Potremmo definire l’Italia la “land of exception” per antonomasia. L’utilizzo compulsivo di dispositivi come il Decreto-Legge, il Condono o l’ordinanza in deroga è diventato nel nostro Paese espressione plastica dell’eccezione che diventa regola. Deroghe, sanatorie e leggi speciali, da dispositivi estremi e temporanei, si sono tramutate in prassi consolidate e reiterate, mentre decreti, ordinanze e sentenze di Consiglio di Stato e Corte di Cassazione erodono e riplasmano incessantemente lo stato di diritto, in una condizione di emergenza infinita che perfino Carl Schmitt – il teorico dello Stato di Eccezione – avrebbe avuto difficoltà a immaginare. In un sistema così frammentato, incoerente e con pochi riferimenti, anche per gli addetti ai lavori è difficilissimo orientarsi se non affidandosi a precedenti, piste e sentieri già battuti da altri.
Questo stato di eccezione normalizzato, questa assuefazione alla normativa d’urgenza in Italia ha dei costi politici, economici e umani insostenibili e non più recuperabili, diventando essi stessi un’emergenza di grado superiore, a cui andrebbe contrapposta una seria azione politica e istituzionale. Le regole nel nostro Paese sono inutilmente complicate, lo sappiamo, ma ci sono occasioni in cui qualcosa di particolarmente grave evidenzia in modo plateale le contraddizioni strutturali in cui ci troviamo.
È passato ormai più di un anno e mezzo dalla prima scossa che ha sconvolto le vite di milioni di persone nel Centro Italia, e il terremoto sembrava sparito dai radar dell’attenzione mediatica. Fino al 13 marzo 2018, quando l’Ansa ha diramato la notizia del sequestro preventivo a Norcia, da parte della Procura della Repubblica, di una delle opere simbolo della ricostruzione.
“[…] Su un’area di oltre 20.000 mq,” si dice nel provvedimento ablativo, “soggetta a diversi e importanti vincoli, è stata realizzata un’opera edilizia di notevoli dimensioni destinata a incidere fortemente sull’assetto urbanistico, ambientale e paesaggistico del territorio di riferimento. La costruzione è stata realizzata in difetto dei necessari titoli abilitativi, sostituiti da un’ordinanza sindacale che, sul presupposto (assolutamente e platealmente erroneo) della applicabilità della disciplina derogatoria ed acceleratoria emanata dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile, all’indomani degli eventi sismici di agosto-ottobre 2016, ha autorizzato la costruzione dell’opera stessa in difetto sia del Permesso a Costruire che della autorizzazione paesaggistica […]”.
Il testo citato si riferisce al “Centro Polivalente Comunale di Protezione Civile per l’emergenza sisma 2016”, progettato da Stefano Boeri e realizzato in base a una convenzione tra il Comune di Norcia e il Comitato di beneficenza Un aiuto subito terremoto centro Italia 6.0, promosso da Tg La7 e Corriere della sera. L’edificio di 450 mq è stato progettato a titolo gratuito dallo studio Boeri e finanziato dal comitato attraverso donazioni raccolte in tutta Italia con la campagna #Unaiutosubito. La convenzione con il Comune per l’accettazione della donazione di oltre 1 degli 8,7 milioni di Euro raccolti attraverso la campagna nazionale è stata approvata prima dal Consiglio comunale di Norcia nel febbraio 2017, e poi da un’ordinanza sindacale. L’opera è stata realizzata in soli quattro mesi in un’area di proprietà del Comune e infine inaugurata il 30 giugno 2017, durante una festa pubblica, alla presenza dei cittadini di Norcia, del progettista, di Enrico Mentana e di tante autorità nazionali.
Secondo Enrico Mentana, intervenuto lo scorso 15 marzo in seguito al sequestro, il Centro polifunzionale è stato “ideato come cabina di regia delle emergenze e luogo di accoglienza per la popolazione, in caso di nuove scosse […] e usato, ogni giorno, da anziani, associazioni, volontari e sede delle riunioni del consiglio comunale e come centro operativo della Protezione Civile”; Mentana ha sottolineato inoltre che l’edificio “non è costato un solo Euro allo Stato, alla Regione o al Comune […] non è mai stato utilizzato per iniziative a scopo di lucro ed è totalmente smontabile se evenienze imponderabili lo rendessero necessario.” Per motivi di sicurezza, e per rispondere allo scopo per cui è stato espressamente realizzato, il padiglione sorge in un’area facilmente raggiungibile dal centro di Norcia e dalle sue frazioni, a ridosso della circonvallazione del borgo storico del paese, in prossimità dell’imbocco della statale di uscita dal Comune, “laddove in pieno stato di emergenza le autorità locali, l’allora commissario straordinario Errani, il sindaco e la Protezione Civile hanno ritenuto opportuno far sorgere l’opera.”
