Solo imparando veramente dal nostro passato possiamo modificare il nostro futuro - THE VISION

Se c’è una cosa a cui l’essere umano non sembra poter rinunciare è il dialogo, o meglio l’interrogazione del mondo, e al tempo stesso il mettere in relazione le cose, creare reti di corrispondenze per orientarsi nell’esistenza, nello spazio, nel tempo, tra la folla. Così, uno dei poli verso cui tendiamo più spesso, consapevolmente o meno, è il passato. Parlare col passato, misurarsi con esso, risulta per certi aspetti più spontaneo e semplice che farlo col futuro. Il passato è un ricordo che all’improvviso ci attraversa la mente insieme alle sue emozioni. Un profumo, un’atmosfera, una storia, addirittura una favola. Altre volte ha i contorni del senso di colpa, del rimorso, o del rimpianto. A volte, nel bene e nel male, ci attrae, anche quando sappiamo che dovremmo andare avanti, guardare al futuro.

Il passato c’è, ci è dato, e spesso nella contemporaneità è anche piuttosto facile da scorgere, studiare, ammirare, raggiungere. Ciò che è stato ci ha dato forma, ci ha tramandato insegnamenti, messaggi, esempi – positivi e negativi che siano – da cui imparare e trarre spunto, ispirazione. Il passato con tutte le sue forme popola e qualifica il nostro immaginario, intimo e collettivo, presente. E in quest’ottica di esseri costantemente volti verso l’Altro – o in alcuni casi sempre verso qualcos’altro – instauriamo vari modi di rapportarci all’antico e alle sue forme. In questo contesto appare rappresentativo come uno dei fenomeni più diffusi e analizzati dei nostri meccanismi di riappropriazione di ciò che è stato e non è più sia proprio il riciclo, ovvero il reimpiego dei manufatti del passato in nuovi contesti, con nuovi significati e funzioni, in maniera dunque spontaneamente ecologica, come se la sostenibilità, nelle epoche di scarsità che ci hanno preceduti, caratterizzate da quel limite tanto salutare per il nostro benessere psicologico, fosse semplicemente dettata da un autentico, radicato, ragionevole buon senso, che non poteva contemplare alcuno spreco. Così il passato si mostra in maniera contemporanea, ricca di suggestioni. 

La stessa attenzione può essere riservata anche ai valori e ai concetti astratti, che riverberano inevitabilmente negli oggetti che ideiamo, costruiamo, produciamo per rendere la nostra vita migliore e che per soddisfare i nostri bisogni, rispettando la nostra etica, cambiano nel tempo. È ciò che si è impegnata a fare anche MINI nella sua nuova gamma di modelli completamente elettrici. Dal rilancio del brand negli anni Zero, infatti, MINI non si è trasformata soltanto in un veicolo premium, ma si è anche reinventata senza trascurare le proprie origini e originalità. I nuovi modelli MINI reinterpretano le caratteristiche di design tipiche del marchio con spontanea ed elegante semplicità, che non rinuncia al carisma, riducendo il design all’essenziale che tiene conto sia del carattere urbano di MINI che dello spirito della comunità che si raccoglie intorno alla sua estetica e ai suoi valori. Il divertimento legato alla guida e l’atteggiamento responsabile del marchio raggiungono così una nuova era.

