Afflicted è la serie perfetta da vedere ora. A meno che tu non sia ipocondriaco.
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Quattro anni fa ero in macchina, a Rimini.

Avevo appena terminato un’intervista e stavo andando verso la stazione per tornare a Roma. La testa ha iniziato a girarmi. Ho pensato che l’autista non guidasse un granché bene, visto che mi sentivo come quando si fanno i tornanti in montagna. “Strano,” ho pensato, “la via Emilia mi pare bella dritta. Passerà.”

Ma la sera stessa la testa continuava a girare. Girava mentre cercavo di prender sonno e anche la mattina dopo, mentre mi lavavo i denti. Girava al lavoro, in bicicletta, a letto con Eleonora. “Passerà,” mi ripetevo. Da allora le vertigini non mi hanno abbandonato per i tre anni successivi: una costante sensazione di instabilità, affaticamento e debolezza che rendeva tutto più difficile, soprattutto non riuscendo a capire da che cosa dipendesse. In quei tre anni ho incontrato almeno una decina di specialisti: quattro differenti otorini, due neurologi, tre fisioterapisti, due psicanalisti. A questi vanno aggiunti due agopuntori, un guaritore cinese e un esperto in omeopatia e fitoterapia. Come diretta conseguenza di tutte queste visite mi sono sottoposto a più di venti trattamenti differenti, alcuni invasivi e dolorosi, altri semplicemente costosi.

Ogni singolo specialista aveva una sua teoria e ogni teoria portava a una cura, ma nessuna cura portava alla risoluzione del disturbo. Sono stati tre anni difficili, in cui il mio lavoro e il mio rapporto di coppia hanno risentito di una condizione a cui, ancora oggi, fatico a dare un nome.

Malattie complesse, apparentemente incurabili e con sintomi difficilmente definibili sono al centro della nuova docu-serie di Netflix, Afflicted. Nei sette episodi di circa un’ora seguiamo le vicende di sette persone afflitte da malattie sconosciute o, per meglio dire, non ancora definibili e curabili in modo concreto dalle scienze mediche contemporanee.

Fin dai primi minuti impariamo a conoscere Carmen, la ragazza con la sindrome da ipersensibilità magnetica, costretta ad allontanarsi da qualsiasi impulso elettrico, come quello delle reti wi-fi o dei cellulari accesi. C’è poi Jamie, ex-campione di sollevamento pesi che, da un giorno all’altro, non trova più la forza di uscire dalla sua camera: non riesce ad alzarsi in piedi, non riesce neppure a parlare, e ogni più piccolo sforzo gli procura dolori insopportabili. Dopo due anni gli viene diagnosticata una rarissima sindrome da stanchezza cronica. Bekah, invece, è allergica alle muffe. Come potete immaginare le muffe sono praticamente ovunque e Bekah è quindi costretta da un anno a vivere nel deserto insieme al suo compagno, in un ambiente sterilizzato e completamente privo di umidità.

Quelle di Afflicted sono storie al limite, raccontate senza il gusto voyeuristico e morboso a cui ci hanno abituato i programmi trasmessi su Real Time che trattano malattie imbarazzanti o interventi chirurgici estremi e disgustosi. Non c’è niente di ributtante in Afflicted, non si vede una sola goccia di sangue, un rigurgito, un eritema. Ed è questo il punto centrale dell’intera operazione, che ha fatto tra l’altro infuriare i protagonisti della serie, una volta andata in onda. La domanda a cui pensiamo continuamente durante la visione di Afflicted è: queste malattie esistono veramente o sono solo il frutto di una mente disturbata, depressa o non correttamente funzionante? Si può veramente soffrire la presenza delle reti wi-fi? Si può veramente essere allergici a qualsiasi tipo di muffa?

