Fantascienza e scienza hanno sempre percorso strade parallele, o meglio, la prima ha sempre attinto dalla seconda, prendendola come ispirazione per le proprie invenzioni drammaturgiche e cercando di anticipare i tempi provando a prevedere il futuro dell’umanità, dalle scoperte scientifiche alle esplorazioni del cosmo. Non sempre la tradizione cinematografica riesce nell’intento, a volte sottovalutando il nostro futuro o esagerando i propri orizzonti. Non è il caso di Interstellar. Uscito nel 2014, il nono film del regista britannico Christopher Nolan rientra infatti nel filone decennale del genere sottoponendo al pubblico un racconto che fin dalla sua distribuzione nelle sale lo ha coinvolto in una storia di fantascienza che con il tempo si è rivelata particolarmente fedele alla realtà.
Interpretata, tra gli altri, da Matthew McConaughey, Anne Hathaway e Michael Caine, l’opera di Nolan narra di un gruppo di astronauti scelti per intraprendere un viaggio interstellare e trovare una nuova casa per l’umanità, che vive ormai su una Terra condannata all’inabitabilità a causa di un flagello naturale che sta riducendo consistentemente le colture e consumando l’ossigeno dell’atmosfera. In preparazione alla spedizione, dieci anni prima la Nasa ha inviato dodici astronauti su altrettanti pianeti attraverso un wormhole, ovvero un cunicolo spazio-temporale. Tre di loro, i dottori Miller, Mann e Edmunds avevano comunicato dei dati relativi ad alcuni pianeti con caratteristiche favorevoli alla vita, tutti orbitanti attorno a un buco nero chiamato Gargantua. Il professor Brand (Michael Caine), grande conoscitore della teoria del tutto e capo di una base segreta dell’Agenzia spaziale statunitense sceglie Joseph Cooper (Matthew McConaughey), ingegnere ed ex pilota della Nasa, per dirigere una missione esplorativa che possa verificare l’abitabilità dei pianeti scoperti e contribuire alla salvezza dell’umanità. Il corridoio spazio-temporale, infatti, secondo gli scienziati condurrebbe a un’altra galassia e sarebbe opera di una civiltà superiore composta da esseri penta-dimensionali intenzionati ad aiutare gli esseri umani.
Gli elementi e le tematiche affrontate da Interstellar ci conducono dritti a ciò con cui siamo ormai abituati a convivere, rendendo il film un disegno prezioso ma soprattutto aderente alla realtà e ai dibattiti attuali. Le discussioni sulla sostenibilità ambientale, la cosiddetta epoca della post-verità in cui le scoperte scientifiche vengono messe in secondo piano a scapito di decisioni politiche, ma soprattutto il nostro approccio nei confronti del viaggio spaziale: tutte questioni complesse alle quali si aggiunge poi il mondo dell’esperienza multidimensionale e le teorie a essa legate, che con la presenza del buco nero e dell’attraversamento del Ponte di Einstein-Rosen (il nome scientifico del wormhole, appunto) da parte dei protagonisti rende la storia ancora più coinvolgente dal punto di vista scientifico e fantascientifico. Una storia ambiziosa, forse una delle più ambiziose degli ultimi anni almeno per quanto riguarda la tradizione sci-fi.
Ciò che spicca maggiormente in Interstellar è la volontà del regista di esplorare uno scenario che, almeno per quanto riguarda i viaggi spaziali, si sta rivelando a noi come realistico e ormai prevedibile, se si pensa per esempio ai nuovi progetti di economia spaziale di Jeff Bezos ed Elon Musk. Non a caso, durante la fase produttiva, il production designer del film Nathan Crowley fece visita alla sede di SpaceX con l’obiettivo di prendere spunto dalle tute e più in generale dalle strumentazioni che la compagnia ha messo a disposizione dei suoi astronauti nel corso degli anni. L’idea di Nolan, infatti, è sempre stata quella di costruire un’opera fantascientifica il più possibile legata al reale, ispirandosi in parte agli shuttle più obsoleti della Nasa e in parte ai nuovi modelli di SpaceX. Una componente narrativa che non passa inosservata, se pensiamo che tutta la tradizione fantascientifica è costellata di elementi ricorrenti che in questo film non troviamo: un cambio di passo che ha portato un significativo rinnovamento del genere, liberandolo da tutti quei cliché utilizzati in passato e andando in controtendenza con le produzioni precedenti.