In questa catena di rimandi e intersezioni tra idee ed emozioni si innesta il modo in cui ricordiamo il nostro passato e al tempo stesso immaginiamo il futuro, entrambi in continua evoluzione, entrambi evocati grazie al linguaggio, alla narrazione. La costruzione mentale di questi scenari ci influenza e ci indirizza, ha un impatto molto più tangibile di quanto si possa credere su ciò che pensiamo, crediamo e facciamo, qui e ora. È proprio da questo semplice dato di fatto che si è sviluppata a cavallo tra gli anni novanta e gli anni Zero per potenziare e arricchire l’evidence-based medicine la “narratologia” o narrative-based-medicine (medicina narrativa), evoluzione scientifica di un movimento d’opinione che si formò negli Stati Uniti a metà degli anni Sessanta che muoveva dalla denuncia da parte di vari professionisti di ambiti clinico-assistenziali dell’impianto assolutamente riduzionistico e medicalizzante della medicina; e dalla tenacia della società civile nel far riconoscere il paziente come parte attiva del percorso terapeutico di cura. La narratologia – al pari di molti metodi psicoanalitici che le hanno aperto la strada – intende lo storytelling come farmaco per la cura di molti disturbi, ma senza sconfinare nella medicina la narrazione è da sempre lo strumento principale della nostra identità e del modo che abbiamo di fare esperienza della vita, del mondo. Ciascuno di noi ha la sua storia, unica e originale, anche quando condivide punti di contatto con gli altri, e il modo che abbiamo di narrarla ci permette di diventarne a pieno protagonisti, attivi e consapevoli.

D’altronde la Storia, anche quella con la s maiuscola, nasce sempre da una linea che unisce passato, presente e futuro, fin dalla mitologia greca, e prima ancora. Se spesso si sente dire che bisogna imparare dalla Storia, interrogare il passato, ragionare su ciò che è stato, significa riscoprire non solo la sua valenza e la sua influenza sul presente, ma anche lo iato intimo tra il nostro vecchio sé e l’attuale.  Come siamo cambiati? È cambiato qualcosa intorno a noi o siamo noi che percepiamo l’ambiente che ci circonda in maniera diversa? Le persone, i doveri, gli interessi? Perché quel corso che ci entusiasmava tanto seguire il mercoledì sera oggi ci tedia? Perché quel collega che ci sembrava tanto antipatico oggi ci attrae? Perché quella vecchia amica che abbiamo perso di vista dopo un litigio continua a tornarci in mente? Perché per fortuna cambiamo, e insieme a noi le nostre case, i vestiti che scegliamo, il cibo che mangiamo, la musica che ascoltiamo, e ultime ma non ultime le auto che scegliamo, e su cui molto più che su altri oggetti proiettiamo i nostri desideri per il futuro, i nostri sogni, le nostre ambizioni. Alla macchina infatti sono legati i desideri di scoperta, viaggio, libertà, divertimento, comodità, curiosità, affetto. Per questo porta con sé tantissime storie, ricordi, impressioni, fantasie.

Il cambiamento, infatti, se da un lato è spontaneo e inevitabile per certi aspetti, dall’altro può essere indirizzato, coltivato, nutrito. E ciò accade attraverso immagini, modelli, esempi, riferimenti a cui tendere, a cui rifarsi, da cui lasciarsi ispirare, grazie a una sorta di incontro. Accade qualcosa di simile anche per quanto riguarda i nuovi veicoli MINI, che ambiscono proprio a dar forma a questa corrispondenza, ponendosi sia come icone istintivamente riconoscibili grazie alla loro estetica, sia come proposte che stimolano la nostra vita quotidiana rispondendo ai bisogni della contemporaneità. Oltre a permettere di spostarsi senza emissioni locali, infatti, permettono ai conducenti MINI di adattarli ai loro diversi stili di vita e alle loro esigenze. Attraverso un uso creativo dello spazio MINI offre la massima flessibilità e consente un elevato grado di variabilità in termini di design degli interni. L’esperienza d’uso fa un notevole salto in avanti con il MINI Operating System 9, ottimizzato per il touch e il controllo vocale. Il display OLED rotondo, la MINI Interaction Unit, è sia un quadro strumenti che il centro delle esperienze e del comfort. Le superfici tessili rivoluzionano l’estetica degli interni per un nuovo livello di benessere. Il cambiamento, infatti, genera in noi un sottile senso di piacere e soddisfazione, basti pensare anche per quanto riguarda la musica e il mondo sonoro – ma anche la letteratura, l’arte, la moda, fino alla cucina – la trovata delle variazioni, che declinano in tanti modi diversi lo stesso concetto.

