Queste le migliori serie di novembre 2024 - THE VISION
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Una delle domande che ultimamente ci si pone di più di fronte all’offerta delle piattaforme streaming è se la serialità tornerà a essere quella di una volta, cioè a creare dei contenuti che abbiano al centro una scrittura forte e solida, capace di durare nel tempo e di creare personaggi indimenticabili, invece che solo mezzi utili a riempire le ore di cui non sappiamo che fare. È ancora presto per trovare una risposta, ma a novembre alcune serie sono sicuramente riuscite nel sempre più difficile tentativo di essere interessanti. Queste sono quelle scelte che abbiamo scelto per voi.

L’amica geniale 4 (RaiPlay)

Dopo due anni di attesa il ritorno dell’Amica Geniale su Rai1 segna un traguardo importante per la serialità italiana. Trasmessa in anteprima assoluta USA su HBO, questa quarta stagione segna il passaggio dei personaggi della saga a una vita adulta, reso evidente da un cambio del cast storico. Alba Rohrwacher veste i panni della protagonista Elena Greco, ormai madre ultra-trentenne alle prese con la separazione dal marito, con problemi nella sua famiglia d’origine e con l’intenso e altalenante amore con Nino Sarratore. 

Se nelle prime puntate Lenù si mostra emancipata e sicura di sé, assorbita dal successo letterario e da un amore travolgente, con l’avanzare della stagione si scontra con la dura realtà della vita e deve più volte trovare la forza per reagire a situazioni drammatiche, che la distolgono, peraltro, dalla scrittura. Tornata a Napoli con il sogno di costruirsi una vita felice al fianco di Nino in una casa vista mare, Elena riallaccia pian piano i rapporti con Lila, con il rione e con la sua quotidianità, tornando alle sue radici. 

Anche se siamo ancora in attesa del finale, previsto in Italia per il prossimo 9 dicembre, la versione televisiva della tetralogia di Elena Ferrante si conferma un prodotto di grande qualità, soprattutto per la rappresentazione e l’analisi di un vasto spettro di sentimenti. Per quanto la relazione tra Elena e il Narciso-Sarratore abbia i suoi aspetti interessanti, tuttavia, è nelle scene dedicate all’amicizia e all’amore filiale che questa stagione dà il suo meglio, sia per la profondità dei contenuti che per la delicatezza delle immagini. In questo, forse, risiede la grande potenza dell’Amica geniale: aver sdoganato e approfondito sentimenti d’affetto che nelle storie di finzione risultano spesso e ingiustamente offuscati dall’amore romantico.

The Day of the Jackal (NOW TV)

Cambia spesso nome, ma per tutti è lo Sciacallo. Se serve uccidere qualcuno in silenzio e senza lasciare tracce, lui è l’uomo giusto. Ha attraversato diversi tempi, oltre che luoghi: la sua storia è comparsa per la prima volta nel romanzo Il giorno dello sciacallo, pubblicato nel 1971 da Frederick Forsyth; poi è stata adattata per il cinema dal regista austriaco Fred Zinnemann nel 1973, con il British Film Institute che l’ha inserito al 74esimo posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo; e ora diventa una serie tv in dieci episodi che vede protagonisti Eddie Redmayne e Lashana Lynch: The Day of the Jackal.

La serie, come dovrebbe essere un contenuto thriller di qualità, non manca di sequenze d’azione mozzafiato, a partire da quella di apertura, ma a essere particolarmente interessanti non sono solo le scene più rocambolesche ma la resa dei protagonisti. Né Bianca, un’agente dei servizi segreti britannici sulle tracce del sicario, né lo Sciacallo sono quelle che definiremmo “brave persone”, qualunque cosa significhi. Bianca è implacabile nel suo lavoro e spesso considera la sua famiglia un intralcio, rimpiangendo di averla costruita. E lo Sciacallo dal canto suo non è da meno: ha fatto da tempo dell’insensibilità il suo tratto distintivo, e anche il fascino e la pacatezza con cui approccia le sue prede lo rendono particolarmente attraente per le vittime, prima che vengano uccise. Ma anche lui commette errori, che passa molto tempo a correggere. La serie mostra infatti le crepe nella facciata di un genio indiscusso, aggiungendo realismo e umanità. Lo Sciacallo uccide rapidamente e senza rimorsi, eppure, in alcuni casi, il suo lavoro gli pesa, anche se mai abbastanza per fermarsi. 

Disclaimer (Apple TV)

Che le cose non sempre sono come sembrano è una delle lezioni più importanti che la vita ci insegna. Crescendo, impariamo a non fidarci, a riconoscere che una storia che ci viene raccontata spesso non è sempre la stessa storia per ogni persona che l’ha vissuta, ma ha più versioni, diversi dettagli, e diverse omissioni. È su questa linea sottile che si muove Disclaimer, la nuova serie di Alfonso Cuarón con Cate Blanchett e Kevin Kline, presentata fuori concorso all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. “Occhio alla narrazione e alla forma! Il loro potere può avvicinarci alla verità, ma sono anche una forte arma di manipolazione che può renderci complici, servendosi dei giudizi che formuliamo e delle nostre convinzioni più profonde”, ha commentato il regista premio Oscar introducendo il suo esordio nella serialità, un adattamento dell’omonimo romanzo della scrittrice britannica Renée Knight, in cui una giornalista rischia di veder compromessa la propria carriera ed esistenza a causa di un segreto di vent’anni prima.

