Quando il mio medico mi ha chiesto di partecipare a un progetto di screening a tappeto per il Papilloma virus ero scettico. Non testimonia a favore della mia intelligenza, lo riconosco, ma mi sembrava una perdita di tempo. E questo nonostante lui mi parlasse di una forte diffusione dell’HPV (Human Papilloma Virus) nella comunità gay maschile. Avevo sempre collegato il Papilloma virus alle donne. Sul momento ho cercato di accampare delle scuse: pensavo che l’invito fosse un modo per alimentare l’iniziativa dell’ospedale e fare numero. Alla fine ho accettato, ma fino al momento del ritiro dell’esito ero piuttosto contrariato. Prendersi cura di sé non fa quasi mai rima con divertimento.
Il Papilloma virus è un genere di virus appartenente alla famiglia dei Papillomaviridae, ed è patogeno solo per l’essere umano. Esistono oltre cento varietà diverse del virus e la maggior parte di queste causa lesioni benigne – come le verruche che colpiscono la cute di mani, piedi o viso, e i condilomi (o papillomi) che interessano le mucose genitali e orali. La maggior parte delle infezioni genitali da HPV regredisce spontaneamente, ma una piccola parte di esse, se non viene trattata, può portare allo sviluppo di tumori. Le infezioni da HPV sono estremamente diffuse nella popolazione e sono trasmesse prevalentemente per via sessuale: è stato calcolato che, tra i 20 e i 30 anni, circa il 75% della popolazione attiva sessualmente entra in contatto col virus. Non tutti lo contraggono, ma la fregatura è che per determinati tipi virali (detti sierotipi e identificati con dei numeri) la trasmissione avviene anche tramite contatto cutaneo diretto o indiretto. Detto in altre parole: il preservativo non basta. Ce lo si può prendere anche attraverso rapporti protetti e addirittura, se si è sfortunati o un po’ distratti, persino nei bagni pubblici.
In molti casi il virus viene sconfitto dal nostro sistema immunitario senza causare problemi – per questo riusciamo a far finta di niente – in altri invece rimane nel nostro corpo e può fare danni molto seri. Si stima che in Italia ogni anno il Papilloma virus sia responsabile di circa 6.500 nuovi casi di tumori (in entrambi i sessi), di circa 12.000 lesioni anogenitali di alto grado nella donna e almeno 80mila casi di condilomi (le verruche genitali, il danno più lieve causato dall’HPV). Tumori e lesioni di alto grado potrebbero scomparire – o almeno diventare più rare – grazie alla vaccinazione, che dal 2007 è disponibile gratuitamente in Italia per le adolescenti e che dall’anno scorso è stata estesa anche ai maschi. Vaccinazione che però viene sfruttata solo dal 70% di chi ne avrebbe diritto: soprattutto per mancanza di informazione. C’è anche chi non è d’accordo con l’efficacia del vaccino – di recente se n’è parlato anche a livello mediatico – ma per ora la comunità scientifica resta unanime sul vaccino per i 9 ceppi a elevata oncogenicità, ovvero quelli correlati a tumori.
Nel mio caso – essendo appunto un ragazzo omosessuale – il test a cui mi hanno sottoposto è stato un pap test anale (tra l’altro già che c’erano mi hanno testato anche per la clamidia). Non è stato propriamente piacevole – diciamo che la sensibilità e la delicatezza della dottoressa che me l’ha fatto hanno ampi argini di miglioramento – ma farlo è stato provvidenziale. Un mese dopo è arrivato l’esito: positivo. Ho contratto ben tre ceppi del virus: due a basso rischio e uno ad alto. Hanno riscontrato anche delle alterazioni cellulari superficiali durante l’anoscopia e, per questo, ora sono in lista per la biopsia. Dovranno valutare il tipo specifico di lesioni che il virus mi ha creato così da essere in grado di monitorarle e decidere se e quando rimuoverle prima che generino un tumore. “Può essere che restino così come sono, che spariscano da sole o che progrediscano”, mi è stato detto. Per fortuna il tumore dell’ano impiega molto tempora svilupparsi (8-10 anni) e la dottoressa mi ha assicurato che – se sarò ligio al mio dovere di paziente e mi farò controllare periodicamente – lei interverrà prima che si possa arrivare al cancro. Valuteremo anche la possibilità del vaccino, visto che potrei contrarre anche altri ceppi.
