Da “The O.C.” a “Stranger Things”, la musica sta cambiando le serie tv, diventando protagonista - THE VISION
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La funzione della musica nei prodotti seriali ha da sempre rappresentato molteplici aspetti tesi ad arricchire la linea narrativa. A partire dalla sigla, passando per le scene chiave fino ad arrivare alla strutturazione dei titoli di coda, la musica è un elemento indispensabile per la maggior parte delle forme di intrattenimento contemporanee. È il legame comunicativo tra lo schermo e il pubblico, che avvolge il tutto in un’esperienza unica e rende le scene più importanti memorabili, legandoci per sempre a determinate sequenze e personaggi. 

Il suo compito iniziale era dedicato a guidare lo spettatore attraverso la rappresentazione didascalica del tema della serie. La cosiddetta theme song, infatti, ottemperava allo svolgimento di molteplici ruoli raramente con un fine unicamente narrativo, e come riporta Annette Davison, docente di musicologia dell’Università di Edimburgo, nel suo articoloTitle Sequences for Contemporary Television Serialsaveva “una funzione promozionale, per attirare l’attenzione dello spettatore; una funzione informativa, per fornire elementi come il titolo e i protagonisti; e una funzione preparatoria, per consentire agli spettatori di predisporsi alla visione”.

Con l’evolversi dei metodi di creazione e fruizione, gli stessi broadcasters hanno visto la possibilità di utilizzare musica preesistente come elemento fondamentale per ampliare le vie narrative fidelizzando contestualmente i propri spettatori. Pensiamo a quante canzoni che ci ricordano una determinata serie tv siano diventate iconiche e quante di queste siano state aggiunte successivamente alle nostre playlist, come dimostra l’ultima stagione di Stranger Things, con il grandissimo successo di “Running Up That Hill” di Kate Bush, al primo posto nella classifica UK dei singoli dopo quarantaquattro anni dalla sua uscita, così come di “Master Of Puppets” dei Metallica, per la prima volta nella classifica Hot 100 di Billboard.

Kate Bush, 1985

Se nel cinema questa svolta coincise già agli inizi degli anni Cinquanta con la scelta di sfruttare il potenziale comunicativo delle canzoni in modo da contribuire al significato narrativo dei film, nel mondo seriale sembra essere stata MTV a determinare un nuovo utilizzo della musica come elemento portante. Studiare insieme alla stesura della sceneggiatura la possibilità di associare a ogni singolo elemento narrativo una playlist, che potesse anche modificare le vie della storia, rispondeva perfettamente allo stile dell’emittente musicale, che attraverso la congiunzione tra le classifiche e i videoclip ha contribuito ad accelerare la tendenza promozionale nell’unire le canzoni alle principali produzioni di Hollywood. “I video musicali e le serie tv sono stati partner naturali nella vendita di contenuti come sigle e colonne sonore coinvolgendo direttamente il pubblico più giovane” ha sottolineato Adam Behr, professore di Storia della musica contemporanea alla Newcastle University.

È difficile pensare ai teen drama nei primi anni Zero senza citare la musica che ha contribuito a renderli tanto popolari. Sono stati infatti la vetrina per la formazione della colonna sonora televisiva e per la sua influenza al di fuori del piccolo schermo, grazie anche al lavoro fondamentale di una delle prime “Music supervisor”, Alexandra Patsavas, che con la sua professionalità ha contribuito alla nascita di una nuova figura lavorativa dedicata alla creazione spazi sonori narrativi in grado di proiettare lo spettatore all’interno della scena, del contesto storico e dei personaggi narrati.

Alexandra Patsavas

Come scrive la giornalista Ilana Kaplan nel suo articoloThe Teen Dramas of The Early 2000S Set The Bar For Tv Soundtracks serie come The O.C., Gossip Girl e Dawson’s Creek hanno definito la cultura pop proprio per la connessione tra la musica e alcune delle loro sequenze più iconiche, permettendo di coltivare una fanbase. “Per gli spettatori, The O.C. era un riferimento per l’indie rock, [mentre] Gossip Girl ha associato a sé un mondo di icone pop emergenti e mainstream. Queste serie non hanno creato solamente trame memorabili, ma hanno contribuito a rappresentare la nuova via musicale per la serialità”.

Secondo il musicologo Philip Tagg “la musica è particolarmente adatta alla simbolizzazione e comunicazione diretta di stati e processi affettivi e si può presumere che alcune sonorità ascoltate nei programmi televisivi riprendano effettivamente la funzione di simboli musicali. Questi diventano elementi indispensabili alla narrazione in quanto la loro presenza costituisce una parte della narrativa cinematografica definita come super-realtà”. Il primo broadcaster ad accorgersi di questa potenzialità per farne un marchio di fabbrica è stato HBO. Sfruttando per la prima volta il potere della forma canzone come attivatrice di empatia, nasce un nuovo modello narrativo, definito dai Daniela Cardini e Gianni Sibilla “sigla short movie”, che ritroviamo in loro molteplici produzioni come ne I Soprano, di cui ancora oggi rimane iconica la sequenza finale con “Don’t Stop Believin” dei Journey, fino alla sigla di Succession diventata popolare anche tra le persone che non avevano mai visto lo show grazie ai meme su TikTok e per la capacità di riassumere in pochi minuti l’atmosfera regale e inquietante che aleggia sulla famiglia Roy, su cui si basa la narrazione.

