Era il 2008 quando gli ingombranti e rigorosi Cahiers du Cinema – la più famosa rivista di critica cinematografica al mondo – stilarono la loro classifica dei 100 migliori film di tutti i tempi. In un tripudio di Neorealismo, Nouvelle Vague e cinema classico americano, all’osservatore attento non potè sfuggire un dato di fatto: in quella classifica erano presenti solo 2 film successivi agli anni Zero: Parla con lei di Pedro Almodovar e Mulholland Drive di David Lynch, rispettivamente in 77esima e 93esima posizione.
È il 2012, invece, quando un terremoto scuote la critica cinematografica britannica. L’autorevole rivista Sight & Sound – punto di riferimento per la critica un po’ meno snob di quella francese – toglie il primato di miglior film di tutti i tempi a Citizen Kane (Quarto potere) di Orson Welles del 1941, per conferire il premio a Vertigo (La donna che visse due volte) di Hitchcock del 1958 (e tratto però da un romanzo francese). Parliamo dei migliori 50 film, non 100, ma anche qui sono gli Ozu, i Fellini, i Resnais e l’immancabile Kubrick a farla da padroni. E, anche qui, i film successivi al 2000 in classifica sono solo due: In the Mood for Love di Wong Kar Wai, al 24esimo posto, e sempre Mulholland Drive al 28esimo.
Viene quanto meno da chiedersi il perché di queste prese di posizione così forti. È indubbio che il cinema negli ultimi 18 anni sia cambiato moltissimo e che molti di questi cambiamenti siano dovuti ad autori e opere che, a modo loro, hanno fatto storia. Forse non tutti amano lo stile di Wes Anderson, ma sicuramente il suo modo di raccontare fa ormai parte del nostro immaginario comune. Per non parlare dell’altro Anderson, Paul Thomas, che non può non essere inserito nella lista dei migliori registi di sempre. E Terrence Malick? E Christopher Nolan? E allontanandoci dall’America, vogliamo parlare di cosa è successo nel cinema coreano negli ultimi 20 anni? O del nuovo cinema inglese?
Rifiutarsi di ammettere che il cinema contemporaneo produca in modo regolare vere e proprie opere d’arte equivale a nascondersi dietro a un pensiero scioccamente reazionario e passatista. Se il cinema è l’arte delle immagini in movimento, chi ammira quest’arte non può permettere ai suoi gusti e alle sue critiche di rimanere immobili. È vero, è un periodo complesso per il cinema che, proprio come quando si diffuse la televisione, cerca di reinventarsi in nuove forme che abbiamo più appeal per un pubblico la cui soglia di attenzione è stata drasticamente ridotta. Un periodo complesso, ma non per questo meno prolifico, eccezionale, colmo di meraviglia. Non mi addentro neanche per scherzo nella bagarre dei migliori film di tutti i tempi, ma 18 film per gli ultimi 18 anni mi sento di elencarli.
I TENENBAUM (THE ROYAL TENENBAUMS) – WES ANDERSON – 2001
Prima di essere un meme, Wes Anderson era un affabulatore, un narratore senza eguali. Prima di essere citato solo in video dove si venera la sua predilezione alla simmetria, Anderson sapeva costruire personaggi meravigliosi, umani, emozionanti. I Tenenbaum è l’apice indiscusso della sua genialità. In questo film sono presenti tutti quegli elementi stilistici che renderanno Wes Anderson il divo che è oggi – il gusto per i costumi e il design scenografico, le inquadrature simmetriche, le colonne sonore curate maniacalmente – ma anche la storia narrata con maestria di una famiglia meravigliosamente disastrata a cui non si può non voler bene e di cui tutti vorremmo far parte: “I always wanted to be a Tenenbaum.”
THE MASTER – PAUL THOMAS ANDERSON – 2012
Altre classifiche mettono, giustamente, There Will Be Blood come film incaricato di rappresentare questo regista nella classifica dei migliori film del millennio. È vero, ll petroliere è un film immenso, ma credo che The Master abbia qualcosa in più. Con la storia liberamente ispirata al creatore di Scientology, Paul Thomas Anderson A porta avanti il linguaggio cinematografico di un passo deciso, ispirato, magnifico, regalando una prova di regia inarrivabile nella sua compostezza e genialità. E poi quei tre attori – Philip Seymour Hoffman, Joaquin Phoenix e Amy Adams – insieme, sono semplicemente sublimi.
LA 25ª ORA (25TH HOUR) – SPIKE LEE – 2002
È passato poco più di un anno dall’11 Settembre 2001 quando Spike Lee esce al cinema con La 25ª ora. Nel film non si parla mai direttamente dell’attentato alle Torri Gemelle ma tutto il film è permeato da una sensazione di perdita, confusione e dolore. L’ultima serata di Edward Norton – nella sua migliore interpretazione in assoluto – prima di sette anni in prigione, è una violenta parabola discendente verso fine del sogno americano, con un finale che sembra regalare speranza ma che si rivela, a pochi secondi dal nero, solo, appunto, un altro sogno.
