In “Diario di un ladro”, cult di Robert Bresson del 1959, i furti non hanno nulla del sensazionalismo poliziesco: sono un rituale, una sorta di danza delle mani, coreografia segreta che trasforma l’atto illegale in un gesto quasi astratto, che mette in crisi il suo esecutore, Michel. Il film, infatti, esamina una verità universale: la nostra umanità è sempre più incompatibile con l’accelerazione neoliberista della modernità.