500 ricoveri e 8 morti per le sigarette elettroniche. È davvero sicuro “svapare”? - THE VISION
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L’utilizzo delle sigarette elettroniche, sin dalla loro immissione in commercio nel 2003, ha preso rapidamente piede in tutto il mondo come possibile modo per smettere di fumare o comunque come alternativa più sana alle sigarette tradizionali. Eppure non sembrerebbe davvero così, dal momento che da qualche mese a questa parte, negli Stati Uniti, si sta verificando una sorta di epidemia proprio tra i fumatori di sigarette elettroniche.

La malattia, che colpisce i polmoni – causando affaticamento, nausea, vomito, tosse, febbre e respiro corto – ha portato all’ospedalizzazione di oltre cinquecento persone, per lo più giovani sotto i 35 anni, e alla morte di otto. Alcuni pazienti hanno avuto bisogno dell’ossigeno, altri di una ventilazione assistita in terapia intensiva. L’aspetto dei polmoni, alla Tac, sembra quello di una polmonite batterica o virale, ma non ci sono segni riscontrabili di infezione. La Food and Drug Administration (FDA) inizialmente aveva correlato l’insorgere dei sintomi con l’utilizzo di liquidi a base di Thc, il principio psicoattivo contenuto nella marijuana. Alcuni pazienti, però, sostengono di non averne mai fatto uso, o per mancata conoscenza delle sostanze contenute nel liquido o per evitare ritorsioni legali, dal momento che in molti Stati americani l’uso ricreativo della marijuana è illegale. Nei 53 casi verificatisi in Illinois e Wisconsin, entrambi Stati in cui la marijuana non è legale o lo sarà solo tra qualche mese, il 17% dei pazienti ha infatti dichiarato di aver utilizzato solo liquidi contenenti nicotina. Il problema è che, anche se i prodotti sono già sul mercato da anni, non si conoscono ancora i potenziali effetti collaterali delle sostanze utilizzate nei liquidi in commercio.

Attualmente, solo negli Stati Uniti, il fatturato dei produttori di sigarette elettroniche si aggira intorno ai 2,6 miliardi di dollari, circa 20mila negozi specializzati hanno aperto negli ultimi anni in diversi Stati e anche il mercato nero (sia online che per la strada) si arricchisce con dispositivi e liquidi per lo svapo al limite della legalità. Circa 11 milioni di americani fanno abitualmente uso di sigarette elettroniche, che sono particolarmente popolari soprattutto tra i giovani, a causa dei liquidi con gusti accattivanti. I risultati preliminari di una nuova ricerca sponsorizzata dal National Institute on Drug Abuse ha mostrato che un adolescente su quattro ha svapato nel mese precedente, un numero che, dal 2017, è più che raddoppiato. La maggior parte dei giovani ha affermato inoltre di aver iniziato a svapare proprio perché incuriosito dai gusti dei liquidi. La maggior parte delle sigarette elettroniche, però, contiene anche nicotina, sostanza che come tutti sanno crea dipendenza e che può danneggiare il cervello, soprattutto nei giovani, a causa degli effetti sulla memoria, l’attenzione e l’apprendimento.

Le normative in merito alle componenti dei liquidi delle sigarette elettroniche non sono molto chiare e variano da produttore a produttore. A parte la nicotina, la maggior parte dei liquidi contiene glicole propilenico e glicerina vegetale, sostanze normalmente utilizzate per creare l’effetto fumo a teatro o durante i concerti. Una prolungata esposizione a queste sostanze, però, può causare irritazioni alle vie aeree e ai polmoni. I liquidi possono anche contenere composti volatili, anche questi irritanti per le vie aeree, e aromi, alcuni dei quali possono essere tossici, come ad esempio il diacetile, che può provocare una grave malattia ai polmoni, la bronchiolite obliterante. Il diacetile è utilizzato in circa il 75% dei liquidi per le sigarette elettroniche, soprattutto in quelli al gusto di vaniglia, zucchero filato e cupcake, proprio quelli, cioè, che hanno un maggiore richiamo sui giovani. Ci sono poi la formaldeide, che può svilupparsi quando il liquido si surriscalda troppo, e la vitamina E acetato, usata in cosmetica come antiossidante, considerata una delle possibili responsabili dell’insorgere della malattia respiratoria, dal momento che è stata ritrovata in dieci dei diciotto campioni di olio alla cannabis esaminati. Ingerita come supplemento nutrizionale non ha alcun effetto collaterale, ma la sua struttura molecolare potrebbe renderla nociva quando riscaldata e inalata. Ancora, però, non si ha la sicurezza che il problema sia effettivamente questo. Le autorità federali stanno investigando anche sulla possibile contraffazione dei prodotti venduti sul mercato nero, sia quelli a base di Thc, sia quelli contenenti solo nicotina. Molti pazienti, infatti, hanno affermato di non aver acquistato i liquidi in negozi specializzati. Proprio per questo la Fda ha diramato un’allerta: “Dal momento che i consumatori non possono essere certi che il liquido al Thc non contenga anche vitamina E acetato, è meglio evitare di acquistare liquidi per la strada, ed evitare di aggiungere olio al Thc ai prodotti acquistati nei negozi”.

Nonostante gli ultimi avvenimenti, la Fda non ha però richiesto ai produttori di smettere di utilizzare sostanze potenzialmente nocive, ed è ancora difficile sapere con esattezza quali sostanze siano contenute in un liquido, perché non esistono liste precise degli ingredienti per quanto riguarda gli aromatizzanti. Insomma, l’unica cosa certa al momento è che svapare non sia proprio così sano, soprattutto quando i liquidi non vengono acquistati da rivenditori specializzati. Tanto che Albert Rizzo, medico dell’American Lung Association, ha detto al New York Times: “dire che qualcosa è più sicuro di un prodotto che, come le sigarette, uccide sette milioni di persone l’anno a causa di malattie legate al consumo di tabacco, non è dire molto. Non abbiamo alcuna evidenza del fatto che sia sicuro. Non ci sono ancora le basi scientifiche per dirlo”.

