Perché è giusto che i 16enni possano votare

In un’intervista rilasciata il 29 settembre a Repubblica, Enrico Letta ha proposto al governo Conte di estendere il diritto di voto ai sedicenni. Per l’ex premier, oggi professore dell’Istituto di Studi politici di Parigi, la riforma costituzionale andrebbe realizzata con urgenza, in un anno al massimo. L’idea di Letta non è rimasta inascoltata: il Presidente del Consiglio Conte, rispondendo a Skuola.net, ha affermato che “Negli ordinamenti giuridici si fissa una certa soglia anagrafica e, per convenzione, si ritiene che a quell’età si abbia un’adeguata maturità. Ritengo che, almeno in astratto, oggi a 16 anni i nostri ragazzi abbiano la maturità adeguata. Abbassare l’età del voto è del tutto legittimo. Sicuramente da discutere in sede parlamentare ”. Simile il commento di Di Maio, che ha però rivendicato l’idea: “Il voto ai sedicenni è una proposta che portiamo avanti da sempre e che sosteniamo con forza”. “Se a 16 anni un giovane può lavorare e pagare le tasse – ha aggiunto – dovrebbe almeno avere il diritto anche di votare e scegliere chi decide della sua vita”. Alla schiera dei favorevoli si sono uniti Nicola Zingaretti (Pd), Matteo Renzi (Italia Viva), Carlo Calenda (Siamo Europei) e Anna Maria Bernini (Forza Italia). Lo stesso ha fatto Matteo Salvini, affermando che la Lega è da sempre d’accordo perché ritiene che le nuove generazioni siano mature. Anche Giorgia Meloni dovrebbe appoggiare l’idea, stando alla proposta che avanzò nel 2008.

Il voto ai sedicenni sembra una possibilità concreta, che piace non soltanto ai post-ideologi del M5S, ma anche alle forze più tradizionali di centrosinistra e centrodestra. Questa riforma, secondo i loro esponenti, renderebbe onore ai giovani, intelligenti, informati e con evidente spirito critico. Eppure, gli attacchi da parte della classe politica ai potenziali nuovi elettori non sono mai mancati e si sono espressi, alcune volte, con ferocia molto poco istituzionale. Basta ricordare, per esempio, il tweet da cyberbullo di Maurizio Gasparri, che ad una giovanissima fan intervenuta in difesa del rapper Fedez, precedentemente insultato dal senatore di Forza Italia, rispose attaccandola sull’aspetto fisico: “Meno droga, più dieta, messa male”.

Quello di Gasparri nel 2014 non è l’unico esempio. Nel 2017, Romano Prodi affermò che “I ragazzi sono ignoranti e pensano che Maradona sia stato Presidente della Repubblica”. Un commento iperbolico, teso a provocare le risate del pubblico, ma che lascia comunque intendere la scarsa fiducia nelle nuove generazioni. Anche Matteo Salvini, in più di un’occasione, ha contraddetto la fiducia che da pochi giorni sembra aver trovato per gli under 18. Nel novembre 2018, quando gli studenti sono scesi in piazza a Milano per protestare contro le politiche del governo in materia di immigrazione e di tagli alla scuola, l’ex ministro dell’Interno ha postato sui suoi canali social una foto di tre ragazze minorenni che lo stavano contestando. Gli insulti sessisti da parte dei suoi seguaci non si sono fatti attendere, tra chi ha augurato alle ragazze di “fare la fine di Desirèe”, chi di “andare a prostituirsi” e di “essere stuprate”. Il registro non è cambiato tre mesi dopo, nel febbraio 2019, quando il leader della Lega ha condiviso l’immagine di alcuni giovani che lo stavano contestando pacificamente in Sardegna. Ancora una volta offesi, ancora una volta alla gogna mediatica a loro insaputa, senza una sola parola di Salvini per mitigare la violenza verbale dei suoi sostenitori.

Per avere un altro esempio dell’arroganza e della superficialità con cui le richieste e le paure degli adolescenti vengono liquidate basta aver dato uno sguardo ai commenti, di politici e giornalisti, durante la  giornata del Friday For Future lo scorso 27 settembre. A partire da quello di Vittorio Feltri, secondo cui i “gretini” – come Libero, di cui è direttore, ama definirli – “vanno in piazza senza sapere perché cacchio manifestano” e sostengono le idee false di “una ragazzetta goffa, ignorante come una capretta”. Anche in questo caso non si tratta di un commento isolato, come testimoniano le pesanti offese alla sedicenne Greta Thunberg da parte dell’allenatore delle giovanili del Grosseto calcio Tommaso Casalini e del consigliere comunale leghista di Turriaco Marco Tricarico. L’ultimo ad aver speso un’opinione sullo sciopero globale contro l’emergenza climatica è stato il turbofilosofo Diego Fusaro, secondo cui l’obiettivo è quello di “creare una massa di pecoroni privi di logos, che come gli schiavi di Orwell esprimano i due minuti d’odio per essere poi servi ideali del sistema”.

