Non è per niente facile attaccare una pagina bianca da dedicare a Brian de Palma senza ricorrere a un approccio editoriale che faccia da guida attraverso la sua complessa filmografia. Sarebbe comodo, ad esempio, proporre una classifica (i migliori 5 film di De Palma?), o una recensione su un suo film specifico in uscita prossimamente (Domino, non vedrà le sale prima del tardo 2018), oppure approfittare di un’uscita su Netflix o Amazon Prime per riaprire una querelle relativa al regista (su Netflix Italia, al momento, è presente solo Scarface). Il punto è che nessuno di questi formati renderebbe giustizia a Brian De Palma. E giustizia va fatta.
Ormai, di Brian de Palma nessuno parla più. Nelle conversazioni al bar fra cinéphile, nelle rubriche dei vari magazine online, tra i miei amici del sabato sera che si scaldano su Malick e Mainetti: nessuno dibatte di questo regista che, suo malgrado, ha fatto la storia del cinema.
Perché?
Perché ci siamo dimenticati di un regista che ha diretto classici pop come Scarface, appunto, o Gli Intoccabili, o prodromi dei grandi blockbuster di oggi, come il primo Mission Impossible con Tom Cruise? Non ho una risposta a questa domanda. Posso avanzare delle – per una volta timide – ipotesi, perché davanti a un corpus filmico simile, l’arroganza la lascio ad altri.
Un primo indizio della scomparsa di De Palma dalle nostre chiacchiere va sicuramente ricercata nei risultati più che discutibili degli ultimi film del regista di Newark, New Jersey. Femme Fatale, Black Dhalia e Passion sono film non esattamente riusciti. Sicuramente deludenti se si pensa al materiale di partenza (lo splendido libro di James Ellroy per Black Dhalia) o al genere di riferimento (il thriller erotico per Passion e Femme Fatale, genere in cui proprio Brian De Palma ha raggiunto l’eccellenza). Oltre a scelte stilistiche e di casting discutibili è stata forse proprio l’insistenza di De Palma nell’aderire a “generi” a penalizzare le pellicole. Nell’ipertrofia attuale (tutto è bigger, tutto è più violento, più nudo, più più) il genere thriller erotico, se non spinto alle sue estreme conseguenze, rischia di risultare datato e noioso.
Possiamo tranquillamente avere accesso a qualsiasi ora del giorno a video porno con le più macabre perversioni, è quindi naturale che il lesbismo di Noomi Rapace e Rachel McAdams in Passion rappresenti un erotismo troppo agée. Eppure sono passati relativamente pochi anni dall’uscita di Bound (il film che portò ai fratelli Wachowski il successo necessario per poter dirigere il primo Matrix), altro thriller con una trama erotica tra due donne. Pochi anni in cui, comunque, l’innocenza dello spettatore è andata persa e di questa innocenza, se si vuole affrontare un crime lesbo, bisogna pur tenerne conto.
Un discorso diverso, ma non troppo, va fatto per Redacted, film sullo stupro di una ragazza irachena da parte dei Marines americani. La pellicola, uscita nel 2006, è nel puro stile di De Palma, quello di un cineasta che si è sempre posto contro il sistema. Osteggiato dai Repubblicani, che spaventano la distribuzione – riducendo così al minimo storico le copie distribuite in sala in America (all’estero non viene distribuito se non in Home Video) – Redacted è un found footage violento che fa vincere a De Palma il Leone D’argento a Venezia. Eppure quasi nessuno qui da noi lo ha visto.
Da una parte la passione per il genere, dall’altra la rabbia di un regista ribelle. De Palma, in realtà, avrebbe dovuto fare il fisico. Aveva iniziato l’università e si era anche appassionato ai suoi studi. Tutto bene, fino a quando non sono arrivati Godard, Hitchcock e Orson Welles. In più interviste De Palma racconta di come i film di Godard gli abbiano aperto la mente, liberando in lui il desiderio di raccontare attraverso le immagini. Erano anni, i Sessanta a New York, in cui una nuova generazione di cineasti stava muovendo i primi passi. E tutti si ritrovano lì, nei pressi della Columbia University. Così, capita che De Palma lavori nello stesso gruppo teatrale di un giovane e paffuto Robert De Niro, che a sua volta è amico di un italo-americano con la passione per la droga, Martin Scorsese, amico, ma non troppo, dell’ebreo Spielberg, fratello non di sangue, ma quasi, di George Lucas. E poi c’è Coppola, ma lui è più vecchio, un discorso tutto diverso. Tutti affascinati dalla Nouvelle Vague francese, tutti con la voglia di scardinare i portoni dorati di Hollywood.
De Palma, di quei Movie Brats è tra i primi a fare film riconosciuti e apprezzati dalla critica. Passano tre anni da Greetings (1968) a Duel di Spielberg; cinque, addirittura prima di Mean Streets (1973) di Scorsese. Il dittico Greetings e Hi Mom! (1970) viene visto come l’inizio di un percorso cinematografico militante del regista italo americano. Non sono veramente i primi due film della filmografia di De Palma, ma i primi a venire menzionati nei circoli e nei gruppi di amanti del cinema. Sono film che, visti ora, mostrano i limiti dell’esuberanza giovanile e della riottosità dell’epoca, ma c’è tutta la freschezza della macchina da presa di De Palma, c’è già la recitazione di De Niro e c’è, soprattutto, l’abisso tra questa nuova macchina produttiva e i vecchi film di Hollywood.
