Perché Tupac e Notorious B.I.G. sono ancora irraggiungibili

Chiunque abbia un minimo di familiarità con gli sport americani conosce l’abitudine delle leghe statunitensi di inserire all’interno del calendario della stagione sportiva un All star game. Si tratta di una partita di esibizione che vede scontrarsi due squadre rappresentate dai migliori atleti di quell’anno. Per convenzione, si usa dividere le due compagini in “migliori giocatori militanti a Est” contro “migliori giocatori militanti a Ovest”. La scena rap americana degli anni Novanta somigliava a un perenne All Star Game: da una parte gli artisti della West Coast, dall’altra quelli della costa opposta. E anche il “tifo” era ben schierato. Il duello raggiunse il suo apice quando i più importanti rapper si divisero equamente tra le due etichette discografiche più rappresentative sulle rispettive coste: i migliori a Est firmarono per la Bad Boy Entertainment mentre i maggiori esponenti del genere affacciati sul Pacifico si accordarono con la controversa Death Row Recordings. Vennero a formarsi due vere e proprie “squadre” i cui leader erano rispettivamente Notorious B.I.G. per la prima e Tupac Shakur per la seconda.

Notorious B.I.G.

Ad accomunare i due artisti è soprattutto il loro ruolo decisivo per lo sviluppo e il successo dello stesso genere. Secondo il giornalista Justin Charity, nonostante ci sia stata un’evoluzione dal punto di vista strettamente musicale del genere dagli anni Novanta, spiritualmente l’hip hop non si è mai lasciato alle spalle monumenti come Tupac o Notorious. I due hanno insegnato ai rapper come comportarsi e gli archetipi che hanno creato continuano a essere riproposti ancora oggi, anche in termini di stile. La discografia di Tupac e Notorious B.I.G comprende dischi diventati capisaldi del genere, come Ready to Die o Me against the World, e album postumi di altissimo livello. Ready to Die,  l’unico disco pubblicato in vita da Notorious, è uno dei dischi che maggiormente nella storia della musica è stato capace di creare una immediata connessione emotiva tra l’ascoltatore e il rapper.

La grande capacità di racconto di Biggie Smalls ci porta a interessarci davvero alle sue vicende e la capacità di parlare di sé in maniera sincera, intima e senza filtri è sicuramente uno dei maggiori pregi del rapper newyorchese. La sua narrazione, sempre coerente, fa sì che Ready to Die si configuri come l’inizio di un discorso che continua poi a un più alto livello nell’ambiziosissimo doppio album successivo, postumo: Life after Death. La morte che aleggia nel titolo di entrambi gli album più apprezzati di Biggie ha in realtà spesso una valenza metaforica: a morire è il Biggie criminale che cerca definitivamente la serenità in quella Life after Death che può esistere solo dopo la definitiva dipartita da una vita di espedienti.  La rinascita del rapper è esplicita anche nella scelta dei campionamenti selezionati all’interno del disco: il grande successo Mo’ Money Mo’ Problems è costruito tutto su un palese campionamento della positiva hit di Diana Ross I’m coming out e rende chiaro quanto ormai i problemi di Biggie si limitino alla gestione della sua appena raggiunta serenità economica. A differenza di tanti altri grandi rapper, Notorious B.I.G. possiede la capacità di mantenere con chi lo ascolta una grande empatia anche una volta che ha raggiunto il successo e, anzi, proprio la sua scelta di non fossilizzarsi nel racconto di una vita di stenti che ormai sappiamo non appartenergli più è forse uno dei motivi del suo seguito. Notorious B.I.G. è riuscito a raccontare come pochi altri la sua crescita umana.

