Attorno alle droghe nootropiche c’è ancora molta confusione. Ad averla creata è stato l’incontro fatale tra il sensazionalismo giornalistico, gli inconsci desideri di onnipotenza dell’uomo e il peggio del cinema americano. Ovvero Limitless, un film dal titolo eloquente, che mostra gli effetti di un generico farmaco nootropico dal simpatico nome di NZT con la stessa onestà con cui negli USA degli anni ’30 certe pubblicità progresso rappresentavano gli effetti negativi della marjuana e quelli positivi del tabacco. Cioè, in modo non proprio scientifico. Da allora, l’immagine del consumatore di marijuana si è evoluta dall’assassino dionisiaco al rastafariano un po’ fesso. Quella sostanza, ha smesso di essere minacciosa per la società: è stata tollerata, assimilata e quindi neutralizzata. Ma i nootropi hanno delle peculiarità che li distinguono radicalmente da qualsiasi altra droga e che lasciano presagire un cammino di emancipazione diverso e, probabilmente, molto più veloce.
La loro eccezionalità è infatti annunciata già dal nome che, nelle lingue romanze, mette insieme i termini greci “nóos”, intelligenza, e “tròpein”, prendersi cura. Nei Paesi anglofoni, invece, si chiamano più semplicemente Smart Drugs, droghe intelligenti. Questo segnala già che il valore d’uso di queste sostanze è di segno opposto a quello delle droghe cosiddette ricreative: non una diminuzione o un’alterazione dei propri stati di coscienza, ma un potenziamento. Secondo l’OMS, si legge sul sito dei Carabinieri, le droghe sono classificabili in tre categorie fondamentali: deprimenti, stimolanti, allucinogene. Le droghe nootropiche però non sembrano appartenere a nessuno di questi generi, ma a un quarto, non segnalato, a quanto ci risulta, da nessun organo di controllo: le droghe prometeiche.
Prometeo rubò il fuoco per donarlo all’uomo che viveva allora in un’eternità primitiva e immobile. E l’uomo, grazie all’eroismo di Prometeo, poté cominciare il suo cammino nella storia, imparando a cucinare il proprio cibo e liberandosi per molti secoli dal sushi. Non diversamente, le sostanze nootropiche promettono un progresso senza limiti dell’esperienza di vita. Sembra, infatti, che quando la tecnologia convenzionale abbia esaudito tutti i desideri dell’uomo non gli resti che rivolgersi alla biotecnologia. E infatti su questa suggestione si è già raccolta una folta schiera di persone che ha avviato un movimento culturale, il Transumanesimo, che sostiene l’uso della scienza per superare i limiti biologici dell’uomo. I sostenitori di questo movimento immaginano un “rassicurante” futuro in cui l’integrazione uomo-macchina e il biohacking riusciranno a modificare sostanzialmente l’essere umano fino a fargli fare un altro passo in avanti nel suo cammino evolutivo. Dalla scimmia all’uomo, dall’uomo a Robocop.
Sul tema si è espressa anche una voce autorevole come quella di Francis Fukuyama, noto economista e politologo statunitense, autore del best seller “La fine della storia”, che in un testo del 2002 in cui tratta proprio delle conseguenze della rivoluzione biotecnologica afferma perentoriamente che “lo scopo originario della medicina è di curare le malattie, non di trasformare le persone sane in dei!”. Tuttavia, non bisogna credere che i transumanisti siano soltanto una setta di esaltati e che il futuro che prospettano sia così lontano da noi. Infatti, sono già presenti nella nostra società tecnologie che hanno modificato radicalmente la nostra esperienza di vita e per questo invitiamo chiunque abbia interesse ad approfondire il tema a visitare questo strano sito che promette di rendere chiunque onnisciente.