Uno dei grandi fraintendimenti su questo virus è, come dicevo all’inizio, quello secondo cui sarebbe un problema femminile. Quando sentiamo parlare di Papilloma virus pensiamo subito al possibile tumore al collo dell’utero. La realtà è più complessa. Di Papilloma virus esistono varie tipologie e alcune di queste colpiscono anche gli uomini. Nel 2013 il Guardian ha riportato alcune dichiarazioni di Michael Douglas (eterosessuale) che attribuiva il suo cancro alla gola proprio al virus dell’HPV, ovvero al sesso orale. Nell’uomo l’HPV può colpire il pene, l’ano, la bocca. I maschi tendenzialmente non si preoccupano del virus e non si sottopongono ai test. Questo nonostante il rischio di infettarsi (e quindi di essere anche portatori del virus contagiando le partner), sia in realtà ben più alto negli uomini che nelle donne. Quasi metà degli uomini negli Stati Uniti ha un’infezione da virus HPV.
La correlazione tra HPV e sesso orale è legata al fatto che il Papilloma virus si trova normalmente nell’area genitale ma anche perianale e quindi, se la mucosa genitale viene a contatto con la mucosa della bocca, il virus ha altissime probabilità di infettare. Secondo le stime dei ricercatori americani entro il 2020 i tumori della bocca causati dall’HPV saranno più numerosi di quelli dell’utero. Stando ai dati dei Centers for Disease Control and Prevention statunitensi, sono circa 12.000 le nuove diagnosi di queste neoplasie correlate all’HPV ogni anno negli Usa e oltre l’80% riguarda i maschi. Il rischio aumenta per due fattori principali: fare sesso orale con diversi partner ed essere fumatori.
Contrarre il Papilloma virus non è affatto raro: l’infezione nella maggior parte dei casi non porta ad alcuna alterazione e sparisce da sé, ma altre volte invece rimane e provoca lesioni precancerose pericolose. Ovviamente per difendersi il primo passo è sapere di essere contagiati, ovvero fare il test. Le zone da testare sono vagina, ano, bocca. Sapere se si ha l’HPV (e quale ceppo) è fondamentale per poter intervenire velocemente e iniziare i controlli periodici. Un buon modo per saperne di più è farsi un giro sul sito della Missione Tucano, campagna di sensibilizzazione ideata dal “Centro Nazionale di eccellenza in Citologia e Istologia New Citology” di Roma.
Di malattie sessualmente trasmissibili non si parla mai molto. E quando lo si fa si rimane sempre a un livello di comunicazione asettico, da opuscolo informativo o da campagna di prevenzione. Tutti strumenti importantissimi, sia chiaro, ma che rischiano di passarci a fianco senza toccarci davvero come dovrebbero. Chi si occupa di questi temi dovrebbe tener conto, ad esempio, del potere delle storie individuali e degli esempi concreti, e usarli per far arrivare forte e chiaro il messaggio che le persone dovrebbero aver scolpito in testa: è meglio sapere.
Al momento della diagnosi ho chiesto alla dottoressa: “Esiste una cura?”. “No, altrimenti gliel’avrei già prescritta”. L’HPV non può essere curato ma può essere monitorato. Il che è già molto. È più che normale sentirsi inquieti all’idea di farsi toccare o ispezionare in posti rispetto ai quali sin da bambini ci viene insegnato il pudore e la vergogna. Trasferire la sessualità e certe parti del corpo dall’intimità agli studi medici è innaturale e tutti ne faremmo volentieri a meno, ma bisogna riconoscere di essere davanti a un aut aut: preoccuparsi dell’integrità e della salute delle proprie paure – che sanno benissimo come farsi sentire – oppure del proprio corpo, che purtroppo spesso resta in silenzio finché non è troppo tardi.