Dopo questi primi due film De Palma prova a lavorare con un budget più alto per Get To Know your Rabbit (1972). Ma il risultato è un mezzo disastro. L’attore principale scompare dal set per giorni interi: Orson Welles, che De Palma amava alla follia, si rivela per il meraviglioso ciarlatano che è sempre stato, arrivando al ciak senza sapere minimamente la battute.
Un disastro che, per il film successivo, spinge De Palma a rifugiarsi nel genere che poi lo porterà alla consacrazione. Sisters (1972) è il primo movimento di una sinfonia che racchiude, a mio parere, i migliori film di De Palma. L’horror/thriller con sfondi erotici porta all’esaltazione la fantasia della messa in scena del regista e sottolinea il suo incredibile gusto per la musica e per la scenografia. Sisters, Phantom of the Paradise (1974), Obsession (1976), fino ai capolavori assoluti Dressed to Kill (1980) e Body Double (1984) sono film che attraversano un’intera generazione, definendone e diventandone definizione dei gusti visivi e musicali. Gli ormai classici movimenti di macchina di De Palma – panoramiche a 360° intorno al personaggio, gli slow motion per definire gli ambienti e i personaggi, le riprese dal basso così come le zenitali in movimento – raccontano le inquietudini del passaggio dagli anni Settanta agli Ottanta in un continuo gioco di riflessi in cui, alla fine, il messaggio, se presente, è sempre secondo rispetto al divertimento della visione. Rivedere oggi Omicidio a Luci Rosse è strano. Se ne avvertono gli anni, ma non perde in nessun modo potenza e spettacolarità. Tutta una serie di cineasti non esisterebbero senza questi film, il loro immaginario non sarebbe stato alimentato e non avremmo Tarantino, Eli Roth, Jordan Peele. E non è un caso che un cult generazionale come American Psycho citi in continuazione la scene dell’omicidio con il trapano di Body Double.
Mentre i suoi compagni Scorsese, Spielberg e Lucas entravano veramente sfondando la porta nell’olimpo di Hollywood dirigendo Kolossal e cambiando per sempre le cifre messe a disposizione a un regista per completare la sua visione, De Palma continuava il suo percorso, rifuggendo i film ad alto budget e preferendo il controllo totale sulle sue opere. Questo non vuol dire che, nella sua carriera, De Palma non abbia diretto opere famose quanto quelle degli altri Movie Brats. Cari millenial, Scarface (1983) non è il poster sulle pareti del vostro amico che vi vende l’erba. Scarface è il film che ha cambiato per sempre l’estetica del gangster movie, traghettando Il Padrino nella Florida di Miami Vice. Così come Gli Intoccabili (1987) non è la battuta “sei solo chiacchiere e distintivo!”, ma uno splendido incrocio tra un western e un gangster movie, un film dove De Palma ha dimostrato di poter eseguire una regia pulita, al servizio della recitazione, con picchi di magistralità raramente raggiunti in quegli anni (vedi la ormai iconica scena della scalinata). E non abbiamo parlato di Carlito’s Way (1993), ovvero di come rinnovare se stessi e la propria visione, riprendendo uno Scarface invecchiato e solo e mostrandone l’impossibile redenzione. Non abbiamo citato Vittime di Guerra (1989), ovvero il film che è riuscito a riaprire il discorso sul Vietnam dopo la pietra tombale messa da Kubrick due anni prima. E ancora Mission Impossible (1996), Blow Out (1981), Fury (1978), ognuno di questi film ha un capitolo dedicato in almeno un libro di storia del cinema.
E allora perché? Perché nessuno si chiede che fine abbia fatto De Palma? Se dovessi dire la mia, troverei la risposta proprio nei due elementi citati, l’amore per il genere e l’amore per la ribellione. De Palma non è riuscito a piegare le sue ambizioni, la sua visione alle logiche di mercato, e ha preferito tacere, trovarsi dei piccoli spazi che lo soddisfacessero. E anche in quei piccoli spazi non ha voluto cedere al cambiamento – di tempo, costumi, gusti – riproponendo la sua idea di cinema, con orgoglio e onestà. Se ci pensate, di quella generazione, sono rimasti attivi e degni di nota solo Spielberg e Scorsese. E con risultati alterni. Spielberg è ormai diventato il classicista che è sempre stato destinato a essere – era quello che più di tutti amava i grandi classici americani, da Capra, Fleming, Ford – mentre Scorsese, in questo momento, sta cercando di riproporre la formula che più lo ha divertito e ci ha fatto divertire, ovvero quella del gangster movie – terminate le riprese di The Irishman, con De Niro, Pesci e Al Pacino. E gli altri? George Lucas ha venduto la sua creatura alla Disney e me lo immagino mentre bestemmia, ricchissimo, guardando J.J. Abrams rifare lo stesso identico film diretto da lui nel 1977. Mentre Coppola, che gli frega? Lui produce vino e si coccola la figlia Sofia e il nipote Roman.
Tra i mostri della cinematografia mondiale ritratti nella famosa foto, Brian De Palma siede al centro. Ma immagino sia stata semplice casualità. Lui che centrale non ha mai voluto essere, dall’alto dei suoi ormai 77 anni, sta completando le riprese di un altro film. Ci ha messo molto a metterlo in piedi. Non glielo volevano far fare come lo aveva in mente. Mi deluderà? Forse sì. Sarò in prima fila al cinema per vederlo? Ci potete scommettere.