Con abili operazioni di montaggio Afflicted instilla continuamente il tarlo del dubbio nello spettatore. Ci sono due storie in particolare, quella di Star e quella di Pilar, che prestano il fianco a una simile interpretazione. Le due donne, approfittando dei soldi dei loro rispettivi compagni, si sottopongono a continue cure che non hanno nulla di invasivo o doloroso, anzi. Vivono una vita apparentemente confortevole, servite da partner che le accontentano in ogni loro piccola richiesta. Il marito di Pilar le porta in casa casse dell’unica acqua che può permettersi di bere, e lo fa senza fiatare, senza chiedere nulla in cambio. Davvero Pilar sta così male da non poter ordinare l’acqua su internet?

Ce lo chiediamo e, nel farlo, contribuiamo a rafforzare uno dei veri problemi che queste malattie di nuova generazione veicolano: l’incredulità verso molti sintomi e, di conseguenza, l’incomprensione e la solitudine che da questa deriva. Nei tre anni in cui ho sofferto di vertigini ho cercato ogni modo che la lingua italiana mi offrisse per spiegare ai medici e alle persone a cui voglio bene come mi sentissi. Quando le analisi del sangue, le tac, gli ecocolor doppler rimandavano solo a risultati negativi ho iniziato a sentirmi dire che era colpa dello stress, che era un disturbo psicosomatico. “È tutto nella tua testa, Francesco.”

Quello che succedeva nella mia testa, invece, era che ogni volta che un test risultava negativo, due forze uguali e opposte si scontravano. Da una parte la gioia di non avere qualcosa di grave, dall’altra la paura e l’angoscia di spiegare a chi mi stava accanto, per l’ennesima volta, il perché non stessi bene, il perché quella sera non potessi, perché non ci riuscivo davvero, ad andare a giocare a calcetto o a nuotare. Facciamo le dovute distinzioni: quello di cui soffrivo io non è lontanamente paragonabile alla sintomatologia espressa dai protagonisti di Afflicted. La mia vita è andata avanti, non è rimasta paralizzata per colpa delle vertigini. Ho lavorato, fatto viaggi, cambiato case. Ma se dovessi dire cosa mi ha fatto soffrire di più in quei tre anni, è proprio il perenne senso di incomunicabilità, la frustrazione di non sentirmi affatto bene, nonostante le apparenze, e il conseguente giudizio negativo, svilente, di chi mi stava accanto.

In Afflicted, questo tema è centrale ed è raccontato in modo fin troppo efficace. Le persone vicine ai protagonisti della serie sembrano vivere nel costante imbarazzo e dolore di non sapere come aiutare i loro cari, mentre gli specialisti, intervistati come semplici opinionisti e senza un ruolo attivo nelle vicende narrate, non fanno che sottolineare il potere delle mente sul corpo e la vastità dei sintomi autoindotti che una persona può infliggersi. Non c’è quindi da stupirsi che i protagonisti si siano incazzati. È un normale processo nella realizzazione di una docu-serie televisiva quello di seguire una persona per molto tempo, riprendere tutto quello che la riguarda, per poi montare solo una minima parte del girato nel prodotto finale. Come è purtroppo altrettanto diffusa la costruzione di quelle che in America vengono chiamati frankenbite, ovvero battute tagliate dalla medesima intervista e avvicinate o spostate per costruire un senso diverso rispetto a quello espresso dall’intervistato.

Esiste un’etica del lavoro quando si realizzano questi prodotti, un’etica che dovrebbe impedire agli autori di distorcere la realtà, alterando la verità. Leggendo le parole dei protagonisti della serie, quest’etica non è stata affatto rispettata. In un lungo articolo di Medium, la già citata Pilar spiega per filo e per segno che quella con suo marito è una soap opera costruita ad hoc dagli autori del programma e che lei e suo marito si sono già chiariti in modo dolce e consensuale. Questo non ha ovviamente impedito al popolino del web di insultare in modo feroce Pilar su ogni social network esistente, costringendola a rendere i suoi profili privati. Non ho modo di sapere dove risieda la verità in questa querelle. Posso immaginare che gli autori abbiano scriptato la realtà per renderla più appetibile ad un pubblico televisivo, così come posso immaginare che i protagonisti si siano sentiti traditi riascoltando per l’ennesima volta il disco rotto del “È tutto nella tua testa, è psicosomatico.”

