Come si diventa un’icona del cinema nella città più iconica del mondo, Roma

È difficile immaginare una città che più di Roma incarni il concetto di icona artistica e culturale: dalla sua storia sia antica che moderna, che si manifesta in ogni angolo della metropoli, al suo patrimonio archeologico e architettonico, la Capitale d’Italia è un concentrato di bellezza, caos e diversità. Non è un caso che sia diventata negli anni, sin dalla prima metà del Novecento, anche lo scenario prediletto da registi e attori che l’hanno trasformata nella città italiana del cinema per eccellenza: dai capolavori del neorealismo come Ladri di biciclette o Bellissima, alle saghe di Antonioni come la trilogia dell’incomunicabilità, fino agli intramontabili Otto e 1/2 o La dolce vita di Fellini e ai classici della commedia all’italiana come C’eravamo tanto amati o Il Marchese del Grillo. Se ci soffermiamo sul significato della parola icona, ovvero un misto riuscito e riconoscibile di caratteristiche emblematiche e rappresentative, e lo applichiamo al mondo della cinematografia, pochi altri posti nel mondo possono essere considerati tanto delineati dal loro carattere e dalla molteplicità di punti di vista da cui sono stati rappresentati quanto Roma – sia da autori italiani, che stranieri. È quindi davvero improbabile per qualcuno che voglia lavorare in questo settore non ritrovarsi a un certo punto a dover fare tappa nella città eterna, come è scontato che il confronto con tutta la produzione che negli anni ha riempito il bagaglio del cinema romano prima o poi arrivi. Per gli attori emergenti, dunque, Roma è il luogo che se da un lato ti offre la possibilità di realizzare un sogno professionale, dall’altro ti ricorda in ogni momento quanto cinema si è fatto, quanti altri personaggi indimenticabili, tra attori e registi, l’hanno attraversata.

Andrea Arcangeli e Carlotta Antonelli hanno deciso di cominciare la loro carriera nel cinema e nella televisione in questa città, ed entrambi sanno bene di trovarsi nel posto giusto per potere provare anche loro a diventare pezzi della storia di un luogo che è un set a cielo aperto: il posto giusto per imparare un mestiere complesso come quello che hanno scelto, dove non basta solo una scuola di recitazione a creare una personalità artistica, ma è fondamentale anche la bravura nel costruire un’identità propria che possa diventare iconica. Andrea Arcangeli, nato nel 1993 a Pescara, si è trasferito nella Capitale per perseguire questo obiettivo quando aveva diciannove anni. La sua prima apparizione di rilievo è a venti, accanto a Luciana Littizzetto, con la serie Fuoriclasse. Da quel 2013 ha accumulato piano piano altri ruoli, altre produzioni, sia nel cinema che nella tv, fino alla prima parte da protagonista, quello di Matteo Achilli in The Startup, del regista Alessandro D’Alatri. In questo film Arcangeli interpreta un giovane che si ritrova a dover fare i conti con un problema tipicamente italiano, quello delle raccomandazioni, che cerca di aggirare inventando un social network che presto richiama l’attenzione di aziende importanti e che lo catapulta dalla periferia di Roma al centro pulsante di Milano. Si tratta di una storia vera, e il rapporto tra il protagonista di questa vicenda – Matteo Achilli, fondatore di Egomnia – e Andrea Arcangeli è basato proprio su questa vicinanza di età, che rende la commistione tra realtà e rappresentazione ancora più forte. Nel 2018 Arcangeli ha lavorato anche con un importante regista straniero, Danny Boyle, diventando parte del cast della serie Trust: la serie, che racconta la vicenda del sequestro Getty, è ambientata tra Roma e Londra, e gli ha dato l’opportunità di recitare al fianco di attori italiani di spicco come Luca Marinelli e Giuseppe Battiston. Per un giovane attore, poter imparare da colleghi di talento, è spesso molto più efficace di esperienze strettamente didattiche.

Di Roma, la città che lo ha accolto pochi anni fa per dare inizio alla sua vita da attore, ama Trastevere, Campo de’ Fiori – dove, come da manuale dello studente appena approdato nella Capitale, ha trascorso intere serate insieme a tutti quei giovani che si accalcano sotto la statua di Giordano Bruno – e la loro autenticità preservata nella resistenza di piccole realtà, a cui Arcangeli, se potesse girare un proprio film su Roma, dedicherebbe un documentario. Per Arcangeli tra i film indispensabili per capire l’essenza della città c’è La dolce vita di Fellini, che rappresenta Roma come una sorta di entità eterea; c’è Roma città aperta di Rossellini, che racconta un altro aspetto della città, la guerra, la crudezza del neorealismo; e poi ci sono le scene di Caro Diario in cui Nanni Moretti la percorre in lungo e in largo alla ricerca di immagini per raccontarla in modo inconsueto. La vita di un attore emergente a Roma, certo, non solo è costellata da continui rimandi a un passato glorioso, ma è anche una prova di forza sia fisica che psicologica. Essere piccoli in una città così grande è difficile, e per fare fronte ai momenti morti in cui può imbattersi una carriera appena avviata ci si può industriare con qualche accorgimento: fidarsi del proprio agente, macinare provini e magari iscriversi all’università per sfruttare il proprio tempo libero dal lavoro per costruire anche una preparazione parallela, come ha fatto Arcangeli. Tra le imprese più ardue di questo mestiere c’è soprattutto quella di riuscire a farsi notare, e l’esperienza gli ha insegnato che non c’è cosa più sbagliata di infastidire con un’eccessiva pressione gli addetti ai lavori più adulti. La pazienza è un tratto fondamentale che deve essere parte del carattere di un giovane attore, e più che puntare tutto sulla persuasione del regista di turno è meglio confidare in un buon provino e fare sì che se anche non dovesse andare bene, in futuro qualcuno possa ricordarsi di te. L’Italia in questo ambito non è poi così diversa dal resto del mondo: è vero che negli Stati Uniti e nel Regno Unito si producono molte più serie televisive e film, ma d’altro canto ci sono molti più attori, e la competizione è quindi proporzionata, se non maggiore.

