Per cambiare la società bisogna prendere posizione, come ci insegna “Queste oscure materie”
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La prima versione cinematografica di Queste oscure materie risale al 2007. I grandi nomi c’erano – da Nicole Kidman e Daniel Craig, da Eva Green a Ian McKellen – eppure si è trattata di un’occasione persa. Il problema principale veniva dalla mancanza di coraggio nell’affrontare le tematiche principali che reggono invece la saga letteraria di Philip Pullman da cui la storia è tratta, His Dark Materials, pubblicata in originale tra il 1995 e il 2000. Il film, dunque, svuotato della sua anima risultava superficiale. I libri di questo autore sono sempre stati fonte di dibattito e forte opposizione e, anche se in realtà per gli italiani la saga è passata in sordina rispetto al resto del mondo, la protagonista – la dodicenne Lyra Belacqua – in America e in Regno Unito non ha raggiunto una fama meno discussa di quella di Harry Potter, essendo stata considerata diseducativa da molti genitori. Pullman infatti è risultato al secondo posto della classifica statunitense degli autori più banditi da scuole, biblioteche e club di lettura. Ciò che spaventa è in particolare il suo dichiarato ateismo e la profonda opposizione rispetto al potere accumulato dalle religioni organizzate. E in un Paese come gli Stati Uniti, profondamente legati alla religione cristiana, la cosa non poteva che far risentire l’opinione pubblica

Lyra è un’orfana problematica affidata a un college e, come nella migliore tradizione, trascorre le giornate a combinare guai, mentre i suoi insegnanti, uomini appartenenti al mondo accademico, la vorrebbero tranquilla e ben educata. Lei però resiste a qualsiasi tentativo di ammaestramento e sogna di partire all’avventura per esplorare l’universo in cui vive, che è simile al nostro, ma popolato da creature fantastiche: i “daimon”, una sorta di animali guida che accompagnano ciascun essere umano durante la vita, a cui si aggiungono gli orsi corazzati delle isole Svalbard e le streghe del misterioso Nord. L’universo di Lyra, ora tornato in vita grazie al nuovo adattamento della BBC e HBO (in Italia in onda su Sky), è governato da una potente organizzazione che tenta di soggiogare il mondo intero e la ricerca scientifica sotto il controllo della religione. Si tratta del Magisterium, che ha ben poco a che fare con la spiritualità e molto più con l’essere un potentissimo business.

Lyra – interpretata da Dafne Keen, già vista nel 2017 in Logan – è al centro di una profezia che la vuole attrice centrale di una lotta che dovrà accadere per forza di cose tra il Magisterium e coloro che vogliono poter esercitare il libero arbitrio. Punto di svolta rispetto agli altri libri di questo genere – una sorta di coming of age a cavallo tra il fantasy e lo steampunk – è però il fatto che Lyra decida da sola del suo destino. Lei non deve assolutamente sapere di essere la protagonista delle voci in circolazione, quelle che la designano come protagonista di un grande “tradimento”. Anzi, al tradimento dovrà arrivare seguendo le proprie scelte, educando ed esercitando il proprio senso critico. I lettori de Il Paradiso perduto, il famoso poema del 1667 di John Milton, potrebbero ricordare la citazione “His dark materials to create more worlds”, da cui Pullman ha tratto il titolo per la sua trilogia. Lo scrittore, nella raccolta di saggi Dæmon Voices dichiara infatti di essere partito dal tema biblico della tentazione e della caduta per dare vita a una nuova interpretazione al tradimento della legge divina da parte di Eva, domandandosi se il suo gesto – mangiare la mela dell’Albero della Conoscenza – non sia stato in realtà che un atto di amore e di responsabilità per tutto il genere umano.

