Come Hunter Thompson ha salvato il giornalismo, distruggendolo - THE VISION

È il 20 agosto 2005 e in una fattoria poco fuori Aspen, in Colorado, è stato eretto un braccio scintillante, pugno rosso chiuso, alto 47 metri. Ora è notte e a Woody Creek (263 abitanti) arrivano bottiglie di Wild Turkey e attori di Hollywood: Jack Nicholson, Sean Penn, Bill Murray, John Cusack e Johnny Depp sono presenti. Insieme a loro John Kerry e John McGovern, entrambi senatori ed ex candidati perdenti alla Casa Bianca per il Partito Democratico.

Mr. Tamburine Man di Bob Dylan comincia a suonare e dal braccio, ora diventato un cannone, vengono sparati fuochi d’artificio che hanno i colori della bandiera americana. Nell’aria della notte illuminata di rosso, bianco e blu finiscono anche le ceneri di Hunter S. Thompson, l’autore che 30 anni prima aveva già immaginato il suo funerale e intuito che per cambiare la politica sarebbe stato necessario cambiare prima il modo di fare giornalismo.

“Allo scoccare della mezzanotte a Washington,” scriveva Hunter S. Thompson in Fear and loathing on the campaign trail ’72, “una bestia bavosa con gli occhi rossi, le gambe di un uomo e la testa di una iena striscia fuori dalla finestra della camera da letto dell’ala sud della Casa Bianca e fa un salto di 20 metri fino al giardino… si ferma per strangolare il cane da guardia Chow Chow, e poi corre via nella notte… verso il Watergate, ringhiando eccitato, saltando fra i vicoli dietro Pennsylvania Avenue”.

La bestia bavosa è il Presidente Nixon e il passaggio proviene dal libro che racconta la campagna elettorale del 1972 – un’opera che ora è lettura obbligatoria nelle scuole di giornalismo degli Stati Uniti, ma che ai tempi della sua pubblicazione, fra le pagine di Rolling Stone prima di uscire in libreria, destò subito scandalo.

Quello di Thompson non poteva essere giornalismo, dicevano i critici. Era fiction, come un romanzo di Truman Capote o Scott F. Fitzgerald: impossibile da verificare per un qualsiasi fact-checker (Pronto, è l’ufficio del Presidente Nixon? Volevamo sapere se una bestia metà uomo e metà animale si aggira di notte per la Casa Bianca) e, cosa più grave di tutte, assolutamente di parte.

“Il giornalismo tradizionale non mi soddisfa affatto,” scriveva Thompson in risposta ai suoi critici. “Ho raccontato quello che è successo! Ho dato un taglio imparziale!”, li scimmiottava. “Il giornalismo imparziale è una delle ragioni che hanno consentito ai politici americani di essere tanto e così a lungo corrotti. Non si può essere imparziali su Nixon.”

Hunter Thompson, insieme a Gay Talese e Tom Wolfe, è considerato uno dei protagonisti principali del “New Journalism”, appellativo coniato da Wolfe per identificare il giornalismo narrativo nato fra gli anni ’60 e ’70 negli Stati Uniti. Gli autori di “New Journalism” abbandonavano lo stile asettico e distaccato del giornalismo tradizionale per vivere in prima persona le storie narrate, diventandone spesso i protagonisti. Nel 1970 Wolfe partecipò alla festa che il compositore Leonard Bernstein aveva organizzato in onore del Black Panther Party, un’occasione presidiata da gran parte degli attori, musicisti e intellettuali più in voga del periodo. Muovendo da quella e da altre esperienze simili, Wolfe scrisse Radical chic: il fascino irresistibile dei rivoluzionari da salotto, coniando proprio quel termine usato ancora oggi per attaccare l’attivismo ipocrita.