Il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Gip su richiesta del PM, insieme agli avvisi di garanzia per Stefano Boeri e il sindaco dei Norcia, Nicola Alemanno, non solo impedisce il libero utilizzo della struttura da parte dei cittadini come “unico spazio pubblico sicuro nell’area” (ebbene sì, ancora oggi per nessun altro edificio pubblico è stata completata, o in alcuni casi neppure avviata l’opera di ripristino, ricostruzione, o rimessa in sicurezza, ed è un ulteriore grave problema per l’intera area del cratere). Rappresenta anche un atto singolare: sia in quanto azione da parte di una pubblica istituzione dello Stato che complica ulteriormente una fase emergenziale ancora lontana dall’essere superata, sia nel suo essere un’azione deliberatamente mirata a “evitare la commissione di altri reati della medesima indole, posto che è di solare evidenza che, ove tale modus operandi non venga sanzionato, sussista il fondato rischio che le procedure acceleratorie – pensate per far fronte, in limiti stringenti e tassativi, alla situazione di emergenza post-sismica – possano essere utilizzate […] ben al di fuori delle ipotesi espressamente previste, cedendo alla tentazione di un pericoloso preteso efficientismo che rischia di compromettere definitivamente un contesto storico-paesaggistico importante e delicato come quello del territorio del Comune di Norcia e, nel lungo periodo, di fare danni maggiori di quelli apportati dal sisma”.
Non sappiamo quanto questa posizione perentoria, che bolla severamente le “procedure acceleratorie” delle ordinanze commissariali e di Protezione Civile come “pericolosi pretesi efficientismi” – intravedendo nel modus operandi utilizzato per l’approvazione e la realizzazione del Centro polivalente di Norcia possibili reati e danni addirittura maggiori del sisma stesso – sia stata indotta da esposti e denunce da parte di terzi, o sia il frutto di indagini attivate autonomamente dalla stessa Procura della Repubblica. Quel che è certo è che un’azione di questo tipo rischia di rappresentare un precedente capace di mettere in discussione l’essenza stessa del metodo utilizzato per i primi interventi di aiuto ai territori colpiti dal sisma del 2016 – di cui, peraltro, il Centro polifunzionale di Norcia rappresenta un esempio di reale efficienza, oltre che di rapidità di esecuzione.
Infatti, fin dalle prime settimane dopo le scosse di agosto 2016, furono emanate, proprio allo scopo di garantire la continuità dei servizi pubblici, specifiche ordinanze della Protezione Civile e del Commissario straordinario per regolare le procedure di emergenza e le deroghe alle normative urbanistiche e alle tutele paesaggistiche, così da snellire in modo mirato i lavori per le opere pubbliche straordinarie previste nei Comuni colpiti dal sisma.
E se la Procura di Spoleto giudica il Centro polifunzionale “non ammissibile a tali deroghe”, per una serie di ragioni tra cui quella di una presunta “non temporaneità” e per una supposta “compromissione dell’assetto urbanistico e paesaggistico” del territorio di Norcia – due contestazioni piuttosto gravi, rivolte a un edificio concordato con le istituzioni locali, progettato gratuitamente e realizzato con risorse liberamente donate dai cittadini italiani proprio in base a quanto previsto dalle stesse ordinanze – potrebbe sorgere un problema serio anche per le Strutture Abitative di Emergenza (le cosiddette SAE).
Come fa notare Fabio Renzi, segretario generale della Fondazione Symbola per le Qualità Italiane: “Se la tesi del Gip di Spoleto Francesco Salerno fosse vera, e palesemente non lo è, dovrebbero essere sequestrate tutte le Sae (soluzioni abitative di emergenza) che, pur essendo temporanee, hanno provocato lo sbancamento e terrazzamento di intere colline e probabilmente sono dal punto di vista costruttivo più difficilmente smontabili del Centro Polivalente di Norcia, progettato e realizzato assemblando le componenti strutturali in modo che possano essere recuperate e riutilizzate qualora si decidesse di ricostruirlo altrove […].”
