Alla fine dell’Ottocento, l’uomo che diede vita alla moda per come la intendiamo oggi, Paul Poiret, inventò le sfilate e, di conseguenza, il concetto di modella. Inizialmente le sfilate erano riservate ai buyer e ai giornalisti e le modelle erano nobildonne o rampolle dell’alta borghesia di bell’aspetto, che con i loro modi aggraziati dovevano mostrare quanto un particolare capo fosse adatto a una signora elegante come lo erano loro, ma già verso la metà del secolo scorso diventarono delle professioniste. Alle mannequin era quasi richiesto di sparire: il punto focale della sfilata doveva essere l’abito, e non chi lo indossava. Ma oggi, c’è una nuova generazione di modelle che vuole sovvertire le regole. Non solo della moda, ma più in generale della società.
Le modelle oggi vogliono farsi notare non solo per la loro bellezza, ma soprattutto per il proprio carattere e intelligenza: il loro obiettivo è scardinare lo stereotipo che le accompagna sin dalla professionalizzazione del loro mestiere. Poiché queste ragazze lavorano principalmente con la propria immagine, si è sempre più diffusa l’idea che non brillino per intelligenza o personalità. Delle modelle, a parte qualche rara eccezione, fino a qualche anno fa non si conosceva la voce ma solo il corpo, men che meno il nome. Pur essendo onnipresenti, alle sfilate ma soprattutto sui giornali e sulle pubblicità – il vero tramite con il grande pubblico – era come se fossero intrappolate in un immaginario erotico. Il sociologo francese Jean Baudrillard ha parlato addirittura di “fantasmagoria di corpi”: le modelle erano così irreali da sembrare quasi dei fantasmi.
Negli anni Novanta, qualcosa cominciò a cambiare. Cambiò il sistema della moda, che diventò sempre più attento al marketing e alla spettacolarizzazione, e così cambiarono le sfilate. Da semplici eventi stampa riservati agli addetti ai lavori, le sfilate diventarono eventi mediatici da celebrare in grande stile. Anche la professione di modella trovò un nuovo corso: le modelle non dovevano più sparire dietro al capo, ma esaltarlo con la loro bellezza, come se l’abito assumesse valore proprio perché una particolare modella lo indossava. Questo nuovo modo di concepire la moda portò a una grande rivoluzione, quella delle top model, che finalmente diventarono protagoniste. Naomi Campbell, Christy Turlington, Linda Evangelista, Cindy Crawford, tutti ricordiamo questi nomi e i rispettivi volti. Le top model cominciarono a uscire da passerelle e manifesti pubblicitari per farsi vedere in TV e sulle riviste. Ma sempre e soltanto come modelle, bellissime e irraggiungibili: il loro era un mondo totalmente auto-referenziale. Nelle interviste veniva sempre chiesto di parlare del loro lavoro, di moda o di bellezza: a nessuno interessava conoscere quello che pensavano, mentre tutti volevano conoscere gli ultimi gossip sulla loro vita privata.
Oggi non è più così. La rete ha creato un ponte tra noi comuni mortali e le irraggiungibili top model. Grazie ai social network vediamo il loro lato più umano: non solo professioniste al servizio della moda, ma ragazze in gamba e intelligenti al di là di ogni stereotipo. Certamente è cambiato anche il loro ruolo. Non devono essere più né mannequin anonime e invisibili né super star al centro delle cronache. Sono più che altro delle ambassador, ambasciatrici con personalità forti che non si limitano semplicemente a indossare un brand, ma lo rappresentano. In questo c’è senz’altro anche il contributo di un cambiamento culturale che ha interessato non tanto le modelle, ma le donne in generale, che si sentono sempre più coinvolte nella vita politica e sono sempre più desiderose di dire la propria pubblicamente.
E le modelle che hanno qualcosa da dire sono davvero tante. Il loro statement politico parte dai social media e arriva fino alle marce e alle proteste per strada. Molte di loro sono impegnate sul fronte dell’ambiente: Cameron Russell, ad esempio, laureata in Economia alla Columbia University, si batte da sempre per contrastare il cambiamento climatico e ha portato avanti numerose battaglie per migliorare i diritti dei lavoratori del settore tessile. Il suo discorso alla TED Talk “Looks aren’t everything. Believe me, I’m a model” (“L’aspetto non è tutto. Credetemi, sono una modella”), in cui espone tutte le contraddizioni legate al mondo della moda e le difficoltà legate alla sua professione, è diventata una delle talk più celebri di sempre. Sempre Cameron ha dato vita all’hashtag #MyJobShouldNotIncludeAbuse, con lo scopo di fornire alle modelle una piattaforma dove condividere le storie di molestie che spesso si celano dietro le luci della passerella.