Thompson passò invece un intero anno della sua vita insieme alla gang motociclistica degli Hell’s Angels. “Non ero sicuro se stessi compiendo una ricerca su di loro o scivolando lentamente tra le loro file”, disse. Thompson fu testimone in prima persona dei crimini che la gang era solita commettere in quel periodo, finché non venne picchiato a sangue da una dozzina di Hell’s Angels. Il motivo? Aver difeso la moglie di uno di loro. “Solo un coglione picchia la propria moglie,” gli aveva detto.

Gli Hell’s Angels tornarono spesso a far visita alla casa di Hunter Thompson per intimidirlo. “Vedete quella?”, disse lo scrittore durante una visita particolarmente vivace, indicando verso il muro del suo salotto. “È una doppietta carica. Può falciare due di voi alla volta.” Le visite diminuirono.

Appena il libro Hell’s Angels: the strange and terrible saga of the outlaw motorcycle gangs venne pubblicato divenne un successo. Thompson riuscì per primo a scrivere e a raccontare di quella massa bianca e rancorosa, abbandonata dalla società, a cui non interessa l’edonismo, bensì “un’etica di rappresaglia totale” nei confronti di quell’America avanzata e colta che li aveva lasciati indietro. Esattamente il medesimo tessuto sociale che cinquant’anni dopo avrebbe votato in massa per Donald Trump.

“Le autostrade sono piene di persone che guidano come se il loro unico scopo fosse quello di mettersi dietro il volante e di vendicare ogni sgarro commesso contro di loro da uomini, bestie o dal destino,” si legge fra quelle pagine. “L’unica cosa che li tiene in riga è la loro paura della morte, della prigione e degli avvocati.”

Hunter Thompson ha provato anche la strada della politica: nel 1970 si è candidato come sceriffo della città di Aspen. L’idea era quella di portare gli emarginati della società – i freak, i fissati con l’LSD, quanti avevano abbandonato l’università e il lavoro – a unirsi sotto la bandiera del Freak Power. Fra i punti della sua campagna c’erano la “flagellazione pubblica per i pusher scoperti a vendere droghe scadenti” e un cambio di nome, da Aspen a “Fat City”, per “prevenire lo stupro della città da parte di avvoltoi e sfruttatori delle risorse cittadine.” Thompson promise di licenziare tutti i burocrati e i politici conservatori in caso fosse stato eletto e si rasò la testa a zero per poter apostrofare il candidato repubblicano in corsa contro di lui “il mio avversario capellone”. Repubblicani e democratici strinsero un accordo per non sfidarsi ai seggi in cui era candidato Thompson. Nonostante questo il giornalista perse solo per pochi voti. “Abbiamo corso contro i bastardi con una piattaforma di mescalina,” commentò Thompson. Dopo la sconfitta, ritirò l’idea di portare il Freak Power su base nazionale. “Se non siamo riusciti a vincere ad Aspen, non possiamo vincere nel resto degli Stati Uniti”.

Tutto questo oggi suona assurdo, ma accettare che il ruolo di un giornalista non sia solo quello di digitare ciò che vede, bensì di interpretare la realtà e cercare di migliorarla, è stata un’intuizione di Hunter Thompson che ancora oggi varrebbe la pena seguire.

“H.L. Mencken comprese che la politica – usata nel giornalismo – è l’arte di controllare il proprio territorio, e non si è mai scusato per questo. Nel mio caso, potrei definire con delicatezza il mio stile ‘giornalismo patrocinante’: ho usato i miei pezzi come un’arma per suscitare un cambiamento all’interno delle situazioni politiche in cui ero direttamente coinvolto.”

Avere il coraggio di uscire dal gregge non è facile, così come non lo è rompere schemi già decisi e imposti come irreversibili. Quando però la fiducia in se stessi prevale sulla paura della sconfitta, allora essere voci fuori dal coro diventa un’occasione per lasciare un segno nella storia. Il racconto della storia di questo personaggio rivoluzionario è stato realizzato grazie al supporto di Volkswagen per il progetto “Born Confident”.

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