Una cosa è certa, la pillola del giorno dopo cambia il clima in farmacia. Chiederla al banco trasforma il tono solitamente neutro del farmacista in quello comprensivo-apprensivo di un adulto che ascolta la confessione di una ragazzata. Un approccio che mette gratuitamente in una posizione di imbarazzo la cliente e che manifesta peraltro una mancanza di serietà professionale, dato che per la vendita del farmaco alle maggiorenni non è più richiesta la ricetta medica e che quindi ogni donna dovrebbe essere in grado di decidere per sé senza sentirsi giudicata. In Italia, del resto, la prevenzione di gravidanze indesiderate mediante l’uso della pillola del giorno dopo viene guardata ancora con sospetto.
Ma come mai tanta resistenza culturale considerando che si tratta di un farmaco che oggi viene venduto senza ricetta medica? Perché pillola del giorno dopo, che sarebbe meglio chiamare più correttamente contraccezione d’emergenza, e pillola RU486, cosiddetta “pillola abortiva”, sono spesso confuse nell’immaginario comune al punto che persino la cultura pop ne traduce in qualche modo le storture. I due farmaci però non sono la stessa cosa secondo il parere delle più autorevoli istituzioni scientifiche come Ministero della Salute italiano e OMS. E non credo che tutti siano coscienti del fatto che lo scetticismo, i pregiudizi che ne alimentano mediaticamente lo stigma negativo, la messa in dubbio continua degli effetti collaterali indicati dal foglietto illustrativo come “lievi”, siano il riflesso del pensiero della bioetica cattolica sul tema e l’espressione di una società che contro i metodi del controllo delle nascite combatte da decenni una battaglia informativa e culturale fuorviante. Forse la sta anche vincendo se il pregiudizio è così diffuso anche tra persone apparentemente distanti dall’ambiente cattolico, e se, nonostante la determinazione dell’Agenzia italiana del farmaco – AIFA – del 1° febbraio 2016, ben due farmacie su quattro mi abbiano chiesto una prescrizione il cui obbligo, per le donne maggiorenni, è stato soppresso.
Torniamo alla cultura pop. Nell’episodio “Arkangel” in Black Mirror, la pillola del giorno dopo viene equiparata a una pillola abortiva. “La pillola del giorno dopo per interrompere la gravidanza […]; non sei più incinta adesso,” dice una dottoressa a una ragazza a cui è stata somministrata involontariamente una pillola del giorno dopo. La puntata, che ha scatenato molte polemiche, sembra essere stata scritta dal conservatore Mitt Romney piuttosto che dal geniale Charlie Brooker.
A chiarire che pillola abortiva e pillola contraccettiva d’emergenza non sono la stessa cosa sono i maggiori organismi e agenzie di controllo e tutela della salute come OMS, Ministero della Salute italiano, AIFA – l’Agenzia italiana del farmaco, e numerose comunità e associazioni di ginecologi nazionali e internazionali. I tre organismi hanno dichiarato pubblicamente che in nessun caso la comune pillola del giorno dopo può interrompere una gravidanza in corso. Stessa indicazione dell’AIFA per la pillola dei cinque giorni dopo, il farmaco di nuova generazione che agisce su un arco più ampio di ore rispetto al precedente. Il Ministero della Salute chiarisce in una nota la questione parlando nello specifico dei principi attivi dei due farmaci e del fatto che essi non abbiano alcun effetto abortivo. Concorda anche la FIGO, la Società internazionale dei ginecologi, che in una nota ufficiale cita numerosi studi secondo i quali il levonorgestrel – principio attivo di una delle PGD (pillola del giorno dopo) in commercio – ha effetti solo sull’ovulazione e non sulle fasi successive come fecondazione o annidamento dell’ovulo nell’utero.
Il parere ufficiale di organismi come OMS, AIFA, Ministero della Salute, è ribadire all’unanimità che sia quando si parla di PGD sia di pillola dei cinque giorni dopo si parla di un meccanismo che agisce solo sull’ovulazione, ossia prima che l’ovulo e lo spermatozoo si incontrino o che l’ovulo fecondato arrivi nell’utero per impiantarsi e dare quindi inizio alla gravidanza vera e propria. Per questo la PGD viene inserita nei metodi contraccettivi, seppur di emergenza, trattandosi di una contraccezione ad alto dosaggio, ma anche di un farmaco che differisce dalla pillola abortiva sia per tempi di assunzione sia per metodo d’azione. Al contrario, il farmaco abortivo agisce sulla gravidanza in corso e dal punto di vista medico significa che ha effetto sull’embrione già impiantato nell’utero provocando un’interruzione farmacologica di gravidanza.
