Ogni anno nel mondo circa 12mila persone muoiono per cause legate alle ondate di calore. Questo numero è in aumento e se le città non dovessero adeguarsi al cambiamento climatico le vittime potrebbero diventare in poco tempo più di 250mila l’anno. Già nel periodo compreso tra il 1991 e il 2015 il caldo eccessivo è stato il più letale tra i fenomeni atmosferici estremi. L’estate del 2003, ricordata per l’impennata delle temperature, ha fatto registrare in alcune città italiane un aumento della mortalità del 25% e una generale crescita dei ricoveri ospedalieri (in Europa le vittime furono più di 30mila). A ciò si aggiungono le perdite economiche, che in Europa ammontano a quasi 400 miliardi di euro negli ultimi trent’anni, tra posti di lavoro rimasti vacanti e spese sanitarie legate all’incidenza di problemi al cuore, infarto, malattie polmonari, cancro ai polmoni e infezioni respiratorie infantili.
Piantare alberi è una strategia economica ed efficace contro la calura estiva. Troppo spesso, invece, le piante vengono tagliate per rendere più agevole la manutenzione stradale o per debellare il rischio caduta. L’attuale legge italiana, infatti, tutela solo gli alberi monumentali o di particolare pregio artistico o culturale, dimenticando tutti gli altri. Chi si occupa di loro quotidianamente, come il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, vorrebbe che la deforestazione fosse trattata come un crimine contro l’umanità, perché piantare alberi è l’unica soluzione per contrastare il cambiamento climatico, mentre il climatologo Luca Mercalli sottolinea come la deforestazione sia tra le cause dell’emergenza climatica.
Più verde nelle città contribuisce a migliorare la qualità della vita degli abitanti e rende l’aria più respirabile, con ulteriori effetti positivi. Il caldo eccessivo ha infatti un pesante impatto anche in termini sociali: determina una diffusione dei crimini, diminuisce la capacità di attenzione con conseguenze sulle abilità cognitive degli studenti – con performance in calo già oltre i 22 gradi e in netto peggioramento oltre i 26. Inoltre aumenta i livelli dell’inquinamento atmosferico dovuti all’accumulo di sostanze inquinanti e calore causato dai sistemi di alta pressione che in estate si muovono lentamente, e alla scarsità di precipitazioni sempre più tipica delle nostre estati. La siccità, unita a venti deboli e ai violenti raggi del sole, provoca una stagnazione delle polveri sottili, mentre la maggiore aridità provoca un aumento delle temperature del suolo.
Gli alberi contribuiscono a limitare tutto questo: con la loro ombra e con il vapore rilasciato durante la fotosintesi da un lato diminuiscono la temperatura dell’aria e dall’altro riducono l’inquinamento su più fronti. Lo fanno, ad esempio, le piante coltivate sulle pareti esterne e sui tetti degli edifici, che impediscono alle superfici di assorbire i raggi del sole e di aumentare la temperatura esterna riflettendoli. Schermando gli edifici dal sole grazie alla loro ombra, le piante fanno calare il consumo di energia elettrica necessaria per gli impianti di condizionamento, causa di un massiccio danno ambientale. Il report The future of cooling dell’International Energy Agency sottolinea che il fabbisogno di energia degli impianti di condizionamento (concentrati oggi per lo più negli Stati Uniti, in Giappone, Arabia Saudita e sempre più in Cina) triplicherà da qui al 2050, diventando il secondo settore per domanda dopo l’industria. Mentre si lavora per rendere più efficienti gli impianti, ci troviamo in un circolo vizioso: più le temperature medie si alzano, più sono necessari i condizionatori, che a loro volta contribuiscono al surriscaldamento globale.
Le piante uniscono all’effetto benefico dell’ombra e dell’abbassamento della temperatura percepita la capacità di filtrare le polveri sottili e assorbire tra 10 e 20 kg di CO2 all’anno per ciascun albero di media altezza. Una caratteristica sempre più importante, dato che la quasi totalità della popolazione urbana della Terra respira quotidianamente aria inquinata. Considerando che la maggior parte degli abitanti del Pianeta entro qualche decennio (il 68% nel 2050, secondo le proiezioni) vivrà in città, siamo di fronte all’inizio di un’emergenza sociale, economica e politica. Secondo l’Oms, infatti, ogni anno sono circa 7 milioni le morti premature legate all’inquinamento atmosferico – circa una su otto – con un danno economico che solo in Europa, dove le vittime sono 600mila, si aggira intorno agli 1,6 trilioni di dollari.