Lyra non conosce la profezia che la riguarda, ma il suo senso di responsabilità la spinge ad agire quando uno dei suoi amici scompare improvvisamente. Voci di corridoio testimoniano la presenza di un’associazione che rapisce bambini per portarli al Nord, dove vengono sottoposti ad alcune brutali ricerche scientifiche. Dietro i sequestratori, che sottraggono i figli delle classi sociali più basse – quelli della cui scomparsa non si lamenterebbe nessuna figura politicamente rilevante – c’è il Magisterium, ai cui dogmi soggiace ogni studio, pensiero e produzione artistica. In questo caso l’organizzazione ha un interesse particolare nell’indagare una polvere non visibile a occhio nudo, che si sospetta essere manifestazione del peccato originale, in quanto aderisce solo al corpo degli adulti. Il Magisterium vuole quindi studiare un metodo che le impedisca di contaminare le persone quando crescono.

La sperimentazione sembra essere giunta a un punto di svolta quando i ricercatori capiscono di poter bloccare la polvere separando i bambini dai loro daimon. Si tratta di un taglio in grado di recidere qualsiasi legame. La separazione però ha effetti gravissimi perché priva i bambini del loro senso di meraviglia e di curiosità, lasciandoli come zombie senza sentimenti. Lyra non può permettere che questo accada al suo migliore amico e decide così di andare incontro al pericolo per affrontarlo insieme ai “giziani”, un popolo nomade di cui nessuno prende le parti, al quale sono stati sottratti molti figli. Lyra stessa è divisa tra l’aspettare e il delegare il proprio potere individuale o il passare all’azione, e quando le viene offerta la possibilità di diventare assistente di Marisa Coulter, una delle poche esploratrici a essersi ritagliata un ruolo di rilievo nel mondo accademico, la accetta. Se all’inizio la prospettiva è allettante, con il trascorrere del tempo però Lyra inizia a dubitare anche di lei, che allo stesso tempo ha un interesse morboso nei suoi confronti e un ruolo centrale nella scomparsa dei bambini.

Pullman crea una protagonista che non vuole essere messa in disparte rispetto al mondo e tagliata fuori dai discorsi degli adulti, né accettare passivamente la propaganda del Magisterium, che reprime i pensieri “eretici” attraverso violenza e fake news, che scoraggiano e sviano l’attenzione dei personaggi dai loro veri obiettivi. Lyra non vuole realtà edulcorate, vuole sapere, e per raggiungere la verità non si preoccupa di compiere azioni che secondo la legge morale del suo mondo verrebbero considerate immorali, proprio come Eva. Rappresenta una delle protagoniste più scomode e affascinanti della letteratura per ragazzi, un’eroina che sembra l’alter ego contemporaneo di Jane Eyre, che vuole tutto e subito. La promessa di un’esistenza ultraterrena, paradisiaca, che nel Medioevo era la ricompensa per una vita trascorsa in povertà e sofferenza, per Pullman non viene minimamente presa in considerazione, e in una storia per ragazzi affronta senza timori il difficile percorso dall’abbandono dell’innocenza alla conoscenza, al peso e alle responsabilità che ne derivano.

Ai genitori dei ragazzi a cui questa serie è indirizzata però non sembra essere piaciuta questa messa in discussione dei valori tradizionali e in genere del potere. Allo stesso modo, nella storia, in un mondo senza punti di riferimento – come il nostro – dove il passato diventa àncora di salvezza rispetto all’incertezza del futuro, nessuno è disposto a mettere in dubbio la bontà della regia a opera del Magisterium, perché è più facile e sicuro così. È meglio chiudere gli occhi e seguire le regole pur di difendere i propri piccoli privilegi, anche se a farne le spese è qualcun altro più svantaggiato. La verità è sempre più profonda e difficile da decifrare. A Philip Pullman non importa criticare il senso di spiritualità del singolo essere umano, o accusare la religione, a lui interessa invitare le persone, fin da giovani, a porsi le giuste domande e a dubitare del potere organizzato, sia esso politico o spirituale. Così, se J.K. Rowling è stata accusata di avvicinare i ragazzi a fantomatiche pratiche magiche, Pullman è risultato addirittura blasfemo.