La grandezza di Tupac sta invece nella sua capacità unica di raccontare, più che se stesso, la società che lo circonda. Uno dei suoi più grandi brani, paradigmatico in questo senso, è Keep Your Head Up, contenuto nel classico del 1993 Strictly 4 My N.I.G.G.A.Z. Qui Tupac distrugge alla radice lo stereotipo che vorrebbe far passare per naturali i commenti di natura sessista nelle canzoni rap. Keep Your Head Up ricorda quanto sia fondamentale la figura della donna a tutti i livelli della società e lo fa intrecciando il suo discorso con altri temi cardine, come la diseguaglianza sociale, il razzismo e la mancanza di figure paterne all’interno dei nuclei familiari più poveri. Il brano rappresenta il modo in cui Shakur vuole ispirare quelle donne emarginate a mantenere un senso di orgoglio e amore per se stesse, nonostante le derive maschiliste a cui è incline il mondo. Tupac era un artista ambizioso, interessato a parlare a tutti di temi che potessero interessare chiunque: il picco della sua ambizione è sicuramente il primo disco doppio nella storia dell’hip-hop, All Eyez on Me. Maggior successo commerciale di Tupac, l’album è una perfetta summa della sua poetica: Pitchfork arriverà a definire  All Eyez on Me uno degli album più estesi, furiosi, paranoici e brillanti mai pubblicati. All’interno si trovano brani come Life Goes On, dedicato a tutti quelli che in quegli anni stavano perdendo la vita nelle strade a causa del clima teso animato anche da polizia e gang rivali, o I Ain’t Mad at Cha, in cui nel primo verso parla di un amico con cui ha perso i contatti e che, convertendosi all’islam ha scelto un lifestyle completamente differente dal suo così dissoluto.

Tupac Shakur

L’ambizione è uno dei tratti che più li differenzia. Il ruolo di divinità e icona musicale si sposava bene con un ego molto forte come quello di Tupac, mentre cozzava con la personalità di Notorious. Mentre Tupac era influenzato da un vero e proprio “complesso del martire” che sarà la sua rovina, portandolo a vedere nemici dovunque, Notorious ha sempre preferito mantenere un profilo più basso, quello dell’uomo qualunque. Si sentiva un cane sciolto perennemente in lotta con la vita, che chiamava la sua “everyday struggle. La versione gangsta dello stereotipo del newyorchese presente anche nei film di Woody Allen: nevrotico, stressato, ma anche incredibilmente tagliente ed ironico. Biggie possedeva una vena ironica che non aveva né Tupac, né in generale tutta una scena che, a parte clamorose eccezioni come i Beastie Boys o i Run D.M.C, si prendeva tremendamente sul serio.

Biggie Smalls non era il primo rapper di valore esploso a New York ma cominciò a simboleggiarla in quanto perfetto ambasciatore delle periferie di quella metropoli. Parlava dei classici temi del gangsta rap ma lo faceva con una punta di leggerezza: brani come la celebre hit Hypnotize possono essere letti anche come delle filastrocche spiritose. Le sue canzoni erano contemporaneamente malinconiche e coinvolgenti, con un gran numero di metafore prese dal quotidiano e fatte apposta per dare al racconto un sapore quasi cinematografico, come una delle sue prime hit, Juicy, che racconta in chiave tragicomica la sua vita nei vicoli della sua città. Si citano il Word Up Magazine, il Super Nintendo e il Mega Drive, ma lo svago è bilanciato anche dalle sardine per cena, dalle difficoltà nel tirare su una bambina avuta giovanissimo e dagli insegnanti che lo hanno sempre sottovalutato. Il pezzo gioca tutto su questo esplicito contrasto tra le difficoltà che il rapper newyorchese si sta lasciando alle spalle e l’inizio di un successo di enormi proporzioni, il cui resoconto, spesso e volentieri, può sfociare nell’ostentazione. “You never thought that hip-hop would take it this far. Now I’m in the limelight ‘cause I rhyme tight

Time to get paid, blow up like the World Trade” o “Birthdays was the worst days

Now we sip Champagne when we thirsty” sono versi importanti soprattutto perché nascondono un senso di genuina speranza che non era usuale trovare nei pezzi degli altri rapper cresciuti nei ghetti americani. Il vero messaggio della canzone, esplicitato nel ritornello, è proprio quello di non abbattersi mai e di restare focalizzati sul proprio obiettivo, affrontando le difficoltà con la convinzione di poterle superare. Anche Juicy è un pezzo attuale perché resta in grado, allora come oggi, di ispirare chiunque la ascolti a dare il meglio di sé e a guardare al futuro con motivato ottimismo e rinnovata fiducia.

