Questa mappa mostra i danni causati dai No-Vax nel mondo

Mentre in Italia il dibattito sull’obbligatorietà o meno dei vaccini si fa sempre più infuocato, la Global vaccine alliance, organizzazione internazionale che si occupa di agevolare l’accesso ai vaccini nei Paesi in via di sviluppo, ha pubblicato una mappa interattiva che traccia nel tempo, in tutto il mondo, i focolai di alcune malattie facilmente prevenibili con un vaccino, mettendo così in evidenza i danni progressivi causati dai movimenti antivaccinisti.

La mappa, redatta per la prima volta nel 2008 dal Council of foreign relations degli Stati Uniti, è stata recentemente aggiornata con i dati dal 2008 al 2016, e pubblicata sul blog informativo Vaccines Work. Le informazioni utilizzate provengono da fonti governative, dai media e da varie organizzazioni di salute pubblica, e prendono in considerazione diverse malattie, tra cui poliomielite, morbillo, parotite, rosolia e pertosse. La mappa può essere consultata per anno o per tipo di malattia e include anche le infezioni ai danni degli operatori sanitari. Navigandola, ci si aspetterebbe di trovare le situazioni più difficili nei Paesi in via di sviluppo, dove non tutti hanno accesso alle cure sanitarie di base. Eppure ci sono focolai di infezioni che sembravano ormai sotto controllo da anni anche nei Paesi più industrializzati: epidemie di pertosse negli Stati Uniti, ritorno della poliomielite ed epidemie di morbillo in alcune regioni d’Europa. Ed è proprio questa la situazione che desta maggiori preoccupazioni: il morbillo, infatti, è una malattia estremamente contagiosa causata da un virus del genere morbillivirus, che in alcuni casi può avere gravi complicanze, alcune delle quali possono portare anche alla morte. La situazione descritta nella mappa, riconosciuta dalla comunità scientifica come importante mezzo di sensibilizzazione sull’importanza delle vaccinazioni per prevenire alcune malattie, è confermata anche da un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità pubblicato lo scorso 20 agosto: nei primi sei mesi del 2018, solo in Europa, si sono verificati oltre 41mila casi di morbillo, con 37 decessi. Sette nazioni, tra cui l’Italia, hanno superato il migliaio di infezioni, e questo ha messo in allarme la Commissione regionale europea di verifica per l’eliminazione del morbillo e della rosolia, preoccupata per le sempre più scarse coperture vaccinali.  In un rapporto che analizza i focolai europei di morbillo nel 2017, l’Italia è seconda solo alla Romania, con 5004 casi, il 35% di tutti quelli riportati nell’Unione Europea. “Una buona salute per tutti,” dice Zsuzsanna Jakab, direttore regionale Oms per l’Europa, “parte dalla vaccinazione, e finché non elimineremo il virus non riusciremo a tener fede agli impegni per gli obiettivi di sviluppo sostenibile.” Possiamo debellare questa malattia, continua Jakab, “ma non ci riusciremo se non ci impegniamo tutti a immunizzare noi stessi, i nostri bambini, i nostri pazienti, le nostre popolazioni, e se non ricordiamo a tutti che i vaccini salvano la vita.”

Zsuzsanna Jakab

Il vaccino anti-morbillivirus fa parte del trivalente Mpr, che immunizza anche contro parotite e rosolia; è disponibile dal 1971 e ampiamente utilizzato in tutto il mondo dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso. In Europa il vaccino Mpr è consigliato (e in 12 nazioni, tra cui la Francia, la Grecia e l’Italia, fa parte delle vaccinazioni obbligatorie) e disponibile per tutti. E allora perché proprio nel Vecchio continente si registra un così alto numero di focolai? Il motivo è da ricercarsi nel sempre più evidente scetticismo nei confronti dei vaccini. Le prime obiezioni, inizialmente di carattere etico, ideologico e religioso, risalgono al 1796, anno in cui Edward Jenner scoprì il primo, contro il vaiolo. In tempi più recenti sono arrivate le critiche sulla sicurezza dei farmaci utilizzati e quelle sugli interessi economici delle case farmaceutiche. Il caso più eclatante però, quello che ha fatto nascere il vero e proprio movimento antivaccinista in tutto il mondo, ha avuto origine in Inghilterra nel 1998, quando il medico Andrew Wakefield ha pubblicato su The Lancet, un’importante rivista scientifica, un articolo in cui metteva in correlazione proprio il vaccino trivalente Mpr con l’autismo e alcune malattie intestinali croniche, prendendo in esame appena otto pazienti. Come conseguenza, in Inghilterra e nel resto d’Europa ha iniziato a manifestarsi un sentimento di crescente sfiducia nei confronti dei vaccini e della medicina ufficiale. Nel 2003, nel solo Regno Unito, la copertura vaccinale è scesa dal 90 al 79%. Un anno dopo, nel 2004, dopo la morte di un tredicenne a causa di un’infezione da morbillo, un giornalista del Sunday Times ha iniziato a investigare su Wakefield e sui dati da lui presentati, scoprendo che molte delle famiglie citate nello studio facevano parte di una class action contro la casa farmaceutica produttrice del farmaco.