Il tema della misura del cambiamento ci ossessiona e ci affascina da sempre, così come quello intrinsecamente legato della corrispondenza tra forma e funzione. Basti pensare al video diventato virale nel 2006 del fotografo statunitense Noha Kalina: Noah takes a photo of himself every day for 6 years, conosciuto semplicemente come Everyday, in cui Kalina ha appunto raccolto tutti gli autoscatti che si è fatto per sei anni, ampliandolo poi di altri sei nel 2012 e infine nel 2020. Cosa tradisce il nostro cambiamento? Cosa vogliamo carpirgli? Che segreto nasconde? Come cambiano le persone a cui vogliamo bene, con cui condividiamo la nostra vita? La mamma del mio migliore amico è letteralmente cresciuta col mito della MINI, un mito che tuttora viene evocato da questa auto, che pure nei decenni è cambiata, si è evoluta, arricchita, rimanendo sempre se stessa, trasmettendo sempre la stessa idea che aveva saputo affascinare i ragazzi di quella che ormai è diventata un’altra epoca, che pure continua a chiamarci, a ispirarci, ad affascinarci. E io in suo figlio rivedo ancora riverberare grazie all’affetto questa passione, questo accogliere da parte di un oggetto un’identità, un mondo, fatto di valori, idee, emozioni. Anche se oggi il mondo è cambiato, non è mai troppo tardi per immaginare, inventare il futuro.

Sul finire di Rosencranz e Guildestern sono morti, film tragicomico del 1990 di Tom Stoppard che riprende in maniera postmoderna l’Amleto, Tim Roth, che interpreta Guildestern, dice: ​​“C’è stato un momento, all’inizio, in cui avremmo potuto dire di no. Ma, chissà come, c’è sfuggito. Faremo meglio la prossima volta”. Ecco, forse è un desiderio simile che ci spinge irrefrenabilmente a interrogare, a scrivere e a volte a riscrivere, il nostro passato. Vogliamo capire dove abbiamo sbagliato, per non sbagliare più, per riuscire a fare meglio. E vogliamo farlo anche oggi, che ci troviamo di fronte a delle grandi sfide future. Siamo stati educati dai valori e dalle esperienze che gli altri esseri umani hanno fatto prima di noi e che modellano il modo in cui viviamo. A volte le eredità possono essere dei pesi, eppure, è sempre possibile setacciare, separare l’oro dal greto. In un’ottica di sostenibilità, ragionare sul passato significa agire su due fronti: imparare a discernere i comportamenti che hanno contribuito alla crisi climatica per cambiare il nostro mindset; e sapersi innovare, mantenendo fermi i valori che si vogliono preservare e tramandare come patrimonio – personale, culturale, storico – adattandoli alle sfide future, rileggendoli. La nuova All-Electric MINI Cooper, quinta generazione dell’iconico modello a tre porte, si assume la responsabilità di raccogliere questa sfida, unendo la tradizione del marchio, il tipico design MINI, all’apertura verso visioni future, tra nuove tecnologie digitali ed elettrico, per un’esperienza coinvolgente che evolve il DNA MINI a un livello inedito.

Passato e presente possono essere una giustificazione per mantenere le cose come stanno, ferme, bloccate, cristallizzate, ma possono anche farsi mezzi estremamente potenti ed efficaci per accelerare il cambiamento, grazie alla nostra capacità di osservazione e di narrazione, per guardare in maniera diversa al futuro e raccontarlo con forme, parole, esperienze nuove.


Questo articolo è stato realizzato da THE VISION in collaborazione con MINI, che con le sue scelte di sostenibilità si impegna da tempo per il futuro e per rendere realtà il desiderio di un mondo più sostenibile già nel presente. La nuova gamma di modelli completamente elettrici garantisce una guida senza emissioni locali e, grazie alla combinazione di un design unico, di una tecnologia avanzata e di un’esperienza digitale coinvolgente, porta il DNA di MINI a un nuovo livello.

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