Grazie anche ai ritmi più radiofonici pensati dal socio Puff Daddy, Biggie attenuò certe esagerazioni proprie del gangsta rap presenti in gruppi come gli N.W.A. Era capace, come Marvin Gaye o il pioniere del blues Howlin’Wolf , di raccontare un panorama dove regnavano depressione e morte, ma anche una indistruttibile forza vitale. Somebody Gotta Die, il brano che apre Life After Death, spiega benissimo l’abilità di Notorious B.I.G. di evocare immagini e regalare un forte sapore cinematografico al suo racconto. Si citano sneakers macchiate di sangue e silenziatori e tutto è funzionale all’interno di un testo che potrebbe essere senza problemi una pagina di sceneggiatura di un film cult anni Novanta come Nikita o Le Iene. La maniera di rappare di Biggie ha sicuramente ispirato moltissimi pesi massimi della scena odierna: la sua caratteristica tendenza a iniziare il verso con una parola che rimerà alla fine con altre parole all’interno dello stesso verso aiuta a costruire il flow fluido e musicale cui è da sempre associato. Uno stratagemma spesso copiato, per esempio da Jay-Z. Un esempio chiaro di questo si vede già nei primi versi di Big Poppa, dove Biggie dice: “To all the ladies in the place with style and grace / Allow me to lace these lyrical douches, in your bushes”, creando una tripla rima in uno spazio brevissimo, utilizzando le parole place, grace e lace. Spesso lo schema con cui rima Notorious B.I.G, rimanda direttamente alla filastrocca. Biggie era un rapper estremamente versatile: in pochi hanno saputo come lui cambiare modo di rappare in base al tempo e al ritmo del beat, come in Thugs, in cui rappa a velocità raddoppiata e cambia la cadenza delle rime per adattarsi a un beat percussivo molto avanti per l’epoca.

In Nasty Boy, da Ready to Die, emerge un’altra delle caratteristiche peculiari di Notorious B.I.G.: l’ironia. Questa è chiara quando si lancia in vere e proprie punchline che difficilmente potrebbero riuscire a farvi fare colpo su qualcuno tipo: “Ragazze, la mia Mercedes ne può portare quattro di voi dietro, due se siete grassottelle”. Senza Notorious B.I.G non sarebbe potuto emergere un rapper che ha fatto della dissacrante ironia ai limiti della satira uno dei suoi trademark come Eminem, ma anche nomi più recenti come Tyler, the Creator e, ovviamente, tutta quella crew di rapper, cantanti, skater, producer conosciuta come Odd Future che a lui faceva capo. Hit che hanno segnato il genere più avanti, come Mrs. Jackson degli Outkast, non sarebbero esistite senza quel gigantesco talento in grado di dimostrare che si poteva intrattenere col rap senza perdere in credibilità.