Disclaimer è sì una storia sul dolore e sull’autoinganno, ma è soprattutto una riflessione sullo storytelling, la cui egemonia nella nostra epoca dipende spesso da una logica performativa e dal nostro continuo bisogno di conferme: noi siamo i giusti e stiamo dalla parte dei giusti e le storie con cui veniamo quotidianamente bombardati sui social – dalla politica, dal marketing aziendale – ce lo dimostrano in continuazione. I miti, le religioni, le favole riportano la realtà a una serie di schemi facilmente riconoscibili, primo su tutti la dicotomia tra bene e male. Purtroppo per noi, però, come ci ricorda Disclaimer, gli schemi restano schemi e la complessità del reale è ben altro, e sarebbe un peccato affidare la sua comprensione a chi invece vuole soltanto raccontarci storie che pur avvicinandosi alla verità ne restano ben lontane.

Only Murders in the Building 4 (Disney+)

Nella sua quarta stagione, Only Murders in the Building si conferma un buon mix di commedia leggera e giallo, ripetendo lo schema che ha decretato il suo grande successo in questi anni: una trama incentrata su un complesso crimine da risolvere, che tiene col fiato sospeso fino alla fine, e un cast stellare. Nell’ultima stagione, a Steve Martin, Martin Short, Selena Gomez e Meryl Streep, guest star già nella terza, si uniscono infatti Eva Longoria, Zach Galifianakis ed Eugene Levy, e lo fanno nei panni di loro stessi.

Come già anticipato nelle ultime scene della stagione precedente, questa volta l’omicidio su cui i tre podcaster concentrano le loro idagini è quello di Sazz Pataki, l’amica stunt di Charles, cosa che aggiunge una nota personale alla storia. Allo stesso tempo i tre sono alle prese con la realizzazione di un film hollywoodiano che racconta le loro storie all’interno di un lussuoso complesso residenziale di Manhattan, con dei vicini bizzarri dalle strane abitudini. 

Anche se, secondo alcuni critici, la presenza delle star e l’abbondanza di sottotrame tende un po’ a oscurare la linea narrativa principale, lo sviluppo del caso si dimostra ben scritto e coinvolgente fino alle ultime scene. Un pregio di questa quarta stagione, inoltre, è quello di essere particolarmente pungente e autoironica, e di insistere in maniera comica sia sulle difficoltà dei personaggi più anziani a vivere la contemporaneità, che sull’insolita amicizia tra i tre, contraddistinta proprio da una pronunciata differenza d’età. Del resto, se c’è una cosa che questa serie ci ha insegnato fin dalle prime puntate è proprio che l’amicizia, quella vera, non ha età.

The Penguin (NOW TV)

Una delle frasi che più si ripete in tutte le recensioni di The Penguin, la nuova serie di HBO disponibile in Italia su Sky, è che a guardarla sembra il risultato della fusione del BatVerse – l’universo di Batman – con I soprano. Considerato che quest’ultima è uno dei prodotti seriali più belli di sempre, definita nel 1999 dal New York Times come “la più grande opera della cultura pop americana dell’ultimo quarto di secolo”, seppur a lungo sottovalutata, non potrebbe esserci definizione migliore per un esordio, soprattutto in un momento in cui, a causa del sovraccarico di contenuti e di strategie non sempre comprensibili, il periodo d’oro delle serie sembra essere al tramonto. Pur rientrando in quel filone di remake, reboot e appendici varie che dovrebbero farci chiedere se non abbiamo per caso finito le idee, The Penguin riesce a elevarsi e a costruire una propria solida identità grazie alla scelta di prendere sì alcuni elementi della già nota storia di Batman ma di utilizzarli per andare in una direzione altra.

Il primo episodio inizia poche ore dopo gli eventi di The Batman, pellicola del 2022 co-scritta e diretta da Matt Reeves. Carmine Falcone, potente boss mafioso, è morto. Il futuro della più robusta famiglia criminale di Gotham è in bilico. Oz, come viene chiamato qui il Pinguino, non è nient’altro che un gangster di basso livello, che gestisce operazioni sul campo, ed è proprio il suo desiderio di acquisire rispetto, che lo spinge verso il suo desiderio di dominare la città, a rendere The Penguin molto più di uno spin-off di un famoso franchise da facile incasso. Questa serie racconta la disperazione di un uomo sottovalutato e poco amato che emerge sotto la superficie dello spietato assassinio, anche grazie all’interpretazione di Colin Farrell, che pur sepolto sotto vari strati di trucco prostetico, resta straordinario, al punto da farci rimpiangere, nei pochi scorci a cui la trama lascia spazio, la perdita dell’uomo che Oz sarebbe potuto essere.


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