Andrew Wakefield

A causa del conflitto d’interessi, dieci dei suoi co-autori hanno ritirato il supporto all’interpretazione dei dati. Nel 2010 il General Medical Council britannico ha avviato un’indagine per condotta antiscientifica su Wakefield e su due suoi ex-colleghi, dimostrandone in seguito la colpevolezza. Dopo dodici anni dalla sua pubblicazione, The Lancet ha ritirato l’articolo per frode scientifica e condotta professionale scorretta, e Wakefield è stato radiato dall’albo dei medici. Questo non gli ha impedito di fare danni altrove: ancora oggi Wakefield tiene incontri e conferenze negli Stati Uniti, dove ha anche fondato l’Autism Media Channel, fondazione che continua a promuovere le sue teorie attraverso brevi video documentari, come il tanto discusso Vaxxed. Nonostante le misure prese dal GMC, le prove inoppugnabili sulla non scientificità delle sue ricerche e le rassicurazioni dell’Oms sulla sicurezza dei farmaci, ancora molti genitori, sia negli Stati Uniti che in Europa, sono convinti che i vaccini possano causare l’autismo. Ecco quindi che le coperture vaccinali calano, e si verificano epidemie di morbillo e altre malattie facilmente evitabili. Ma com’è la situazione in Italia? Come dimostrano la mappa del Gavi e i dati dell’Oms, non è affatto rosea. A partire dal 2013, come segnalato dal Rapporto Vaccini 2017 dell’Agenzia italiana del farmaco, si è verificata una progressiva diminuzione del ricorso ai vaccini. La copertura del già citato Mpr, ad esempio, nel 2014 si attestava intorno all’86% – una percentuale insufficiente per raggiungere la cosiddetta immunità di gregge, quel fenomeno per cui, una volta raggiunto il 95% di copertura vaccinale, si possono considerare al sicuro anche le persone non vaccinate, dal momento che l’infezione non ha più la possibilità di essere trasmessa. Nel 2017, proprio per cercare di aumentare le coperture, si è reso necessario un intervento legislativo in materia di obbligatorietà vaccinale, che ha già dato i primi frutti: secondo i dati presentati dall’Istituto superiore di sanità, già nel primo bimestre del 2018 la copertura vaccinale è salita, a livello nazionale, al 92%. Ma ancora non basta, e i casi di morbillo che si sono verificati nei primi sei mesi di quest’anno – 2029 dal 1 gennaio al 30 giugno, con 4 decessi – lo dimostrano. La reticenza verso i vaccini ha radici profonde: può essere in parte dovuta al fatto che si tratta di farmaci che non curano direttamente una malattia, ma la possibilità di contrarla. E dal punto di vista emotivo, il fatto che siano coinvolti dei bambini ha un peso importante. Il caso Wakefield, inoltre, ha messo in luce un altro aspetto: ad oggi, nonostante tutti i progressi fatti in campo medico e scientifico, le cause dell’autismo non sono ancora note. Per i genitori di bambini con disturbi dello spettro autistico, l’aver trovato un presunto legame causa-effetto per una malattia ancora poco conosciuta è stato quasi un sollievo. La prevenzione, però, resta la migliore arma che abbiamo per difenderci da malattie che possono rivelarsi mortali. I vaccini hanno sì degli effetti collaterali, ma esattamente come tutti gli altri farmaci, anche quelli di cui talvolta tendiamo ad abusare: e allora perché non ci facciamo scrupoli nel prendere un antidolorifico ai primi segni di un banale mal di testa, nonostante tutte le sue controindicazioni anche gravi, mentre siamo ancora così scettici verso medicinali che possono salvare delle vite?

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