IL CAVALIERE OSCURO (THE DARK KNIGHT) – CHRISTOPHER NOLAN – 2008
C’è chi potrebbe dire che tutti i film di Nolan meriterebbero di finire in questa classifica, ma Il cavaliere oscuro rappresenta non solo un punto di svolta nella carriera del regista, ma anche l’inizio di un filone supereroistico che, proprio grazie a questo film, acquista dignità sullo schermo. La storia del cinema cambia, grazie – o per colpa di – The Dark Knight. Grazie anche al compianto Joker di Heath Ledger, Batman ritorna dopo i disastri di Joel Schumacher e conquista tutti, fan e critici con un film denso, nerissimo, incredibile.
LOST IN TRANSLATION – SOFIA COPPOLA – 2003
Sono passati 15 anni e ancora mi sembra di vedere gli slip rosa di Scarlet Johansson con la musica degli Air in sottofondo e quella vetrata su Tokyo. Il secondo film della figlia di Coppola ha sicuramente il merito di sdoganare i piccoli film indie nel più grande mercato mainstream. Ma è soprattutto un’opera sulla solitudine di una giovane donna che non si riconosce nelle sue scelte di vita, un film su come sia difficile trovare qualcuno con cui veramente sia possibile comunicare. E poi Bill Murray che canta More Than This al karaoke, che altro aggiungere?
ZODIAC – DAVID FINCHER – 2007
Il gioco qui era capire se mettere Zodiac o The Social Network. Direi che Social Network era la scelta più facile, considerata anche la sceneggiatura di Sorkin, ma da anni porto avanti una mia personale battaglia per convincere tutti che Zodiac sia il miglior film di Fincher. Lo Zodiac killer, tutt’ora volto sconosciuto nel lungo elenco dei serial killer americani, permette a Fincher di raccontare una storia di personaggi sempre sull’orlo della sconfitta, con un approccio visivo che si rivelerà rivoluzionario per il genere crime-thriller. Ogni scena è girata alla perfezione, una masterclass di regia.
SIDEWAYS – IN VIAGGIO CON JACK (SIDEWAYS) ALEXANDER PAYNE – 2004
Molti si incazzeranno per questa scelta. Che c’entra il piccolo film di Alexander Payne su una coppia di amici con problemi di alcol in questa classifica? Posso anche essere d’accordo, ma l’amore che Payne mette nel raccontare i personaggi di questa storia è così vivo e intenso che, a ogni visione, il piacere di essere in compagnia di Paul Giamatti aumenta, lasciando allo spettatore sempre qualcosa di diverso e vero. Così come Lost in Translation è imbattibile nel raccontare la solitudine di una ragazza, Sideways è insuperabile nel dipingere un uomo disperato che cerca affannosamente di trovare un senso alla propria vita. Ce ne fossero di commedie così.
STORIES WE TELL – SARAH POLLEY – 2012
Anche altri documentari meriterebbero un posto tra questi titoli, ma il doc di Sarah Polley, a differenza di tanti altri, colpisce direttamente al cuore. Non una denuncia, non una storia tremenda, ma semplicemente una figlia che cerca di capire chi sia il suo vero padre. E, durante questa ricerca, il film si ritrova a farci riflettere sul significato della parola verità e su che cosa significhi, realmente, raccontare una storia.
NON È UN PAESE PER VECCHI (NO COUNTRY FOR OLD MEN) – JOEL ED ETHAN COEN – 2007
Il film dei Coen è, semplicemente, un manuale di cinema. Non c’è una parola sbagliata nella sceneggiatura, non un’inquadratura di troppo, ogni interpretazione è semplicemente perfetta. Potrebbe sembrare un film senz’anima e, invece, il film tratto dal libro di Cormac McCarthy ritrae l’America con l’ironia e l’amarezza di chi non crede più da tempo nel proprio Paese e negli eroi che, una volta, lo popolavano.
SE MI LASCI TI CANCELLO (ETERNAL SUNSHINE OF A SPOTLESS MIND) – MICHEL GONDRY – 2004
Cos’altro si può dire su questo film che non sia già stato scritto, postato, condiviso, commentato? Niente, credo. La storia d’amore tra Joel e Clementine, scritta da Kaufman e diretta da Gondry è la romance che ci meritiamo negli anni 2000, gli anni dei sentimenti precari e delle emozioni che vorrebbero essere cancellate, senza successo. Uno di quei rari casi in cui ogni elemento creativo – la fantasia visiva di Gondry, il genio triste di Kaufman, il volto di Jim Carrey – si mescola alla perfezione, creando un’esperienza indimenticabile.