Parlando di adolescenti, il filosofo Umberto Galimberti distingue tra due tipi di nichilismo: quello passivo – il mondo non ha senso, quindi non agisco – e quello attivo – tutto fa schifo, ma io provo a cambiarlo. Lyra rientra in questa seconda categoria, ed è un perfetto esempio narrativo di ragazza libera che non si piega al sistema di potere. A Lyra non piace essere comprata dai regali della signora Coulter (nella nuova versione, interpretata dalla diabolica Ruth Wilson); non accetta di piegarsi alle regole dei suoi insegnanti, così come di diventare un oggetto nelle grinfie della donna di potere; né di lasciarsi cullare dal conforto di una casa comoda e di bei vestiti rispetto al richiamo dell’avventura. Lyra sogna di viaggiare in direzione del misterioso Nord, salvare il suo amico e scoprire i meccanismi alla base del mondo che la circonda, selvaggia e libera da qualsiasi costrizione che non sia dettata dalla sua volontà.

Lyra è sempre pronta a imparare da qualsiasi situazione: apprende l’arte della bugia e del sotterfugio dall’élite accademica e da Miss Coulter, mentre tra i giziani capisce il valore della comunità. Nel popolo nomade i bambini non vengono cresciuti solo dalla famiglia di sangue, ma sono accompagnati verso l’età adulta dall’intero gruppo. I riti di passaggio della vita sono eventi per chiunque faccia parte del clan, e i figli diventano figli di tutti. Quando c’è un pericolo o un problema, è responsabilità universale agire per la salvaguardia dei più piccoli.

In questa saga ci si pone una domanda importante: chi si assume la responsabilità di agire quando lo Stato non si occupa dei cittadini in maniera egualitaria? Nella storia si affrontano questioni di classe, razza, educazione, gerarchia e potere: quello dato dai soldi, dall’influenza politica e dell’uso della violenza. Lyra permette a chi segue le sue avventure di ripensare la propria esistenza all’interno dell’ambiente che occupa, e trasformare quella presenza in attivismo concreto. La sua battaglia è contro l’abuso tirannico che i poteri organizzati – non importa di che tipo – fanno di nozioni come la religione e la tradizione, passando per la purezza del sangue e la diffidenza verso il diverso, ossia tutti gli argomenti che vengono utilizzati oggi per impedire alle persone di essere pienamente libere e di esercitare il loro senso critico. Mentre partiti politici e vari movimenti si battono a difesa dell’identità come principio fondante, in una rinascita preoccupante di ideologie nazionaliste e populiste di estrema destra, Pullman riflette sul senso di appartenenza da un’angolazione diversa, quella della partecipazione alla cosa pubblica e della solidarietà. Chiama ogni persona a una cittadinanza attiva, ad assumersi la diretta responsabilità del proprio agire all’interno della comunità e del sistema. Lyra compie un tradimento verso valori antiquati e ingiusti, che vengono tramandati solo per mantenere il potere di pochi e sottomettere e sfruttare gli altri. Sembra dirci che l’importante è esercitare il proprio senso critico e non soffocare mai la propria curiosità, rifiutando il conservatorismo a tutti costi, che impedisce al mondo di cambiare, anche in meglio.

Pullman non è contro la spiritualità del singolo individuo, nella trilogia vengono presentate varie forme di credo (come ad esempio quello libero e selvaggio delle streghe), bensì è contro gli abusi di potere perpetrati dalle organizzazioni che si professano religiose, e che invece impediscono l’esercizio del libero pensiero, finendo per ottenebrare le coscienze in nome di ideali immodificabili. Quella di Lyra è, in definitiva, una storia scomoda perché prova a immaginare una società diversa, che sia realmente democratica, laica ed egualitaria. Seppur non esente da difetti, la serie che ne ha tratto la BBC è un prodotto di alta qualità che riesce a restituire con più coraggio del film il disegno di Pullman, rendendo onore a una storia audace e pericolosa, che senza mezzi termini celebra il fascino della curiosità e del crescere senza paura e facendosi le domande giuste.

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