Scendendo nel dettaglio, le contestazioni della Procura possono essere raggruppate in due principali elementi di presunta criticità: la realizzazione dell’edificio “in assenza di permesso di costruire” e “in zona paesaggisticamente rilevante”.
Riguardo all’assenza di permesso di costruire, ovviamente il Centro polifunzionale di Norcia non è stato realizzato alla spicciolata o di nascosto. La costruzione, ampiamente comunicata e pubblicizzata dai media nazionali – e concordata in anticipo con il Commissario straordinario e i vertici della Protezione Civile – è stata eseguita sulla base dell’ordinanza n.347/2017 del sindaco di Norcia, prassi esplicitamente prevista dalla normativa della Protezione Civile per gli edifici pubblici da realizzare, restaurare o ricostruire dopo il sisma, che prevede speciali deroghe alle norme ordinarie in fase di emergenza.
Il problema, secondo la Procura, è che nella convenzione tra Comune e Comitato di beneficenza “Un aiuto subito”, così come nella delibera di Consiglio comunale che ha ratificato l’accordo con il comitato, è riportata letteralmente ed erroneamente la dicitura “struttura permanente ad uso sociale da ubicare nel Comune di Norcia”. L’aggettivo “permanente”, che mette in discussione – almeno secondo i PM – la possibilità per l’edificio di adottare le procedure autorizzative per opere temporanee in carattere di urgenza (temporaneità richiesta nelle ordinanze della Protezione Civile come condizione per un iter burocratico semplificato) viene però prontamente eliminato nell’ordinanza del sindaco, che è l’atto ufficiale con funzione di titolo abilitativo unico in deroga alla prassi urbanistica ordinaria. Per cui: refuso corretto, problema eliminato. E invece no.
La Procura non si fida della correzione, anzi. La reputa una “evidente contraddizione” che denuncia la “natura camaleontica” dell’opera. La parola permanente è “scomparsa magicamente”, con una “sostanziale ‘truffa delle etichette’ ” – il corsivo è della Procura – perpetrata dal sindaco di Norcia e dallo Studio Boeri a danno della collettività, “con sostanziale aggiramento, se non aperta violazione, della normativa urbanistica e vincolistica”.
In realtà, al di là delle parole e delle possibili imprecisioni, in documenti peraltro interlocutori – l’aggettivo “permanente” è stato autonomamente corretto, secondo ammissione degli stessi PM, in tempi non sospetti e nell’unico atto che formalmente conta, e cioè l’ordinanza del sindaco di Norcia, per cui il tutto avrebbe i connotati di un inutile e scivoloso processo alle intenzioni – all’occhio esperto l’edificio presenterebbe concretamente e tecnicamente tutte le prerogative della facile rimovibilità. L’azienda che ha materialmente realizzato l’opera, in partnership con la filiera del legno della Regione Friuli, ha anche pubblicato un video in cui vengono mostrate le fasi dell’assemblaggio delle componenti strutturali prefabbricate e la possibilità di un loro successivo smontaggio al termine della fase di emergenza.
Non è di questo parere la perizia tecnica che è stata utilizzata a supporto del decreto di sequestro e in esso citata, che fa notare con malizia come “il manufatto sia dotato di fondazioni in calcestruzzo armato di tipo continuo (travi rovesce) con uno spessore di 40cm […] e su tali fondazioni è stata stabilmente ancorata (mediante piastre metalliche e tirafondi) la struttura in elevazione”. Io avrei fatto sommessamente notare come un edificio in legno di 450 metri quadri, pur prefabbricato e con possibilità di essere rimosso, è bene che rispetti le norme tecniche delle costruzioni, e tanto più da queste parti, per evitare che – dopo i danni ancora irrisolti del terremoto – le strutture pur in legno e leggere, soprattutto se a carattere pubblico, cadano rovinosamente o provochino ulteriori danni in caso di nuove scosse. Questa è una mia opinione, ma, come sottolinea il deputato del Pd e presidente onorario di Legambiente Ermete Realacci “la temporaneità non va scambiata per precarietà”. Non sull’Appennino.