A questa scelta di Christopher Nolan si aggiunge, poi, il tema del nostro rapporto con l’ambiente: nel film la Terra ha raggiunto livelli di inabitabilità tali da dover essere abbandonata al più presto, con il genere umano che sembra ormai destinato all’estinzione entro massimo due generazioni. La natura si sta rivoltando contro l’essere umano, rendendo il futuro una minaccia che l’umanità ormai non può più arginare e impedire. Una battaglia persa da parte dell’uomo, che tenta di superare il limite non conoscendo fino in fondo i propri, con l’obiettivo di cercare nuova vita e una possibilità di sopravvivenza in quello che di nuovo offre l’Universo. Ed è proprio qui che l’umanità dei protagonisti, in questo caso degli scienziati impegnati nella missione, si unisce nel racconto alla sconfinata forza di ciò che ci circonda, costituito tanto da elementi che conosciamo quanto da misteri ancora irrisolti o teorizzati solo in parte. Un contesto in cui i nostri sentimenti si scontrano con il calcolo matematico, all’interno di un disegno drammatico del rapporto degli esseri umani con l’ignoto.
Ecco perché, dopo la visione di questo film, in un modo o nell’altro viene spontaneo chiedersi se quello che vi accade potrà davvero rispecchiare il futuro che ci aspetta, nonostante i particolari scientifici presentati al suo interno non raggiungano comunque l’assoluta fedeltà alle conoscenze accademiche. A differenza di tutti quei meccanismi narrativi inseriti di consueto in altre storie fantascientifiche, che tendevamo a mettere sempre da parte bollandoli come mere fantasie irrealizzabili, Interstellar ha mostrato infatti agli spettatori un avvenire plausibile, oltre che affascinante, riuscendo a influenzare con grande efficacia la nostra visione di scienza e fantascienza e aumentando la curiosità del pubblico nei confronti del tema. Un’ulteriore dimostrazione di questo è, per esempio, la presenza del buco nero che funge da vero e proprio motore dell’azione: un oggetto concreto ed esistente, ma presente nella sceneggiatura come mezzo simbolico per raggiungere nuovi orizzonti, mai concepiti prima, tanto vicini alla nostra immaginazione quanto lontani dalla possibilità concreta di farne esperienza.
Un altro elemento che rende Interstellar uno dei più importanti film di fantascienza degli ultimi anni è l’impronta neopositivista che caratterizza la storia e si unisce con la visione antropocentrica che guida l’intera sceneggiatura, testimoniando i numerosi punti in comune con la nostra epoca. Proprio intorno a queste due visioni si sviluppa l’accenno di nichilismo esistenzialista proposto dagli autori, in primis dallo sceneggiatore e fratello di Christopher, Jonathan Nolan, grazie al quale le inesattezze scientifiche dell’opera passano in secondo piano a favore di una riflessione più ampia sulla nostra imperfezione che convive con la perfezione dell’infinito, impersonato da esseri multidimensionali che sembrano controllarci e guidarci, ma che alla fine non sono altro che la nostra stessa trasposizione nel tempo e nello spazio.
Un infinito che si unisce al finito, quindi, rendendo l’uomo il centro vero di tutto ma al contempo protagonista di un progresso a senso unico che lo ha portato a evolversi insieme a scienza e tecnica, manifestazioni tangibili del suo potere che però non vanno di pari passo con ciò che ci portiamo dentro, ossia le nostre emozioni connaturate, i nostri archetipi senza tempo. L’interrogativo che si pone il film, perciò, racchiude l’essenza profonda di creature in balia di due estremi polarizzanti: da un lato le scoperte scientifiche, i calcoli matematici e i procedimenti empirici, dall’altro l’essenza stessa dell’essere umano, per definizione fragile e influenzabile dagli eventi che gli accadono intorno.
La sorprendente attualità di Interstellar e il suo grande risvolto nella cultura popolare, perciò, arrivano a noi proprio grazie a tutte le chiavi narrative che troviamo al suo interno: dalle soluzioni sostenibili e gli epiloghi drammatici che il nostro Pianeta potrebbe riservare al nostro futuro come specie umana, ai presagi che il regista ci offre per quanto riguarda i viaggi spaziali e le tecnologie relative, fino ad arrivare alle riflessioni di stampo metafisico e filosofico, oltre che ovviamente di natura quantistica e fisica, per quanto riguarda la nostra esistenza e coesistenza con l’ignoto. A tutto questo si aggiungono le tante domande che in questo film rimangono senza risposta. Risposte che, forse, riusciamo a intravedere soltanto nel corso del viaggio intrapreso dai protagonisti e non al suo termine: un fattore continua a mettere al centro gli eventi originari che mettono in moto le nostre scelte quotidiane, inconsapevolmente sempre ispirate dalla ricerca di risposte a domande che la razza umana si pone dalla sua comparsa su questo Pianeta.