Di fronte all’impossibilità di conoscere chi sia nel giusto, rimane un dato di fatto: Afflicted è la prima serie che cerca in modo esaustivo di raccontare un nuovo fenomeno squisitamente moderno. Viviamo in tempi complessi: quello che ci dimostra Afflicted è che la nostra mente – e il nostro corpo di conseguenza – sta faticando ad adattarsi a nuove tipologie di stress psicofisico e la medicina tradizionale si trova impreparata di fronte a tali nuove malattie. Ma non è solo questo. Il discorso è più ampio. Da una parte, noi persone comuni abbiamo ora accesso a un’immensa mole di informazioni mediche che, fino a pochi anni fa, erano esclusivo dominio dei laureati in medicina. Siamo diventati straordinariamente bravi ad auto-diagnosticarci malattie rarissime, provetti e sciocchi Md. House che non si accontentano più di un semplice raffreddore. Basta dare una letta al forum di Medicitalia.it per rendersi conto della tragicomica necessità delle persone comuni di sapere come curarsi.

Questa nuova fonte di pseudo conoscenza ha avuto due conseguenze dirette: da una parte l’eccessiva attenzione al proprio fisico (processo iniziato già per motivi meramente estetici), dall’altra la nascita di sedicenti imprenditori che potessero ricavarne profitto. Ci viene costantemente ricordato che dobbiamo stare attenti, ad esempio, a quello che mangiamo, al modo in cui facciamo ginnastica, a come respiriamo perché, per ognuno di questi aspetti, esiste un prodotto che può aiutarci e farci stare bene, meglio di come stiamo ora. Elimina i latticini, scoprirai un mondo di sostanze alternative, soia, mandorle, riso, latte al niente. Elimina la carne, ti accorgerai delle centinaia di prodotti che non te ne faranno sentire la mancanza. Inizia a praticare uno sport qualsiasi, potrai scaricare decine di app che ti aiuteranno a eseguire con costanza gli esercizi e, per ogni esercizio, ti verrà proposto uno strumento da acquistare per migliorare il tuo rendimento. E se continuerai a non sentirti bene, scoprirai che esistono nuove figure professionali che possono curare i tuoi malesseri in modo alternativo: Medicina Energetica Vibrazionale, Medicina Antroposofica, astro-medicina. Ormai al medico di base non crede più nessuno.

Lo so, è un discorso complesso da esaurire in poche righe. Esistono di sicuro persone intolleranti al lattosio – disturbo più che reale – che richiedono l’esistenza di prodotti sostitutivi, così come esisteranno sicuramente persone che hanno tratto giovamento dalle cure professate dalle medicine alternative. Quello che rimane è l’arretratezza della medicina ufficiale che, in molti casi, non riesce nemmeno a trovare i nomi giusti per queste nuove malattie.

Non ho idea di cosa potrebbe risolvere il problema. Purtroppo, in questo quadro sconfortante, le persone stanno male veramente. Non sapremo mai se i protagonisti di Afflicted sono vittime di malattie “reali” o di disturbi psicosomatici. Rimane che Jamie, da due anni, non esce dalla sua camera; che Carmen si è dovuta trasferire in un Paese con meno onde elettromagnetiche; che Pilar ha divorziato. Ognuno di loro ha dovuto dire addio a una vita prima della malattia, una vita a cui cerca, disperatamente, di ritornare. Per quanto riguarda le mie vertigini, poco meno di un anno fa se ne sono andate. La conseguenza è che il mio stile di vita è cambiato, che vivo con la paura che prima o poi ritornino e che, quattro anni dopo quel viaggio in macchina a Rimini, non ho so ancora che cosa me le abbia provocate.

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