Per diversi secoli scienza, filosofia e religione sono stati visti come mondi separati e antitetici. Eppure, filosofia e scienza sono nate come un un’unica entità, un unico strumento per scoprire la natura essenziale delle cose. Ai discepoli della scuola filosofica di Mileto, fondata dal greco Talete nel sesto secolo a.C., si insegnava che non esisteva distinzione tra spirito e materia. La natura, concepita come il principio di ogni cosa, veniva chiamata Physis in greco antico. Tra i filosofi presocratici, Talete è considerato il precursore di quella “ricerca del tutto” che sarebbe proseguita nei secoli successivi, quando filosofi e matematici erano spesso la stessa persona. L’origine comune ha poi dato il via a due percorsi paralleli e spesso in contrasto l’uno con l’altro. La frattura tra scienza e religione raggiunse il suo picco nel Sedicesimo secolo, quando la rivoluzione scientifica mise in discussione alcuni dogmi della Chiesa. L’indagine con i nuovi metodi scientifici e i suoi risultati sembravano inconciliabili con la verità della Bibbia, spingendo la Chiesa ad agire contro gli scienziati “eretici”, processandoli e costringendoli all’abiura forzata delle loro teorie. L’esempio più eclatante è quello di Galileo Galilei, che nel 1633 fu obbligato a ritrattare le proprie idee davanti al tribunale dell’Inquisizione. Soltanto nel 1992, con il discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze scritto da papa Giovanni Paolo II, la Chiesa ammise i propri errori riabilitando il lavoro dello scienziato. Il riconoscimento di una possibile coesistenza pacifica tra religione e scienza è stato l’ultimo atto di un nuovo percorso comune dell’universo scientifico e di quello filosofico, riuniti solo agli albori del Novecento sotto il nome di fisica quantistica.
All’inizio del secolo scorso, il mondo della fisica si trovò a fare i conti con alcune domande che non potevano trovare risposta nelle teorie classiche. L’elettrone non poteva essere solo una particella e alla luce la definizione di onda stava stretta. Il fermento suscitato da nuovi fenomeni a livello atomico e subatomico imponeva una svolta radicale, l’allontanamento dai postulati della fisica classica e dalle teorie sull’elettromagnetismo di James Maxwell per avventurarsi su strade inesplorate. I più prestigiosi fisici del mondo si misero all’opera e diedero inizio alla rivoluzione.
Max Planck, Albert Einstein, Niels Bohr, Werner Karl Heisenberg e Erwin Schrödinger nei primi trent’anni del Novecento gettarono le basi per cambiare le regole del gioco. Il nostro gioco. In pochi decenni gli sconvolgimenti in campo scientifico arrivarono uno dopo l’altro: gli atomi che assorbono ed emettono radiazioni in modo discontinuo e la nascita dei quanti; i quanti di luce, poi chiamati fotoni, che trasportano l’energia del campo elettromagnetico; la quantizzazione del moto orbitale dell’elettrone nella nuova interpretazione dell’atomo di idrogeno; la meccanica delle matrici e la meccanica ondulatoria; il principio di indeterminazione e quello di complementarità. Nulla fu più come prima. La conoscenza delle leggi che regolano la natura risolsero molte domande che l’uomo si fa da millenni, ma ne lasciarono irrisolte molte altre, riducendo anno dopo anno la distanza tra scienza, filosofia e fede.
Nel novembre del 2018 nel Tempio tibetano principale di Dharamsala, città dell’India e sede del governo in esilio del Tibet, il Dalai Lama è stato acclamato dal pubblico e salutato affettuosamente dai monaci del tempio. Dopo aver omaggiato la statua del Buddha, si è avvicinato a un tavolo rettangolare e ha fatto cenno ai suoi ospiti di essere pronto per l’incontro/dialogo. Gli ospiti non erano monaci, ma scienziati cinesi e di Taiwan, invitati per discutere con lui di fisica quantistica, argomento che sta molto a cuore al quattordicesimo Dalai Lama.