Il secondo notevole elemento di criticità è la “permanente trasformazione del suolo edificato […] integrante reato paesaggistico, essendo stata realizzata in mancanza della necessaria autorizzazione in zona sottoposta a tutele paesaggistiche rafforzate”. Questo problema è un corollario del precedente, nel senso che se la struttura è, di fatto, temporanea ed è stata prevista nel progetto come tale, essa – in quanto edificio di pubblica utilità funzionale all’assistenza della popolazione e alla continuità dei servizi pubblici – è realizzabile con procedura semplificata prevista dalla normativa di emergenza, in deroga anche alle autorizzazioni paesaggistiche. Può piacere o non piacere, possiamo anche scandalizzarci, ma la normativa vigente prevede questo. Per normativa vigente intendo norme ordinarie e, contemporaneamente, ordinanze speciali del commissario per il sisma e della Protezione Civile, con tutte le deroghe che ne conseguono.
Anche qui, allora, c’è qualcosa che non torna. Certo, siamo nel Parco dei Sibillini, nella zona comunale denominata “Marcite di Norcia”. Ma il terreno su cui è stato realizzato il Centro polifunzionale, di proprietà del Comune, in tempo di pace è stato sempre un prato di infestanti faticosamente tenute a bada dagli addetti al verde pubblico, utilizzato come parcheggio per le giostre o per le auto dei visitatori al centro di Norcia o alla Sagra del Tartufo. Oltretutto è un’area compromessa dalla presenza di due brutti edifici privati ed è stato luogo di stoccaggio delle macerie del sisma che colpì Norcia nel 1979, tanto che rientra da anni nella perimetrazione di Centro Abitato nelle carte del Comune. In ogni caso, il luogo perfetto per realizzare un edificio di pubblica utilità in fase di emergenza, un punto ideale di raccolta e coordinamento agli immediati margini del centro storico e collegato con le principali strade di uscita dalla città in caso di pericolo. Un grande, pubblico prato verde di gramigna ai margini delle mura di Norcia, talmente orizzontale che per realizzare il nuovo edificio non è stato necessario nessuno sbancamento – e non si può dire la stessa cosa delle centinaia di Sae realizzate in base alle medesime regole e con le stesse deroghe a poche decine di metri.
Critiche discutibili e immotivate, quindi. Tanto che il Parco dei Sibillini non si è espresso in nessun modo contro la costruzione, mentre lo stesso Dipartimento della Protezione Civile si è trovato costretto a intervenire sulla vicenda con estrema chiarezza, sia sulla questione dei permessi che della autorizzazione paesaggistica, assicurando di aver adottato le misure emergenziali, emanate per fronteggiare le esigenze della popolazione colpita dal sisma, nel rispetto di norme di legge e ordinanze relative (in particolare l’ordinanza del 2016 che prevede la possibilità di realizzare strutture temporanee per assicurare, tra le altre cose, “la continuità dei servizi pubblici”). Al Dipartimento della Protezione Civile si sono aggiunte altre voci autorevoli a difesa del Centro Polivalente di Norcia. E così le repliche di InArch – Istituto Nazionale di Architettura, presidente della Regione Umbria, Andrea Margaritelli (presidente della Fondazione Giordano), petizioni pubbliche e esternazioni di sdegno sui Tg nazionali si susseguono giorno dopo giorno, reclamando il buon senso e chiedendo che il Centro venga riaperto al pubblico, evitando di annullare una serie di eventi e iniziative già programmate – alcune delle quali perfino finanziate dal Mibact.
A sottolineare l’assurdità di uno Stato che si spara ai piedi in una situazione già critica e irrisolta, a margine dell’evidente contraddittorietà tra sospetto e realtà, c’è un’ulteriore questione che emerge dal decreto. Per argomentare il periculum in mora dell’opera – il supposto danno grave che può essere causato dal ritardo di un intervento, e che giustifica la criticabile azione di sequestro dell’edificio con conseguente cessazione di tutte le attività in esso previste e chiusura al pubblico – il testo della Procura si dilunga proprio sul successo dell’edificio, incompatibile con la preservazione delle qualità paesaggistiche del sito. Infatti “l’uso al quale l’edificio è stato votato dal Comune di Norcia è quello di centro per congressi, fiere, esposizioni ed eventi, con conseguente finalità ‘attrattiva’ del pubblico, per la pubblicizzazione del territorio e dei prodotti, laddove invece l’intenzione originaria dei siti vincolati e di interesse comunitario è quella di escludere il traffico, la circolazione e l’alterazione del sito, che potrebbero compromettere il sistema naturalistico e paesaggistico esistente.” Sempre nel testo della Procura si legge che dall’ultimazione, nel giugno 2017, a oggi, la sala polivalente è stata utilizzata come “sede per importanti manifestazioni che hanno visto l’intervento di elevate personalità del mondo istituzionale – l’elenco comprende ben oltre 40 eventi, di cui almeno 10 con un pubblico effettivamente presente superiore a cento persone – e che hanno determinato notevole afflusso di pubblico con relativo traffico veicolare e conseguente notevole impatto paesaggistico”, e che nel dicembre 2017 era previsto un fitto programma di eventi di rilievo, che avrebbe attratto numerose persone. Il tutto si commenta da sé.
