppure sono scappati di galera, scaricati qui da altri Paesi. Lo slogan della Lega non è più “Roma ladrona” o “fuori dall’euro”, ma “La rivoluzione del buonsenso”. L’arma di cui Salvini dispone è offrire razionalità al razzismo e al pregiudizio.

I manifesti con gli africani rappresentati come scimmioni, confezionati dalla vecchia Lega Nord, sono inaccettabili nel 2018, ma se ottengo lo stesso risultato utilizzando dei “fatti”, allora, non posso essere razzista, bensì uno di buonsenso. Non è nemmeno una tattica nuova: nei secoli scorsi abbiamo avuto Cesare Lombroso, la frenologia o l’eugenetica che cercavano di dimostrare l’inferiorità razziale attraverso “fatti scientifici”.

Per fare questo non serve un genio, ma un paraculo.

Senza nulla togliere al “geniale” Salvini, serve anche un giornalismo che per 5 anni abbia deciso di creare un’emergenza che, semplicemente, non esiste: quella dell’immigrazione. Nel 2014 i reati sono diminuiti del 7% rispetto l’anno precedente. Nel 2015 dell’8%. Nel 2016 addirittura del 15%. Ma guardando i talk show e leggendo i giornali italiani sembrerebbe di vivere nel momento più critico a livello di criminalità della nostra storia. Sta funzionando: il 46% dei connazionali si sente in pericolo, il dato più alto negli ultimi dieci anni.

Nel 2018 gli sbarchi dei migranti sono crollati del 78% – a maggio addirittura del 94% rispetto all’anno scorso. I migranti arrivati quest’anno sono 9948 – per intenderci, il Mediolanum Forum di Milano ne contiene 12mila. C’è qualcuno che vorrebbe seriamente sostenere che l’Italia, settima potenza economica del mondo e con 60 milioni di abitanti, è tenuta sotto scacco dal pubblico di un concerto dei Nickelback?

Tanti si sono fatti prendere dall’angoscia nel leggere i macabri commenti e tweet contro i migranti soccorsi dall’Aquarius. Io non credo si tratti di razzismo. Se per cinque anni, ininterrottamente, ogni singolo giorno, sono diventati casi nazionali solo le violenze commesse dagli immigrati – meglio ancora se neri e africani – festeggiare il fatto che una nave che ne è colma venga respinta non è razzismo. È sopravvivenza. È buonsenso.

L’approvazione nei confronti dello ius soli fra gli italiani in 6 anni è crollata dal 71% al 44%. Siamo diventati tutti razzisti in appena un lustro?

Negli ultimi due anni i media italiani hanno scoperto che sono stati commessi solo due stupri: quello di Pamela Mastropietro e quello di Riccione, l’estate scorsa, subìto da una coppia polacca. Non importa se il 69,7% degli stupri in Italia è opera del proprio partner, il 17,4% di un conoscente e solo il 6,2% è opera di estranei. Le risorse africane stuprano. Quindi, per fermare gli stupri, dobbiamo fermare gli sbarchi provenienti dall’Africa.

La volontà di diffondere questo tipo di idee nella popolazione è un’operazione ormai talmente palese che, poche settimane dopo il successo di Lega e M5S, Mediaset ha fatto sparire all’improvviso (nell’arco di un paio di giorni) da Rete 4 “Dalla vostra parte” di Maurizio Belpietro, “Quinta colonna” di Paolo Del Debbio e Mario Giordano. È come se nel campionato di Formula 1 della paranoia razziale avessero abbandonato Ferrari, Mercedes e Red Bull. La motivazione è stata letteralmente il “troppo populismo” che ha avvantaggiato la narrativa sull’immigrazione leghista e grillina.

Maurizio Belpietro
Paolo Del Debbio
Mario Giordano

Politici, editorialisti e commentatori utilizzano questi dati o casi per spingere la narrativa del cattivo immigrato che sta distruggendo l’Italia; fact–checker o persone qualunque rispondono per dimostrare l’infondatezza dei dati utilizzati, ma la mobilitazione di massa contro le stronzate viene poi utilizzata come prova di una innata faziosità, di un complotto organizzato contro di loro. Questo spiega l’ossessione contro “poteri forti”, “caste”, George Soros in tutti i luoghi e in tutti i laghi, massoni, prezzolati, buonisti pelosi e globalisti che si sarebbero organizzati per dare addosso ai sovranisti del mondo.

In psicologia questo comportamento ha un termine: gaslighting. Si tratta di una forma di violenza e manipolazione psicologica nella quale false informazioni sono presentate alla vittima come reali. Lo scopo finale è quello di farla dubitare della sua stessa percezione della realtà e costringerla così a sentirsi in torto. Il termine viene da un’opera teatrale del 1939 scritta da Patrik Hamilton  dal nome Gas Light. La trama parla di un marito che cerca di convincere la propria moglie di essere pazza spostando e nascondendo oggetti in casa e insistendo che sia lei a sbagliarsi  o a ricordare male quando nota questi cambiamenti. Al limite della pazzia, l’unica cosa che le rimane, per aggrapparsi alla realtà, sono le luci a gas che si affievoliscono perché il marito le usa per cercare i gioielli di una donna che ha ucciso nell’appartamento al piano di sopra.

L’Italia è vittima di gaslighting. E ogni giorno che passa, questa costante narrazione che ci viene fornita da TV, giornali e social sta sfiancando e corrodendo la coscienza di tanti che decidono di arrendersi e di smettere di credere alla realtà. Succede anche negli Stati Uniti di Trump. Viviamo in un paradosso secondo il quale gli immigrati sono quelli che vengono a rubare il lavoro, ma sono anche lavativi, mantenuti dentro a Hotel a cinque stelle. Basta ascoltare un qualsiasi talk show o aprire una tab di Chrome per leggere di come “l’Italia sia stata lasciata da sola” e che “nessuno può farci la morale” perché “siamo l’unico Paese che si occupa dei migranti”.

“Quando Malta se ne frega, è lecito,” scrive Scanzi. “Quando Germania e Francia se ne fregano, è lecito. E quando invece l’Italia – per una volta – alza la voce e pone un problema reale, è razzista.”

Questo è semplicemente falso, ma è stato ripetuto talmente tante volte da essere diventata la nuova realtà. Basta aprire il sito di UNHCR per scoprire l’originale realtà: quest’anno Italia, Grecia e Spagna hanno visto arrivare praticamente lo stesso identico numero di migranti sulle proprie coste. Se parliamo di rifugiati non c’è storia: ne ospitiamo 2,4 ogni mille abitanti, terz’ultimi in Europa. La Francia ne ospita 300mila (4,6), il doppio di noi, e la Germania quasi 700mila (8,1). E a Malta? Sono secondi in Europa, con 18,3 ogni mille abitanti.

Il televisore è in salotto. Tu lo vedi che è in salotto. Ma vogliono raccontarti che in realtà è dentro la tua camera da letto. E che quello non è un televisore. È Enrico Papi.

Guardalo bene, hai sempre avuto Enrico Papi nel tuo salotto. La sua immotivata gioia di vivere ti tiene compagnia ogni giorno.

Ora dimmi: dov’è il tuo televisore?

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