Bisogna chiedersi perché all’intera classe politica, che ha sempre sbeffeggiato e deriso i più giovani e le loro richieste, la proposta di Letta piaccia così tanto. Agli occhi dei più attenti, e maliziosi, non ci sono dubbi: la volontà è quella di sfruttare la generazione Z, fingendo di metterla al centro delle nuove politiche e ampliando la loro base elettorale. Non è un mistero, infatti, che il centrosinistra punti all’elettorato più giovane, tradizionalmente di sinistra e progressista, erodendo in questo modo il consenso della Lega. Dall’altra parte, però, il centrodestra può farsi forte dei dati Swg riferiti alle ultime europee, che mostrano come i 18enni, chiamati per la prima volta alle urne, abbiano scelto in massa la Lega. Vale lo stesso discorso per il M5S, dato che alle elezioni 2018 ha racimolato il 39,3% dei consensi nella fascia di età 18-24 anni.

Oltre ai calcoli elettorali, all’abbassamento dell’età seguirebbero altri benefici: come dimostrato dallo studio del ricercatore danese Jens Olav Dahlgaard, riportato anche dal Washington Post, dando il diritto di voto ai sedicenni otterremmo dei benefici evidenti, sia sul piano dell’affluenza sia su quello del senso civico. La partecipazione al voto dei genitori aumenterebbe di circa il 2,7%, forse perché questi sarebbero spinti a dare il buon esempio, accompagnando il figlio o la figlia al seggio. Ma, soprattutto, sono le ragioni morali a convincere maggiormente. Oggi il peso politico degli elettori italiani meno giovani è eccessivo (gli ultra 65enni rappresentano più del 26%) e incentiva politiche a breve termine, che penalizzano i millennials. Se è vero che a loro appartiene il futuro, è più che legittima la richiesta dei più giovani di esprimersi, di far sentire la propria voce e di far pesare i propri interessi in materia di investimenti nella cultura, cambiamento climatico, lavoro e crescita economica.

Non può essere una scappatoia l’idea qualunquista che la maggior parte dei sedicenni non si occupi di politica o sia politicamente immaturo. A differenza di chi semina odio online, nelle trasmissioni televisive o attraverso titoli di giornali offensivi, le nuove generazioni stanno dimostrando, giorno per giorno, amore per l’ambiente e interesse verso la politica delle azioni concrete e non delle risse. Come fa poi notare Tommy Peto, autore di una ricerca di Oxford sull’abbassamento dell’età di voto, anche nel caso in cui i teenager mostrassero apatia, la colpa non sarebbe da attribuire a loro, ma alla classe politica stessa, che li esclude e non si occupa delle loro necessità. “Quando il sistema politico si impegna a coinvolgere i più giovani, i più giovani si fanno coinvolgere dalla politica”, ha spiegato Peto a Pagina99. Segnali incoraggianti arrivano anche da alcuni Paesi dell’Europa. In Scozia, per esempio, gli under 18 hanno potuto votare per il referendum per l’indipendenza del 2014 e dal 2015 possono esprimere la loro preferenza in tutte le consultazioni politiche, nazionali o locali. Lo stesso accade in Austria e in alcuni Länder tedeschi. Dalle analisi svolte nei Paesi che permettono ai più giovani di votare è emerso che in molti casi questi hanno una pari maturità politica rispetto ai cittadini più anziani, dato che si responsabilizzano nel momento in cui l’età per il diritto di voto viene abbassata.

La proposta dell’ex premier Letta è condivisibile e tutt’altro che banale. Il problema, piuttosto, sta nella scarsa considerazione che buona parte della classe politica ha nei confronti degli adolescenti. Affermazioni e azioni denigratorie come quelle dei vari Gasparri, Salvini o Prodi, nonché di giornalisti come Feltri e Maglie, non possono che complicare il dialogo tra la politica e le nuove generazioni. Deridere i giovani che scendono in piazza per tutelare il loro futuro, attaccarli pensando che siano soltanto degli annoiati e viziati a cui interessa saltare un giorno di scuola, non porterà a nulla di costruttivo. Se la classe politica è davvero interessata all’estensione del voto ai sedicenni, deve iniziare a prenderli sul serio, ascoltando la voce di Greta Thunberg e di tantissimi ragazzi che, come lei, combattono per il loro futuro e quello del Pianeta. È necessario un mea culpa generazionale, che riconosca l’esistenza di un problema di sottorappresentazione delle loro idee. Bisogna farlo subito, perché non c’è più tempo per il facile sarcasmo e i giochi della politica.

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