Tante altre modelle hanno a cuore il tema della moda più equa e inclusiva. Tra queste c’è Hari Nef, una modella transgender molto amata da designer come Gucci per il suo aspetto etereo. Sebbene rifugga l’etichetta di “attivista” (ha più volte dichiarato che non basta essere persone trans ed esporsi per fare attivismo), Hari si impegna dietro le quinte per aiutare i suoi colleghi e le sue colleghe che hanno meno visibilità di lei. Non vuole essere vista come “una modella trans”, ma semplicemente come una modella e basta: “È un peccato che io sia continuamente dipinta come un’attivista, perché ci sono molte persone in questo campo che stanno cambiando il mondo ma che ricevono meno attenzione.”
La modella britannica Adwoa Aboah ha invece fondato la piattaforma Gurls Talk, una comunità online per incoraggiare le ragazze a discutere di temi come la salute mentale, la sessualità e il corpo delle donne. “L’attivismo riguarda qualsiasi professione”, ha dichiarato a Elle. “Riguarda piazze culturali, movimenti e collettivi di persone che prendono una posizione. Questo è l’attivismo. Sono stata fortunata ad aver avuto una piattaforma grazie al mio lavoro di modella, così che ora la possa usare come un’attivista.” Il successo dell’iniziativa è stato enorme: non solo perché Gurls Talk fornisce un aiuto concreto alle ragazze con, ad esempio, una lista di numeri da chiamare in caso di emergenze legate alla mental health, ma anche perché le coinvolge in prima persona. Sul sito, infatti, si possono caricare racconti, poesie, collage e illustrazioni a tema femminista.
Tra le amiche di Adwoa, c’è anche la celeberrima Gigi Hadid. Sebbene sia nota ai più per la sua bellezza mozzafiato, Gigi è una ragazza con le idee chiare, che non si fa problemi a esporre al grande pubblico, soprattutto quando viene toccata la questione dell’islamofobia che la riguarda personalmente, date le sue origini palestinesi. Per questo anche la sorella Bella ha recentemente ha criticato le politiche di Trump su Gerusalemme, contribuendo a sensibilizzare il suo giovanissimo seguito sul trattamento della popolazione palestinese da parte dello stato di Israele. Nemmeno Cara Delevingne si tira indietro quando c’è da dire cosa non va nel mondo. Ad esempio, come hanno già fatto molte altre modelle prima di lei, si è pronunciata sullo stigma che ancora oggi circonda il tema della salute mentale, raccontando la sua battaglia contro la depressione. Ha creato una campagna per l’empowerment delle donne in Uganda e, dopo l’elezione di Donald Trump, ha intensificato la sua attività ambientalista.
L’opposizione a Trump è stato il movente decisivo perché l’attivismo da social delle modelle si trasformasse in vera e propria azione politica: molte di loro hanno partecipato alla Women’s March on Washington dello scorso gennaio, dopo che le dichiarazioni sessiste del Presidente avevano scatenato un’ondata di indignazione. Alla marcia hanno sfilato, tra molte altre star, anche la già citata Hari Nef, Dilone, la modella di origini cilene Paloma Elsesser e Stella Duval, impegnata anche con l’organizzazione Planned Parenthood. Kaia Gerber, figlia di Cindy Crawford, e Charlotte Lawrence, invece, si sono fatte notare alla March For Our Lives di Los Angeles dello scorso marzo contro le stragi armate nelle scuole americane. Alla protesta hanno preso parte anche Kim Kardashian e Kendall Jenner. Come non citare poi, Emily Ratajkowski, che a una protesta contro l’elezione alla Corte Suprema di Brett Kavanaugh, accusato di violenza da Blaisey Ford, è stata addirittura arrestata assieme all’attrice Amy Schumer. “Gli uomini che fanno del male alle donne”, ha scritto su Twitter, “Non possono più essere messi in posizioni di potere.”
Da quando le modelle erano soltanto dei semplici manichini per gli abiti degli stilisti le cose sono cambiate radicalmente. Grazie alla notorietà e al privilegio di cui godono, le modelle riescono a lasciare un segno duraturo e a essere d’esempio per le migliaia di ragazze che le seguono sui canali social. Prendendo posizione, schierandosi a favore dei più deboli o delle minoranze, accompagnando queste prese di posizione a gesti concreti e significativi, dimostrano di possedere qualcosa di più di un bel corpo. Oggi le ragazze che intraprendono questa professione massacrante e spesso sottovalutata non hanno più voglia di scomparire dietro all’abito. Vogliono diventare le indiscusse protagoniste.
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