Lo European Data Journalism Network ha riportato lo scenario dell’aumento delle temperature tra il ventesimo e il ventunesimo secolo nel nostro continente: tra le città europee più colpite ci sono Milano e Genova, con una crescita rispettivamente di 1,36 e 1,37 gradi in cento anni, soprattutto grazie all’impennata iniziata nel 2000. Diverse amministrazioni si sono convinte delle opportunità di investire sugli alberi per migliorare la qualità dell’aria e rendere più fresche le città. Parigi, ad esempio, in collaborazione con la startup tedesca Green City Solutions ha installato i pannelli arborei ad alta tecnologia City Tree in Place de la Nation, prevedendo di montarli altrove se efficaci: la capitale francese sta iniziando a considerare gli alberi una strategia da inserire nel piano di miglioramento dell’aria di cui fanno parte il blocco della circolazione della auto inquinanti e il progetto di realizzare un parco urbano intorno alla Tour Eiffel.
In Italia il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha annunciato di voler aderire all’iniziativa dell’architetto Stefano Boeri di piantare tre milioni di alberi in città entro il 2030. Anche oltre i confini dell’Europa inizia a diffondersi la consapevolezza dell’impatto positivo degli alberi. Shanghai, in Cina, minacciata da sempre più frequenti ondate di calore, è da tempo impegnata nell’aumento della copertura arborea urbana: l’Onu ha stimato che la città abbia raddoppiato gli spazi verdi tra il 2000 e il 2008, mentre l’amministrazione cittadina continua a incoraggiare (anche con incentivi in denaro) l’installazione di rooftop garden, fornendo supporto tecnico e pratico a chi li installa. Dal 2015 almeno il 50% delle nuove costruzioni della città è dotato di rooftop garden, che entro il 2020 raggiungeranno una superficie totale di 2 milioni di metri quadri.
Se il ritorno economico dell’incremento del verde pubblico nella metropoli più popolosa al mondo è elevato, non lo è l’investimento necessario per ottenerlo. Lo studio sulle città americane Funding trees for health ha calcolato che sono necessari 8 dollari (circa 7 euro) a persona all’anno per avere effetti apprezzabili. In cambio si ha un beneficio economico – tra il risparmio di soluzioni più costose nell’immediato e di cure sanitarie sul lungo periodo – notevole: per ogni dollaro speso in favore degli alberi in California il ritorno è di 5,82 dollari e in Europa secondo Carlo Calfapietra, ricercatore del Cnr e docente, per ogni euro investito il benefit ambientale prodotto ne vale tre. Un investimento globale di 100 milioni di dollari (89 milioni di euro) nella piantumazione di alberi ridurrebbe il consumo elettrico urbano di una percentuale tra lo 0,9 e il 4,8% l’anno e incrementerebbe l’assorbimento di carbonio tra i 2,7 e le 13 milioni di tonnellate. Il risultato sarebbero città più fresche per 77 milioni di persone – con una diminuzione media delle temperature estive in città tra 1 e 2 gradi – aria meno inquinata per altre 68 milioni di persone e la riduzione dei danni dovuti ad alluvioni e smottamenti: gli alberi contribuiscono a regolare il deflusso della pioggia, proteggendo il terreno in caso di eventi climatici estremi.
Naturalmente la copertura arborea in città va progettata con attenzione, anche per evitare problemi di spazio, di intralcio con le attività quotidiane o incidenti come la caduta di rami e gli infortuni dovuti alle foglie marce sui marciapiedi in autunno. Di ciascuna specie da piantare, infatti, bisogna calcolare l’utilizzo di suolo, l’ingombro delle radici, il tasso di crescita e il fabbisogno di luce. La vera criticità sta nell’urgenza di mettere in pratica questa soluzione. Il caldo eccessivo, infatti, rende più difficile per le piante assorbire le sostanze inquinanti, come dimostrano le ricerche dell’Hawkesbury Institute for the Environment dell’Università di Sydney, da cui emerge che le ondate di calore estremo costringono gli alberi a impiegare energie per rinfrescarsi, attraverso l’aumentata traspirazione delle foglie, diminuendo la loro capacità di assorbimento di anidride carbonica.
La piantumazione massiccia non è una soluzione che è possibile mettere in pratica in qualsiasi momento perché non c’è più tempo. Le piante possono frenare l’aumento delle temperature medie e dare una boccata d’aria alle nostre città, ma bisogna capirlo in fretta. Un ulteriore ritardo nel limitare i danni dell’emergenza climatica impedirà agli alberi piantati di migliorare la qualità dell’aria e della vita di miliardi di persone in tutto il mondo.