È evidente che la possibilità di aumentare in modo innaturale e sovrumano le capacità delle persone impone numerosi quesiti etici. E infatti, sulle droghe nootropiche aleggia lo spettro del doping: non quello sportivo, o almeno non esclusivamente, ma quello che già in molti chiamano doping accademico. Un’università americana, la Duke University, ha addirittura inserito esplicitamente nel proprio regolamento il divieto di far uso di farmaci per aumentare la “perfomance accademica”. È proprio nelle università, infatti, specialmente in quelle più competitive, che hanno cominciato a diffondersi questi farmaci fino ad arrivare, in tempi più recenti, alla Sylicon Valley dove, come succede a tutte le cose che passano da quelle parti, si sono trasformate in un vero e proprio business. Sembrerebbe quindi che esista una connessione fra l’uso, o l’abuso, di farmaci performativi e lo stress percepito in contesti accademici e professionali particolarmente competitivi. E allora la morale forse non andrebbe fatta solo a chi cerca aiuto in un farmaco per mantenere le proprie prestazioni a certi livelli, ma anche a chi a quei livelli ti chiede di stare.
Ma cosa sono, veramente, queste pasticche miracolose? I farmaci nootropici di maggiore diffusione sono fondamentalmente due: i Racetam e il Modafinil. Nessuna di queste due sostanze è stata sintetizzata in segreti laboratori della CIA durante la guerra fredda con l’obiettivo di rendere il popolo americano più intelligente dei suoi nemici – e fosse stato così il fallimento di questa operazione sarebbe stato lampante. Il Piracetam, primo farmaco della classe dei Racetam ad essere sintetizzato, nasce per alleviare i sintomi dell’Alzheimer. Il Modafinil per curare la narcolessia. La comunità scientifica è oggi abbastanza unanime nel riconoscere l’efficacia dei due farmaci per le rispettive patologie, tant’è che sono entrambi commercializzati – sebbene in Italia sotto prescrizione medica. Ma si tratta, a ben vedere, di nient’altro che di un palliativo per la demenza e di un promotore della veglia. Tutti gli altri effetti, invece, sono scarsamente documentati nelle ricerche scientifiche e sono riportati più che altro da chi ne fa uso. E poiché Internet è una miniera inesauribile di aneddoti, basta sapere dove cercare per farsi un’idea, per quanto incerta, di questo genere di droghe.
Sono i forum a offrire a imperitura memoria le migliori testimonianze per ogni genere di esperienze. Lì si leggono opinioni generalmente favorevoli, a volte persino entusiastiche, circa: una maggiore fluidità verbale, una riduzione dell’ansia sociale, un incremento del tono dell’umore e, nel caso del Modafinil, un effettivo aumento dello stato di allerta e una diminuzione del sonno. Ma nessuno di questi effetti sembra giustificare l’idea che le droghe nootropiche ci rendano più intelligenti, o meglio, ci rendano diversamente intelligenti, che ci abilitino, cioè, a compiere azioni che non potremmo compiere in uno stato di normalità. Quello che si evince è che le droghe nootropiche non possono farci essere diversi da ciò che siamo, ma possono aiutare a mantenerci più a lungo al nostro massimo livello di lucidità e produttività. D’altronde viviamo in una società che ci assegna continuamente la missione di riuscire a essere la versione migliore di noi stessi. Su questa esigenza prospera il mercato dei corsi motivazionali, delle palestre, delle diete e di ogni altra cosa su cui siamo disposti a investire del denaro in cambio della speranza di poter avere una marcia in più.
Come viene riportato in una ricerca della London School of Economics, “Da questa prospettiva etica, le sostanze nootropiche non sono diverse dalla caffeina, o dal fare esercizi per la mente o al far ascoltare musica classica ai bambini per sviluppare meglio la loro intelligenza”. Se dovessero avere ragione, forse un giorno vivremo in una società in cui le droghe nootropiche saranno vendute al supermercato o in comodi 24h e non le giudicheremo più disoneste di una caffè o, al massimo, da di uno spinello.