Ci sono tappe nell’adolescenza di ognuno di noi che sembrano inevitabili e un momento necessario per la formazione di ogni uomo o donna occidentale del Ventunesimo secolo che si rispetti è quello del falò di Ferragosto a base di alcolici a basso costo e schitarrate al chiaro di luna. Regina indiscussa di questo rito di passaggio, colonna portante di quel sentimento di libertà e romanticismo, è una canzone che chiunque ha ascoltato, a meno di non essere rimasto chiuso in una camera iperbarica tra il 1992 e il 2009: Wonderwall, la ballad per eccellenza degli Oasis. Un inno intergenerazionale alla plettrata acustica ed evocativa che dalla sua data di uscita, il 30 ottobre del 1995, conta non solo quasi 250 milioni di views su YouTube ma anche il primato di colonna sonora per momenti di trasporto e sentimentalismo, oltre che lo scettro di canzone più coverizzata di sempre. Dietro questa hit di cui tutti conosciamo le parole a memoria – quasi sempre senza nemmeno saperne il significato – ci sono due fratelli che hanno cambiato la storia della musica pop britannica, dando vita a un movimento culturale e a uno stile riconoscibili e intramontabili: Noel e Liam Gallagher, volto e anima degli Oasis, che da Manchester hanno segnato non solo la musica contemporanea, ma anche l’adolescenza di ognuno di noi, con quel ritornello cantato a sedici anni sulla spiaggia di notte o sugli autobus in vacanza studio.
Le coppie che in qualche modo cambiano la storia di solito vengono ricordate per un legame forte, una sinergia, una comunione di intenti; più raramente diventano simboli nell’immaginario collettivo per i loro litigi. Certo non mancano i vari Caino e Abele, né i fratelli e le sorelle d’arte che si sono odiati fino al punto di distruggersi, ma nel caso dei Gallagher questo rapporto così conflittuale e irrisolto ha assunto cifre davvero peculiari, diventando un motore propulsivo per la loro biografia. Noel, il fratello maggiore, ha abbandonato un tour con un occhio nero perché Liam non voleva dirgli dove avesse comprato le scarpe; Liam ha insultato Noel dagli spalti di un live – non poteva cantare perché era malato, o forse ubriaco – bevendo birra e fumando sigarette mentre il fratello cantava Wonderwall; durante un’intervista radio, i due fratelli si sono accusati a vicenda di essere la causa di tutti i disordini della band, per non parlare della lunga e variegata collezione di insulti che si sono lanciati negli anni, talmente tanti e ben costruiti da potersi considerare parte fondamentale della loro poetica. In un live del 1994 negli Stati Uniti, per esempio, Liam ha riadattato le parole di Live forever per denunciare che Noel si scaccolava, e poi gli ha dato un colpo di tamburello in testa. In un’intervista con NME, invece, la dolcezza e il rispetto tra i due fratelli prendono forma in parole come “dickhead” e “fucking priest”. Fino alla storica lite a Barcellona in cui Liam ha avuto la brillante idea di mettere in discussione la paternità della progenie del fratello, generando un litigio culminato con l’abbandono del tour di Noel – che poi però ritornerà, come sempre. Perché a unirli, nonostante l’odio che covano l’uno per l’altro sin da quando sono piccoli, c’è questo senso di arroganza e riscatto – “We are not arrogant, we just believe we are the best band in the world”, ha detto Noel – che si fonde con una strana armonia nella composizione e nell’equilibrio precario che ottengono i due fratelli Gallagher quando scrivono musica. Un’arma a doppio taglio: si odiano ma hanno bisogno l’uno dell’altro per dare vita all’unica cosa che di fatto li ha resi quello che sono oggi, ovvero la musica, senza la quale restano due disgraziati figli di immigrati.