Roma è una città che ha accolto molti, compresi coloro che in questa città ci sono nati, e che assorbono la sua inclinazione allo spettacolo come per osmosi. Carlotta Antonelli, per esempio, vive qui da quando ci è nata nel 1995 e di questa città conosce bene l’aspetto più affascinante e nascosto: la sua incredibile diversità. Lei che attrice lo è diventata un po’ per caso, si sorprende sempre quando la città eterna si mostra in un suo aspetto inedito, come se stando a Roma si potesse andare lontano, senza per forza viaggiare troppo. Così come succede nell’ultimo film a cui ha preso parte, Bangla, di Phaim Bhuiyan – un giovane regista di origini bengalesi – in cui si racconta una parte di Roma multiculturale, diversa dalla sua rappresentazione usuale, mettendo in scena il quartiere più variegato della città, Torpignattara. Ma già dall’inizio della sua carriera – dopo il ruolo di Agata nella serie Solo – entrando nel 2017 nel cast di Suburra, Carlotta Antonelli ha modo di misurarsi con ruoli e scenari che danno spazio proprio a quelle realtà più nascoste della Capitale. La serie racconta infatti della criminalità più profonda e radicata, della corruzione e del malaffare romano, lontano dai centri che siamo soliti vedere raffigurati. Qui Carlotta Antonelli si trova a recitare il ruolo di Angelica, la figlia di un boss mafioso di origini sinti che viene venduta a un altro boss per suggellare un’alleanza tra le due famiglie rom. Un ruolo non convenzionale, che ha potuto fin dall’inizio mettere l’attrice alla prova rispetto alle proprie capacità di metamorfosi.

Per Antonelli, che è appena entrata nel mondo del cinema e della recitazione, icona, sia che si parli di città, sia che si parli di persone, equivale a immagine: nella recitazione diventa un concetto strettamente correlato all’idea di carattere estetico di un personaggio. “Un attore o un’attrice che stanno recitando la parte di un protagonista che verrà poi considerato ironico sta trasmettendo un messaggio di coraggio, ti sta dicendo di osare con la tua immagine, di non trattenerti,” spiega. Se Roma dovesse essere racchiusa in una sola delle sterminate immagini che compongono la sua anima, probabilmente Antonelli sceglierebbe Ponte Sisto, in quanto posto che ha la capacità di vestire le persone che lo percorrono come se fossero tutte su una lunga passerella. Il ponte che collega il lungotevere al quartiere Trastevere, di fronte all’Isola Tiberina, è un luogo simbolico di Roma, set anche per l’ultimo 007, Spectre, icona britannica per eccellenza, ma anche di altri grandi classici nostrani come La finestra di fronte di Özpetek o del film con Alberto Sordi In viaggio con papà.

Certo, non basta nascere a Roma per sapere esattamente come funzioni questa città, in particolare quando si è scelto un mestiere complicato come quello dell’attrice. Il caos urbano in cui ci si immerge quando si arriva nella Capitale può essere un fonte di ispirazione, ma può anche disorientare. Gli ostacoli sono dappertutto, ma non serve a nulla sforzarsi per farsi notare: è un po’ come se fossero i ruoli a cercarti, e non il contrario, pensa Antonelli. Più che ad ambire a fare sì che il proprio nome circoli, è più importante che sia il personaggio che si interpreta a fare parlare di sé. Nemmeno mettersi a confronto con il resto del mondo cinematografico estero serve poi così tanto, e Carlotta Antonelli sa bene che l’invidia nel cinema può diventare veleno, specialmente agli esordi. Come Andrea Arcangeli, Antonelli individua in questi anni una fortunata fase di rinascita artistica del settore italiano, ma ci sono due cose che cambierebbe: meno censura e più giovani. Alla base di questa rinascita, probabilmente, c’è anche la diffusione delle piattaforme di streaming, con tutti i vantaggi per gli spettatori che ne derivano; nonostante la giovane età e l’abitudine a confrontarsi con questo tipo di realtà, però, Antonelli tiene molto al cinema come luogo da preservare, perché certe volte una poltrona e lo schermo di un computer non bastano.

Andrea Arcangeli e Carlotta Antonelli sono dunque sia il passato che il futuro di Roma e del suo manifestarsi attraverso il cinema. Ben coscienti del significato di queste immagini che rimangono vive a prescindere dal tempo e dallo spazio, hanno appena fatto ingresso nel mondo del cinema, con ciò che si prospetta come una sorta di missione: quella di continuare una tradizione ormai secolare che è diventata anche lei parte della storia di una città che ha davvero tantissimo da raccontare. E da giovani attori emergenti hanno un consiglio importante per tutti quelli che si stanno lanciando in un progetto audace come quello di voler fare cinema: non avere paura degli errori, perché se anche ti capita di scoppiare a piangere per la paura durante un provino – cosa successa davvero a Carlotta – potrebbe essere proprio quella svista a farti scegliere per una parte che non ti saresti mai aspettato.

Seguici anche su:
Facebook    —
Twitter   —