Al contrario di queste evidenze i movimenti pro-vita e parte dei loro canali informativi e divulgativo sostengono che le pillole d’emergenza siano pericolosamente vicine o agiscano ugualmente alla pillola RU486. Una delle loro tesi è che l’effetto abortivo della contraccezione d’emergenza si esplichi nelle presunte modificazioni dell’endometrio in modo da renderlo inospitale per accogliere l’embrione nei casi in cui l’effetto antiovulatorio del farmaco non riesca ad agire per via dell’assunzione tardiva intervenuta durante una fase troppo avanzata del ciclo ovulatorio. E allora all’ovulo fecondato in viaggio verso l’utero sarebbe così impedito di annidarsi definitivamente dando inizio alla gravidanza. Quello della modifica strutturale dell’endometrio in funzione anti-impianto è uno dei punti più dibattuti dello scontro e la prova inconfutabile, per i pro-vita, della caratteristica abortiva della contraccezione d’emergenza per quel che riguarda soprattutto la pillola dei cinque giorni dopo.
Come ci spiega la dottoressa Manuela Farris, specialista in ginecologia e ostetricia e medico attualmente impegnato in una campagna sulla sensibilizzazione della contraccezione femminile per le millennial: “La contraccezione d’emergenza è contraccezione, cioè sposta l’ovulazione e non ha nessun altro tipo di azione oltre a questa. Altre modificazioni del corpo sono concomitanti al fatto dello spostamento dell’ovulazione; se sposto l’ovulazione anche la mucosa dell’utero sarà diversa”.
Considerato che oltre la metà degli italiani ha l’abitudine di cercare nel web le informazioni sulla salute, rendere più esplicita la diversità delle posizioni di laici e cattolici sulla contraccezione d’emergenza significa soltanto permettere a chi cerca di informarsi di tenere ben presente sia i punti del dibattito, sia l’importanza di garantire alle donne il diritto alla salute e all’accesso ai metodi di prevenzione di gravidanze indesiderate. Probabilmente, nell’era della trasparenza e della sovrabbondanza informativa, è ancora più importante capire da dove vengono giudizi negativi e giudizi positivi sulla contraccezione d’emergenza in modo da agire nella maniera più informata e consapevole possibile, preferibilmente, dopo un confronto medico.
Un episodio racconta bene il livello dello scontro. Quando sul foglietto illustrativo di Norlevo, una pillola del giorno dopo in commercio, è stata rimossa nel 2014 e per decisione dell’AIFA l’indicazione antinidatoria (riguardante proprio l’azione anti-impianto dell’ovulo fecondato nell’utero, che qui non interviene) per evitare inesattezze, la misura ha scatenato un ricorso poi respinto dal TAR da parte delle associazioni Giuristi per la vita, Farmacisti cattolici, Forum delle famiglie, Ginecologi cattolici e Pro Vita.
Tra l’altro informare sull’azione positiva della contraccezione d’emergenza oppure renderla sempre accessibile a più donne – un esempio in questo senso è l’eliminazione dell’obbligo della ricetta per le donne maggiorenni – non significa impedire automaticamente a coloro che per convinzioni etico-personali non usano metodi di prevenzione di gravidanze indesiderate di proseguire su questa strada. Estendere il diritto all’accesso ai farmaci per la prevenzione di gravidanze indesiderate, o facilitarlo, non priva di default dei diritti chi invece la pensa diversamente. Il tema è più complicato quando si parla di diritto alla vita del nascituro, ma qui la stessa OMS chiarisce, al contrario della bioetica cattolica, che la gravidanza comincia con l’impianto dell’ovulo nell’utero e non prima.
La contraccezione d’emergenza ha inoltre un altro effetto. Seppur timidamente, la relazione annuale del Ministero della Salute sulla legge 194 suggerisce che da quando la pillola dei cinque giorni dopo è stata liberalizzata nel 2015 si è assistito a un calo degli aborti. Il calo prosegue da anni, ma il testo prova a dire che una delle ragioni del calo nel periodo in esame potrebbe essere proprio la recente liberalizzazione. Un obiettivo, quello della riduzione del numero di aborti, che dovrebbe essere prerogativa comune di laici e cattolici.
Le pillole d’emergenza non possono però trasformarsi in sostituti della contraccezione, né far pensare che la prevenzione di gravidanze indesiderate possa procedere per situazioni urgenti risolte velocemente. Come riportato per esempio dall’International Consortium of Emergency Contraception, la pillola d’emergenza si può usare più di una volta, ma come la pillola contraccettiva, influisce sull’assetto ormonale del corpo femminile, con tutto ciò che può comportare. Andrebbe quindi usata in maniera oculata e possibilmente sotto consiglio medico, anche se non necessita più della ricetta per essere acquistata. Andrebbe usata in maniera responsabile, non tanto per una questione di filosofia della vita, ma proprio per un’attenzione minima nei confronti della donna che si costringe a subire una sorta di reset ormonale che potrebbe essere evitato a monte. Insomma, lo sceneggiatore di Black Mirror prima di diffondere concetti inesatti e moralisti al vasto pubblico avrebbe dovuto informarsi meglio: la pillola del giorno dopo non interrompe la gravidanza, la impedisce.