A discolpa dei fratelli Gallagher, e della loro verve non proprio dedita al principio di non belligeranza che dovrebbe stare alla base di una coppia vincente, c’è infatti da dire che la loro non è stata un’infanzia semplice, né il contesto in cui sono cresciuti ha agevolato la strada dei due ragazzi con un talento per la musica. Figli di immigrati irlandesi, Liam e Noel hanno trascorso l’infanzia nel quartiere Burnage di Manchester, in una famiglia in cui le violenze domestiche del padre alcolizzato erano la quotidianità. Nel caso dei Gallagher, questa esperienza biografica disastrosa si è convertita sia nella loro musica che nel tratto sregolato e anarchico della personalità di entrambi. Non era detto che nascere e crescere in un sobborgo a nord del Regno Unito negli anni Settanta e Ottanta, sotto continue vessazioni, avrebbe fatto dei Gallagher coppia di fratelli più popolare degli anni Novanta. Anzi, il disagio sociale di quell’area del Paese non era affatto una rarità. Qualcosa di straordinario ha fatto sì però che dall’emarginazione periferica della zona povera e operaia dell’Inghilterra i Gallagher siano passati ai palchi più importanti del mondo.
Prima di diventare delle celebrità, e prima ancora di chiamarsi Oasis – il nome in origine era infatti The Rain – la band è passata come succede sempre a chi vuole fare musica in quel tunnel di insuccessi e gavetta che può portarti o a una svolta epocale o a cambiare strada. Nel caso degli Oasis, l’elemento che ha fatto sì che la band avesse delle chance per uscire dal limbo dell’irrilevanza è stato l’ingresso di Noel. Il maggiore dei Gallagher, infatti, aveva esperienza nel mondo della musica come roadie e una forte predisposizione a scrivere testi – oltre che una passione per deridere e sminuire Liam, cosa aveva fatto non appena lo aveva sentito suonare – proprio quello che mancava alla band per essere presa seriamente in considerazione dai produttori. La svolta è arrivata grazie all’incontro con l’etichetta indipendente che li ha lanciati sul mercato fino a trasformarli in idoli delle masse, la Creation Records, il cui produttore, Alan McGee, si era trovato per caso a un loro concerto a Glasgow nel 1993 e li aveva scoperti. Da lì in poi, grazie soprattutto al fiuto di McGee, i fratelli Gallagher hanno cominciato insieme agli altri membri degli Oasis – che durante gli anni di attività cambieranno spesso – una scalata segnata da qualsiasi tipo di intoppo, dalle ubriacature moleste alle risse sul palco, ma anche da un successo di tale intensità che è paragonabile solo a quello di band come Beatles e Rolling Stones, da Definitely Maybe, album di debutto con record di vendite, in poi.
Dopo l’album d’esordio e il primo singolo di successo, Live Forever, i record sono continuati: un altro singolo estratto dallo stesso album, Whatever, ha scalato le classifiche, ma il primo numero uno è Some Might Say. Siamo a metà degli anni Novanta e da quel punto in poi gli Oasis entrano nel clou del Britpop con (What’s the story) Morning Glory? – l’album dove si trova Wonderwall – seguito da Dont’ look back in anger. Alla fine di quella decade molto fortunata per la storia del pop e del rock arriva poi Be Here Now, altro album che schizza subito in vetta alle classifiche. A questo punto la carriera degli Oasis è già una sorta di leggenda e i fratelli Gallagher si impossessano di uno spazio piuttosto grande della cultura musicale moderna: vorrebbero accoltellarsi, farsi a pezzi, non vedersi mai più, eppure restano uniti da un sodalizio artistico che li tiene in piedi anche nelle peggiori tempeste. Sanno bene che la loro unione è molto più forte delle loro capacità di singoli.