All’ironia del rivale newyorchese, Tupac rispondeva con un messaggio forte, spesso venato di impegno sociale. Come ricordava Ben Westwoff su The Guardian, molto prima della nascita di movimenti come Black Lives Matter, Tupac si esponeva facendo domande del tipo: “Cosa rende una vita nera più importante di una vita bianca?” Gran parte della propria carriera, di cui la faida con Notorious ha occupato solo la parte finale, Tupac l’ha spesa per portare l’attenzione sulla lunga storia di discriminazione di cui sono stati testimoni i neri in America, collegandola nelle sue canzoni alla vita reale. Ancora oggi Tupac viene continuamente citato in ogni corteo o manifestazione per i pari diritti negli Usa. Biggie non aveva un messaggio sociopolitico così forte nella sua musica ma, è bene ricordarlo, aveva anche un background diverso. Grazie soprattutto alla madre Afeni Shakur, attiva all’interno del gruppo delle Black Panther, Tupac era cresciuto con una grande consapevolezza e con la voglia di veicolare un messaggio che fosse di uguaglianza tra persone, prima ancora che tra bianchi e neri. Nel corso della sua carriera è diventato un artista sempre più complesso: da una parte il ragazzo del ghetto, ribelle e anarchico, dall’altra il suo lato di poeta sensibile che voleva farsi voce della propria comunità, in particolare di quelle madri cui dedicherà pezzi storici come Dear Mama o la troppo sottovalutata Brenda’s got a baby, che racconta di una ragazza di dodici anni messa incinta da un cugino, con un padre tossicodipendente e un’unica strada davanti a sé, fatta di crack e prostituzione.

Benché Brenda sia ovviamente un nome di finzione, la vicenda che ha ispirato Tupac è tristemente reale, quasi comune. Quello che fa di questo brano un indubbio capolavoro è, oltre al resoconto estremamente empatico dei fatti da parte del rapper, anche una serie di riflessioni sulla natura dell’essere umano e sulla società americana. L’importanza del brano e i suoi diversi piani di lettura si comprendono immediatamente, appena si ascoltano i primi versi declamati da Tupac: “I hear Brenda’s got a baby But, Brenda’s barely got a brain. A damn shame, the girl can hardly spell her name (That’s not our problem, that’s up to Brenda’s family). Well let me show ya how it affects the whole community hardly spell her name”. Quello che vuole fare Tupac non è semplicemente raccontare una storia, ma usarla come metafora per spiegare una società che dimentica i più deboli e finge di ignorare i problemi altrui. Tupac evidenzia il fatto che esista un circolo vizioso potenzialmente infinito che, in un mondo altamente individualista, porta inevitabilmente all’isolamento non solo di Brenda ma dell’intera sua famiglia, vittima di una cronica mancanza di supporto da parte di una comunità che preferisce girarsi dall’altra parte. Tupac racconta così la vita nei ghetti: non è interessato a regalare, anche in Ghetto Gospel, una dimensione in qualche modo mitica a questi luoghi, ma a far emergere una critica all’intera società statunitense, che non fa niente per confrontarsi con i problemi di una miriade di giovani in povertà cronica.

Tupac e Biggie Smalls insieme sul palco del Palladium, New York, 1993

Nel documentario Tupac Shakur: Thug Angel, uno dei primi produttori Greg “Shock G” Jacobs spiega perché la forza delle rime di Tupac sia rimasta tanto rilevante, anche a livello sociale, molto più di quelle di qualunque altro rapper: “Le rime di Slick Rick nascevano dal palato nasale, quelle di Nas dalla sua gola. Quelle di Tupac venivano dallo stomaco, erano rime “di pancia” ed era quello il motivo del suo potere.” In tutta l’opera di Pac è presente questo senso di urgenza che lo portava, secondo le leggende, anche a comporre un’intera canzone in trenta minuti. Tupac era un ottimo scrittore. Aveva frequentato scuole d’arte e studiato Shakespeare. Citando l’autore inglese, nelle sue canzoni ha fatto capire come potesse esistere un trait d’union tra la letteratura, anche quella più alta, e il rap. Oggi Shakespeare, nelle cui opere si ritrovano temi preponderanti nel rap come sesso, violenza e lotta per il potere, è citato da moltissimi artisti di primo piano e non è il solo autore citato. Se oggi Jay-Z, Lil’ Wayne, Kendrick Lamar e tanti altri artisti possono in qualche modo rivendicare un dialogo artistico e intellettuale con Shakespeare attraverso le proprie rime, e il numero uno della scena francese Boouba può rappare “Je suis meilleur que Molière, tatoué sans muselière”, il merito va all’apripista Tupac Shakur.