Uno dei problemi, in sintesi, è il concetto di “servizio pubblico” che hanno in mente gli autori del documento. La normalità di una serie di iniziative pubbliche ed eventi ben organizzati – magari proprio intorno ai temi del sisma, o semplicemente per far passare qualche ora di intrattenimento e relax a cittadini fin troppo provati, oltre che la normalità di ospitare la sede della locale Protezione Civile, del Centro operativo comunale e del Consiglio comunale, a certi osservatori non sta bene. Al Centro polifunzionale di Norcia – che detto tra noi ha avuto forse l’unica pecca, per alcune anime belle che non apprezzano il contemporaneo e che probabilmente hanno ispirato l’azione di sequestro, di essere arrivato troppo “dall’alto” senza la dovuta conoscenza dello spirito del luogo e senza opportunamente coinvolgere i suoi grandi esperti – si accusa di essere stato realizzato troppo in fretta e, in sostanza, di funzionare troppo bene.
Non so se è abbastanza chiaro a tutti coloro che vivono e lavorano lontani dalle zone del cratere: nel Centro Italia nulla è stato ancora risolto, si è ancora in piena guerra. Le popolazioni, gente che lavora sodo e che non si lamenta facilmente, tanto meno di fronte alle telecamere, in una prova di grande resilienza hanno riprogrammato le loro vite in modo drastico. In tanti sono oggi a centinaia di chilometri dalla loro casa, ancora devastata e con stanze un tempo intime esposte brutalmente al secondo nevoso inverno. I loro figli, sradicati, hanno avuto tutto il tempo di adattarsi a scuole e compagni nuovi. Chi ha voluto mantenere la propria azienda nei luoghi del sisma viaggia per ore all’andata e al ritorno dalla costa, o dai laghi appenninici. Molte macerie giacciono ancora nei vicoli dei centri storici, in attesa di pastoie burocratiche e accordi bizantini insondabili che le conducano nelle rispettive discariche. La campagna elettorale permanente non ha facilitato una visione di lungo respiro per gestire la fase di ricostruzione in modo coordinato, serio ed efficace, e le citate, pessime Strutture Abitative di Emergenza sono completate solo per due terzi.
Il terremoto dovrebbe essere un evento noto in questi luoghi, se vogliamo anche prevedibile nella sua ciclicità statistica, e invece mesi, anni persi soltanto per organizzare le idee ed attivare le ennesime (e sempre diverse, in un triste spoil-system del buon senso) procedure di emergenza. E così, anziché cogliere l’occasione per predisporre finalmente una legislazione chiara, compatta e applicabile all’intero territorio italiano, senza crateri o zone rosse, senza ambiguità in grado di generare conflitti tra normativa ordinaria e straordinaria, viene prodotto uno sciame di quarantanove ordinanze commissariali a un anno e mezzo dall’evento, molte delle quali a correzione di quelle che le hanno precedute di qualche mese.
Il problema, quindi non è l’edificio di Boeri, o il terremoto, o le modalità con cui opera la Procura – che in questo caso sembra avere perseguito le finalità della legge in maniera fin troppo asettica. Il problema, grave e strutturale, è che siamo nello stato di emergenza cronico, in cui regole e deroghe, norme ed eccezioni si confondono e si sovrappongono in modo continuo e magmatico; che non esista una norma definita che permetta di stabilire una gerarchia, in casi eccezionali e con le dovute argomentate distinzioni, che metta la tutela della sicurezza delle persone al di sopra delle tutele e delle norme ordinarie in materia di edilizia e di paesaggio. Il paradosso del Centro polivalente di Norcia rappresenta un frammento esemplare del paradosso in cui si trova, in stallo, l’Italia intera.