La scienza, infatti, ha iniziato a interessarsi alle sigarette elettroniche solo di recente, e i risultati danno da pensare: uno studio dello scorso gennaio ha mostrato che l’utilizzo di sigarette elettroniche, esattamente come il fumo di sigarette tradizionali, può causare ictus, infarti e sindrome coronarica acuta. Anche la American Heart Association, nel 2014, aveva messo in guardia contro il vaping, a causa principalmente dei pochi studi ancora esistenti in materia: il gruppo di ricercatori ammise che le normative e la ricerca scientifica ancora non riuscivano a tenere il passo con la crescita esponenziale dell’uso della sigaretta elettronica. Ma ora, in una situazione di emergenza come quella che si sta verificando negli Stati Uniti, la scienza non può più restare indietro. Resta poi il problema delle alte temperature, che possono alterare chimicamente le sostanze presenti nei liquidi. Le sigarette elettroniche, riscaldando la soluzione contenuta al loro interno, creano un aerosol del tutto simile al fumo di sigaretta, che può arrivare fino ai polmoni. Molte delle sostanze sono tossiche, ma anche in questo caso svolgere ricerche sulla loro sicurezza è reso difficile dal fatto che ogni prodotto è differente e la composizione finale è determinata anche dalla temperatura raggiunta dal dispositivo. I ricercatori hanno però scoperto che, in generale, è proprio lo svapo a irritare le vie aeree, facendo aumentare la produzione di muco e di alcuni enzimi, le proteasi, che degradano i tessuti. Alti livelli di proteasi possono via via distruggere il tessuto polmonare e ridurre in modo irreversibile il funzionamento dei polmoni, provocando, a lungo andare, condizioni serie come l’enfisema. Anche un altro studio ha dimostrato che l’aumento delle proteasi dipende proprio dal vapore prodotto dalla sigaretta elettronica: i ricercatori hanno utilizzato il vapore di diverse marche di sigarette elettroniche per trattare, in laboratorio, dei globuli bianchi isolati. Il comportamento delle cellule appariva essere lo stesso di quando le stesse erano esposte al fumo di sigaretta. L’aumento dei livelli enzimatici avveniva anche con sigarette prive di nicotina, suggerendo, quindi, che la responsabilità era di altri componenti del vapore.

Rispetto alla comparsa tardiva di questa patologia ci sono diverse teorie: la prima (e anche la più accreditata) afferma che la colpa sia di un insieme di sostanze sviluppate dai liquidi e dal dispositivo stesso. Inalando questo cocktail nocivo, si possono scatenare delle reazioni anche letali a livello polmonare. Il problema è che non si sa ancora quali e quante siano queste sostanze. Sven-Eric Jordt, uno degli autori di uno studio svolto nel 2018 sui liquidi aromatizzati, ha detto che “i liquidi vaporizzati dalle sigarette elettroniche non sono stabili e possono formare nuovi composti potenzialmente irritanti e tossici”. Una seconda teoria è che questa sindrome non sia affatto nuova: molte persone possono essersi ammalate anche negli anni precedenti, ma il problema non è stato riconosciuto né correlato al vaping. Con l’aumento dell’utilizzo delle sigarette elettroniche e dei liquidi a base di Thc, semplicemente si stanno verificando più casi.

In attesa di avere dati più precisi, oltre agli Stati Uniti, più di venti Paesi, soprattutto in Sud America, Medio Oriente e Asia, stanno limitando o vietando la vendita di liquidi aromatizzati e prodotti correlati alle sigarette elettroniche. Alcune nazioni hanno anche vietato il possesso di tali prodotti. Ad avere le leggi più restrittive è la Thailandia, mentre l’Australia, il Canada e la Norvegia stanno iniziando ora ad adottare delle restrizioni. Come negli Stati Uniti, anche in Europa ci sono delle falle normative: ad essere regolati sono infatti solo i liquidi contenenti nicotina, mentre tutti gli altri non sono regolamentati. La normativa, inoltre, non parla di livelli massimi di temperatura, livelli minimi di resistenza o di materiali che vanno bene o meno. La totale libertà fa quindi sì che alcuni produttori possano realizzare prodotti che possono non essere a norma. In Italia i consumatori abituali e occasionali di sigarette elettroniche attualmente sono circa 900 mila. Di questi l’80,1% fuma anche sigarette tradizionali, e il 5% dei fumatori abituali o occasionali di sigaretta elettronica è composto da persone che prima della sigaretta elettronica non aveva mai fumato sigarette tradizionali. Passare a una sigaretta elettronica, quindi, non sempre serve a smettere di fumare. Secondo un’indagine di Altroconsumo il 18% dei giovani italiani tra i 13 e i 15 anni svapa, tanto che dall’inizio di quest’anno, in seguito a un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Italia è entrata in vigore una normativa che impedisce la vendita delle sigarette elettroniche contenenti nicotina ai minorenni e la trasmissione di pubblicità in programmi radiotelevisivi rivolti ai minori. Per quanto riguarda l’emergenza americana, l’Istituto Superiore di Sanità, per il momento, ha dichiarato che in Italia non sono in programma dei piani restrittivi sull’utilizzo delle sigarette elettroniche anche perché le norme sulle componenti dei liquidi sono molto più stringenti di quelle americane. Insomma, per ora chi svapa può stare tranquillo, sapendo però che, come le sigarette tradizionali, anche quelle elettroniche potrebbero avere delle controindicazioni anche gravi, e non ancora esaminate.

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