L’eredità di personaggi come Tupac o B.I.G è arrivata a contaminare il linguaggio quotidiano: la famigerata Thug Life nasce dall’idea di Tupac di creare una crew che, dietro l’acronimo T.H.U.G. L.I.F.E., nascondesse un messaggio potente e ancora attuale The Hate U Gave Little Infants Fucks Everybody (l’odio che trasmettete ai più giovani fotte tutti). È curioso che, proprio in uno dei momenti di maggior vicinanza tra i due artisti, sia nato un brano come Thug for Life, un inno alla vita di strada che ha influenzato i percorsi di questi due straordinari simboli di un’intera cultura. La retorica del “teppista di strada” è antecedente alla comparsa sulla scena sia di Tupac che di Biggie, ma va dato ai due il merito di aver regalato spessore a una figura fino ad allora rappresentata in maniera piuttosto bidimensionale. Avevano entrambi una sensibilità che risultava inedita per il rap, riconosciuta dai media e parte del pubblico solo post mortem. Che entrambi soffrissero di questo mancato riconoscimento è chiaro da interviste come quella rilasciata nel 1995 da Tupac al Los Angeles Times: “Ciò che mi disturba è che la mia roba più profonda sembra passare inosservata. I media non capiscono chi sono o forse non vogliono accettarlo”.

Snoop Dogg e Tupac

Uno degli aspetti più sottovalutati quando si parla di Biggie e Tupac è sicuramente il loro lascito in termini di stile. Tutti sono affascinati da quell’estetica del mondo hip hop che i due hanno contribuito a plasmare. Come ricorda Memsor Kamarake, ex fashion editor dello storico VIBE Magazine, l’evoluzione dello stile di Tupac rifletteva perfettamente gli alti e bassi della sua carriera e i cambiamenti nella sua musica. Lo streetwear, la bandana al contrario e i cappellini da baseball riflettevano l’immaginario delle storie della prima parte di carriera mentre gli abiti di lusso certificavano il successo e l’emancipazione raggiunta dalla figura del rapper. I due rapper sono stati tra i primi a frequentare regolarmente le sfilate di moda. Gli occhiali da sole, le camicie in seta stampate, i maglioni colorati e le Timberland hanno guadagnato popolarità su scala mondiale anche grazie all’appoggio di grandi nomi della musica come Tupac e Biggie.

Oggi i migliori nomi sulla scena sono quelli che meglio sono riusciti a apprendere e mixare gli insegnamenti di Tupac e Notorious B.I.G. Kendrick Lamar è in grado di rinverdire la forza del messaggio sociale e politico di Tupac anche quando si approccia alla creazione di pezzi pensati per entrare nella colonna sonora di un blockbuster supereroistico come Black Panther. Allo stesso tempo, il nativo di Compton dimostra di aver studiato anche Notorious quando, nel pezzo capolavoro i, torna a rappare su una base con chiari campionamenti soul su uno dei temi distintivi di Biggie: il suicidio. Childish Gambino/Donald Glover allo stesso modo mischia una certa propensione al registro comico, si veda il suo lavoro a Comedy Central o nella serie culto Atlanta, con messaggi forti come quello anti-armi contenuto nel brano This is America e nel suo discusso video. Rick Ross, personaggio ormai da quindici anni nel rap game, in un programma radiofonico ha chiarito perché questi due artisti continuino a essere così importanti per la storia della musica: “Per quello che ha portato dal punto di vista dello sviluppo di un certo lifestyle e di una certa cultura, oltre che nella capacità di dipingere certe situazioni Biggie non ha paragoni. Dall’altra parte c’era Tupac che aveva il messaggio, una voce forte e potente. Ha mostrato a tutti il potenziale che poteva avere un giovane nero cresciuto in uno dei contesti più duri d’America e questo ha ispirato praticamente tutti”.

Ignorare tutto questo lascito e limitarsi, come hanno fatto in tanti, a fare supposizioni sulla loro misteriosa e prematura fine è un delitto sì, ma per la musica.

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