Succession

Le serie tv hanno saputo rinnovare quello che il cinema stava perdendo dal punto di vista musicale reintroducendo il leitmotiv – un tema musicale ricorrente associato a un personaggio – e creando un legame indissolubile tra lo spettatore e lo show. Attraverso l’uso del leitmotiv la musica può aiutare un regista a evocare alcuni elementi senza mostrarli effettivamente; alcuni segnali musicali infatti possono trasmettere profondità nascoste sullo sviluppo dei personaggi, ricordare eventi precedenti o prefigurare quelli futuri. Da qui si spiega la perfetta associazione che avviene in Stranger Things tra Max Mayfield e l’elemento sonoro rappresentato da “Running Up That Hill” che, oltre a risultare l’espediente narrativo che si rivelerà uno strumento d’aiuto importante, tende a mostrarne il processo emotivo. La musica può suggerire nuovi elementi descrittivi rispetto a quanto la sceneggiatura ci vuole mostrare, stabilendo un legame emotivo con gli spettatori così come accadeva nei colossal dei primi anni Ottanta.

La musica di John Williams divenne lo standard dell’industria nel raccontare e mostrare gli elementi emotivi e narrativi che componevano la storia, legando indissolubilmente gli spettatori ad alcuni temi ancora oggi immortali nel panorama della musica per il cinema come la “Marcia Imperiale” di Darth Vather o “Flying Theme” di E.T.. Una musica così sapientemente descrittiva riusciva a ottemperare alla primordialità degli effetti speciali e al tempo stesso cercava di fondersi con le scelte artistiche e commerciali nel collegare un singolo ad alcuni film iconici, come nel caso di Flashdance, Purple Rain e “Take My Breath Away” dei Berlin per Top Gun.

E.T.
John Williams vince il premio Oscar per la migliore colonna sonora per il film E.T., 1982

La possibilità di costruire prodotti seriali sempre più coinvolgenti ha portato i broadcaster a investire su musica preesistente sia per stimolare nello spettatore capacità associative ed empatiche, ma soprattutto per sfruttare il potenziale di un nuovo linguaggio interattivo, come accadde già nel 2018 con la puntata speciale di Black Mirror, “Bandersnatch”, in cui direttamente lo spettatore poteva selezionare la colonna sonora della puntata influendo sulle molteplici vie di cui era composto lo show. Esaminando la strutturazione della musica generativa dei videogame, al pubblico veniva chiesto di effettuare una preferenza musicale su due opzioni. Sebbene queste scelte sembrassero innocue ai fini narrativi, le selezioni musicali influenzavano i personaggi e le loro azioni.

Black Mirror, “Bandersnatch”

Secondo Sara Bowden, ricercatrice in Music Theory and Cognition della Northwester University, le selezioni musicali consentono agli spettatori di decidere “come suona” il film, contestualizzandole alla propria esperienza visiva. “Molte delle canzoni inserite non sono accessibili senza specifiche scelte narrative, aggiungendo maggiore significato alle decisioni prese per arrivare a una determinata scena. L’evoluzione data dalla musica porta dei cambiamenti sostanziali nelle prospettive narrative”. La crescente popolarità dei formati TV prosegue così di pari passo con la reputazione della musica che li accompagna, creando un vantaggio reciproco.

Questo elemento diventa la caratteristica distintiva da cui avranno origine le nuove piattaforme streaming, in grado di dare alle produzioni fin dall’inizio un valore aggiunto estetico e rappresentativo investendo nella potenza scaturita dai sync. Come spiegato dal giornalista Eamonn Forde sul Guardian, la crescita delle piattaforme streaming ha aperto nuove opportunità per la sincronizzazione della musica e questa tendenza si riflette in parte anche nelle recenti acquisizioni di numerosi cataloghi discografici da parte delle major. “Negli ultimi anni numerosi artisti hanno ceduto i diritti delle loro canzoni alle label e le sincronizzazioni sono diventate una delle principali fonti di guadagno. Queste aziende presenteranno in modo aggressivo la musica che hanno acquisito, fortemente caratterizzante degli anni Sessanta/Ottanta, per ottenere il più grande e rapido ritorno sul loro investimento”.