Quando trent’anni fa il Dalai Lama ha iniziato ad appassionarsi alla scienza e in particolare alla fisica quantistica, organizzando incontri con gli scienziati di tutto il mondo, un amico buddista l’ha ammonito spesso con la frase “La scienza uccide la religione”. Il Dalai Lama ricorda di avergli sempre risposto garbatamente, spiegandogli che la scienza è un metodo per conoscere la realtà e che per questo motivo non rappresenta una minaccia per la dottrina del Buddha. Secondo alcuni testi del buddismo tibetano, l’universo è nato da particelle di spazio, con modalità simili a quelle descritte nella teoria del Big Bang. Inoltre, per la dottrina buddista ogni oggetto è costituito da minuscole particelle sottili, come dimostrato anche dalle recenti scoperte della fisica quantistica. Per spiegare questi punti d’incontro tra la sua fede e scienza, il Dalai Lama ha dichiarato durante un’intervista: “Fino alla fine del Ventesimo secolo l’attenzione della ricerca scientifica si concentrava soprattutto sul mondo materiale. Adesso gli scienziati mostrano un maggiore interesse per la mente, anche per la coscienza sottile”. Già nel corso del meeting annuale del 2005 della Society for Neuroscience, a Washington, il Dalai Lama si era soffermato sui punti in comune tra spiritualità e scienza, dichiardando: “Da un punto di vista filosofico, sia il buddismo che la scienza moderna nutrono una grande diffidenza verso qualsiasi nozione di assoluto, concettualizzato come essere trascendente, principio eterno e immutabile di anima, o come il sostrato fondamentale della realtà. Buddismo e scienza credono in una emersione ed evoluzione del cosmo e della vita nei termini di una complessa interrelazione di leggi naturali di causa ed effetto”. Questi principi non influenzano soltanto la fede buddista, ma diverse dottrine religiose nate in estremo Oriente nel corso dei millenni.
Il manifesto del legame tra fisica quantistica e filosofie orientali è Il Tao della Fisica, scritto nel 1975 dal fisico austriaco Fritjof Capra. Nel testo lo scienziato analizza la “struttura intrinsecamente dinamica dell’universo” della fisica moderna equiparandola ai principi di movimento delle dottrine orientali. La danza cosmica Tandava della divinità indù Shiva, ad esempio, mostra dei punti di contatto affascinanti con la teoria del Big Bang. Quando “il Signore della danza” inizia a muovere le sue quattro braccia puntandole verso i punti cardinali, fa tremare la terra, creando una vibrazione che si estende per tutto l’universo che si distrugge sotto questo ritmo e, dissolvendosi, perde la sua energia fino a farla confluire in un unico punto, che a sua volta scompare lasciando spazio al vuoto. Quando Shiva riprende a danzare, il suo movimento porta le energie confluite nel vuoto a dare origine a una nuova esplosione e alla creazione di un universo rinnovato.
Anche il taoismo trova dei punti di incontro con le teorie scientifiche moderne grazie al concetto di yin e yang. Ma il legame più stretto tra taoismo e fisica quantistica è rappresentato dal concetto di vuoto. Rispetto alla fisica classica, dove è presente la contrapposizione tra particelle di materia e vuoto, nella fisica moderna il vuoto non è un’assenza dell’essere, ma il luogo dove le particelle si generano e distruggono in un’azione perpetua. Allo stesso modo nel taoismo il vuoto costituisce l’universo quanto il suo opposto, tanto da affermare che “L’essenza sta nel vuoto”. Una massima cara anche ai filosofi greci che sostenevano che “la natura aborrisce il vuoto”. A secoli di distanza, la fisica è arrivata a conclusioni simili con la teoria del vuoto quantistico, un equilibrio dinamico di particelle di materia e antimateria impegnate in una spirale continua di creazione e annullamento.
Il fisico Anton Zeilinger, famoso per aver realizzato il teletrasporto quantistico con i fotoni, non ha mai visto un’opposizione tra fede e scienza. Secondo la sua visione del mondo, “Il più grande impatto della fisica quantistica è l’aver messo in discussione la nostra visione meccanicistica del mondo. Il principio di causalità non è più sostenibile, fede e scienza si completano a vicenda”. Storicamente fede e scienza si sono incontrate, scontrate e di nuovo allontanate in un processo che non sembra ancora arrivato alla fine. Le future conquiste in ambito scientifico potrebbero portare la fisica su posizioni definitivamente opposte a filosofia e religione, o al contrario avvicinarle in un percorso comune di conoscenza. Sicuramente l’ultimo secolo ha gettato un ponte tra mondi apparentemente inconciliabili, creando un dibattito che è solo all’inizio.