Ciò che delinea l’importanza di questa band, oltre alle canzoni che hanno segnato una svolta nel mondo della musica leggera, è l’impatto mediatico e popolare che hanno avuto sul loro pubblico in quanto fenomeno culturale, l’Oasismania nei confronti di questi “Beatles del Duemila”, come piaceva definirli alla stampa di quegli anni. Non succede spesso, anzi, che l’ingresso sul mercato di un artista – di una coppia di artisti, in questo caso – abbia una tale influenza da diventare un fenomeno a sé stante, fatto di codici precisi, linguaggi condivisi che passano attraverso lo stile, l’estetica, qualsiasi cosa che il fan possa utilizzare come chiaro segno di appartenenza a qualcosa, a un vero e proprio movimento culturale, quello del Britpop. Di fronte a un’ondata così potente di carattere e riconoscibilità ci si trova sempre spiazzati, non potendo sapere se si tratterà di una fase passeggera, di una sorta di Blitzkrieg dello stile che dopo poche stagioni si convertirà in qualcos’altro, o se si abbia di fronte un fenomeno che marchierà a fuoco una generazione. Il concentrato di britishness e la forza con cui per l’ennesima volta il Regno Unito è riuscito a produrre un’espansione musicale della sua essenza così ammaliante da farci sognare tutti di farne parte, dal ventenne di Frosinone alla studentessa di Stoccolma, è proprio il fulcro della potenza di questa coppia di fratelli scapestrati e violenti. Cosa c’è di più attraente di un duo così maledetto ma al contempo quintessenza di coolness?
Non è un caso che questo sentimento di appartenenza a un movimento, a una sottocultura giovanile che segna con forza non solo gli anni Novanta ma anche tutta la produzione rock e pop successiva – non ci sarebbe stata l’esplosione dell’indie rock senza quella del Britpop – sia sfociata in fenomeni mediatici come la famosa Battle of Britpop, come la definisce la rivista NME. Nel 1995, infatti, l’uscita di un singolo degli Oasis coincide con quello dei Blur, antagonisti fino a quel momento rispettati con una certa cavalleria ma che diventeranno la nemesi per eccellenza dei fratelli Gallagher, parte di schieramenti opposti anche per connotazione geografica (e sociale) – con gli Oasis che venivano dal Nord dell’Inghilterra, mentre la band di Damon Albarn era partita dal Sud. Non solo queste band dominano le classifiche e dettano legge sul come vestirsi, cosa bere e che taglio di capelli per sentirsi parte del movimento, ma si divertono pure a sfidarsi in duelli che sanno bene diventeranno momenti cult per diverse generazioni.
Non è detto che per fare squadra si debba andare d’accordo, e Liam e Noel Gallagher sono la prova del fatto che a volte è proprio dagli attriti che si generano cose incredibili come una band in grado di segnare per sempre la storia della musica. E forse proprio in questo tormento costante, in tutte le volte in cui si sono fatti male da soli, in cui si sono impediti a vicenda di lavorare bene e di godersi la grandezza della loro impresa, forse proprio senza questa perenne rivalità non avrebbero avuto lo stesso impatto. I fan degli Oasis vivono in un limbo di speranza dal 2009, l’anno della loro definitiva rottura. Ogni volta che c’è la possibilità di un loro ritorno il mondo implora, ma alla fine non accade mai ed entrambi hanno avviato la propria carriera da solisti. L’unica cosa che continuano a fare senza sosta, ovviamente, è litigare. E non è forse un bellissimo spettacolo anche questo? Intanto noi continuiamo a suonare e a cantare Wonderwall ai falò, con la chitarra scordata e le parole mezze inventate.
Non è facile scendere a compromessi quando a esprimersi è il genio creativo, ma ci sono capolavori del mondo dell’arte, della musica, del cinema e della cultura rimasti immortali che non sarebbero mai nati senza la collaborazione, più o meno controversa, tra due personaggi il cui incontro sembrava inevitabile e necessario. Il racconto della storia di questa coppia rientra nel progetto sviluppato da THE VISION in collaborazione con Volkswagen per 2 Share, la nuova iniziativa di noleggio condiviso che ti permette di condividere un’automobile con chi vuoi.
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