ARRIVAL – DENIS VILLENEUVE – 2016
Non potevo non mettere un film di fantascienza in questa lista e non potevo non mettere un film di Villeneuve. La nuova fantascienza sentimentale contemporanea trova la sua massima espressione in questo film che, più di parlare di un’invasione aliena, parla di cosa significhi essere umani, di cosa ci definisca come specie. La domanda alla base del film – sceglieresti di avere una figlia pur sapendo di perderla? – nasconde, in realtà, domande molto più complesse su chi siamo e su quale sia il nostro scopo in questa vita. E poi quel tema di Max Richter che strapperebbe il cuore dal petto di chiunque e, ancora una volta, Amy Adams.
LA VITA DI ADELE (LA VIE D’ADÈLE) – ABDELLATIF KECHICHE – 2013
Quella tra Adèle e Emma è quanto di più si avvicini alla perfetta rappresentazione di un rapporto di coppia. Ogni momento della loro storia d’amore è tangibile durante il film. La gioia dello scoprirsi nude durante i primi mesi, il trovarsi nello sguardo di una persona che stai imparando ad amare, e poi i dubbi sulla propria personalità, sul proprio “io” quando viene criticato da una persona che si ama, per finire al dolore fisico della perdita per colpa di uno sbaglio. Le due attrici diventano letteralmente Emma e Adèle, si spogliano non solo nude per le scene di sesso, ma anche del velo della finzione e fanno qualcosa che si avvicina più al documentario che alla recitazione.
UP – PETE DOCTER, BOB PETERSON – 2009
I primi cinque minuti di Up sono la prova concreta che l’animazione digitale può permettersi di raccontare non solo storie drammatiche, ma anche storie terribilmente tristi, fin troppo vere, che fanno purtroppo parte della nostra vita di tutti i giorni. E dopo quei primi cinque minuti tristissimi, la Pixar ci ricorda che la fantasia e l’immaginazione sono il modo migliore per vivere, per allontanarci da un quotidiano grigio verso avventure dai colori intensi.
BASTARDI SENZA GLORIA (INGLOURIOUS BASTERDS) – QUENTIN TARANTINO – 2009
Praticamente tutti i film di Tarantino dovrebbero stare qui dentro, ma scelgo il suo dramma sulla seconda guerra mondiale per la quantità di invenzioni presenti all’interno della stessa pellicola. Ogni singola scena di Inglorious Basterds grida all’amore che questo regista ha per il cinema e, così come per ogni sua pellicola realizzata, Tarantino produce un film che ridefinisce un intero genere.
OLDBOY – CHAN WOOK PARK – 2003
Fosse anche solo per una questione di affetto e di ricordi per i miei anni universitari, Oldboy doveva stare in questa lista. Il film più famoso di Chan Wook Park – ma non il più bello – ci mostra le potenzialità dei drammi coreani – non solo a livello di libertà creativa – quando si parla di storie. In Oldboy ci sono vendetta, incesto, torture, ma anche e soprattutto invenzione visiva.
IL PROFETA (UN PROPHETE) – JACQUES AUDIARD – 2009
Jacques Audiard è sicuramente uno degli autori francesi più prolifici in termini qualitativi degli ultimi anni. Sulle mie labbra, Tutti i battiti del mio cuore sono film stupendi. Ma con il romanzo di formazione criminale di Un Prophète ci riesce a trasportare nel mondo senza compromessi di un sottobosco in cui conta solo la sopravvivenza, ma dove rimane comunque lo spazio per piccoli momenti di magia.
LA GRANDE BELLEZZA – PAOLO SORRENTINO – 2013
Non è solo campanilismo, La grande bellezza ha avuto il merito di far tornare a puntare i riflettori del cinema internazionale sull’Italia, con lo stesso sguardo che, ormai troppi anni fa, ci regalò Fellini. E no, non sto paragonando Sorrentino a Fellini, i due non c’entrano nulla uno con l’altro. Ma il ritratto della Roma di Jep Gambardella ha l’incedere dell’opera che si eleva oltre il semplice racconto cinematografico per dire qualcosa di più, per mostrarci degli aspetti della nostra società e di questa città, Roma, che solo un artista può illuminare. Volevate un film di Garrone in questo elenco? Io no, secondo me Sorrentino è molto più bravo.
L’ALBERO DELLA VITA (THE TREE OF LIFE) – TERRENCE MALICK – 2011
Se si parla di opere d’arte, più che di cinema, allora questo film dovrebbe essere il primo della lista, e non l’ultimo. Malick ha fatto un film così complesso, così meraviglioso, così profondo che, dopo di questo, non è più riuscito a farne uno che valesse la pena di essere visto. The Tree of Life racchiude tutto quello che c’è da dire sul rapporto tra un padre e un figlio, su cosa significhi vivere, dal primo all’ultimo respiro: tutto quello che c’è da dire sul cinema, oggi.