L’attività di marketing delle case discografiche con le case di produzione può essere poi pianificata e coordinata in collaborazione con i servizi di streaming come Spotify, che ad esempio ha stretto un accordo con la produzione di Stranger Things nel realizzare per i propri utenti la Upside Down Playlist. L’app musicale attinge alla cronologia dei brani ascoltati dall’utente ed elabora una top fifty. Allo stesso tempo lo “sfruttamento” musicale teorizzato da Forde diventa anche l’occasione, come nel caso di Glow, serie prodotta da Netflix, di ribaltare certi meccanismi narrativi insiti nei classici degli anni Ottanta. La serie, ideata da Liz Flahive e Carly Mensch e ispirata al franchise Gorgeous Ladies of Wrestling, primo programma televisivo incentrato sul wrestling professionistico femminile nato nel 1986, presenta una colonna sonora di classici 80’s con un’intenzione semiologica completamente opposta al significato delle canzoni. Come raccontato da Bruce Gilbert, music supervisor della serie, determinati brani come “I Know What Boys Like” dei The Waitresses, utilizzato per mettere in risalto il disagio delle wrestler nei confronti di un’orda di fan sbavanti: “Offrono una sorta di molteplicità di nozioni all’interno di una stessa canzone che altrimenti sarebbe stata troppo frivolo e allegro. Sono convinto ci sia la possibilità di utilizzare brani che in alcuni casi sembrano banali o leggeri, ma che in realtà possono approfondire esaustivamente il tipo di momento mostrato in un certo episodio”.

Glow

Gli esempi possono essere molteplici e a volte nascono anche da partnership commerciali che prescindono dalla musica. Nel 2017, per esempio, Hulu e Spotify hanno stretto un accordo per permettere agli utenti di accedere a entrambi i loro servizi attraverso un unico piano di abbonamento. Questo ha permesso alle serie prodotte da Hulu – come The Handmaid’s Tale e High Fidelity – di poter mostrare il proprio lato sonoro direttamente attraverso la piattaforma musicale, in alcuni casi anticipando anche la tematica della puntata stessa, e a Hulu di poter realizzare contenuti ad hoc ispirati alle playlist di Spotify – come nel caso di RapCaviar, da cui verrà tratta una docuserie. Questa collaborazione è stata una mossa strategica per Spotify, perché se a partire da marzo del 2020, nella prima fase della pandemia, lo streaming era diminuito per tre settimane consecutive, i documentari musicali e i prodotti seriali in cui era inserita la musica in questo modo, vide un aumento di popolarità soprattutto nel periodo pandemico. Con una tale decrescita del mezzo di sostentamento principale dell’industria, quindi, oltre al settore live, era fondamentale trovare nuove possibilità e nuove forme di comunicazione che risiedessero principalmente nel formato video, unico elemento che poteva, in parte, limitare l’assenza totale di interazione reale tra gli artisti e i propri fan. La musica, così utilizzata, dunque, non ha solo creato un rapporto indissolubile con lo spettatore, ma ha permesso di ampliare le possibilità commerciali e di marketing.

The Handmaid’s Tale
High Fidelity

Contestualmente per D. Bondy Valdovinos Kaye, docente di comunicazione digitale presso la Queensland University of Technology, il crescente successo del classico di Kate Bush potrebbe rappresentare per i produttori televisivi il segnale per rendere le clip più tiktokable. “È probabile che i brani con brevi ganci accattivanti collegati ad alcune sequenze principali vengano ripresi e condivisi su TikTok. Le possibilità di diventare virali possono essere allargate scegliendo i classici in cima alle classifiche che potrebbero trovare una rinascita tra il pubblico più giovane”. Le clip degli spettacoli, infatti, possono essere decontestualizzate e rimodellate in una varietà di meme che diventeranno successivamente virali, costituendo un potente acceleratore per la celebrità della serie. La musica permette così di ampliare le possibilità commerciali definendo il “sound branding” dello show. Se quello del music supervisor era un ruolo raramente menzionato fino all’avvento delle piattaforme streaming, oggi è diventato centrale per la creazione di un prodotto efficace e contemporaneo, fruibile a 360 gradi.

Stranger Things

Come l’avvento di MTV permise alla serie tv di integrare lo schema del videoclip così le piattaforme streaming hanno consentito alla musica di arrivare agli spettatori più giovani attraverso metodi di fruizione inediti. Come sostiene Tim Miles, vicepresidente Sync UK & Europe di Warner Music Group: “Ora ci concentriamo esclusivamente sui grandi prodotti televisivi. Oggi, per il pubblico è molto più facile ascoltare una canzone in un prodotto televisivo, perché diventa automaticamente rilevante”. Una sequenza che si articola attraverso l’ascolto di una determinata canzone, insita nel suo stesso tessuto narrativo, parla più facilmente all’immaginario comune condiviso dagli spettatori. La musica, così, si sviluppa all’interno di un sistema comunicativo per trasmettere il mondo narrativo della storia e influenzando le sue molteplici possibilità di parlare allo spettatore.

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