Vincenzo Bianconi è il candidato civico scelto dal Partito democratico e dal Movimento 5 stelle per le prossime regionali in Umbria del 27 ottobre. Imprenditore di Norcia e simbolo della ricostruzione post terremoto, l’uomo, sia detto con tutto il rispetto, è “l’utile intelligente” – versione molto più nobile di quella “idiota” di staliniana memoria. Volendo definire la tipologia, Bianconi è una persona perbene, impeccabile, accorta, carismatica e sobria. Ma più di tutto, è dotato di un requisito considerato imprescindibile da chi l’ha scelto: è privo di qualsiasi legame, né attuale né passato, con la politica attiva. Un Giuseppe Conte a livello regionale, che ci fa capire la direzione scelta dallo schieramento di governo per rivolgersi agli elettori.
Per capire come si è arrivati alla sua nomina, bisogna fare un passo indietro. In Umbria, il voto è anticipato perché a maggio scorso la governatrice del Pd Catiuscia Marini ha annunciato le dimissioni in seguito a un’inchiesta su illeciti ipotizzati nelle assunzioni nel sistema sanitario che la vede indagata per abuso d’ufficio, rivelazione di segreto d’ufficio e falso. Già ad aprile M5S e Lega hanno dato il via alla loro campagna per conquistare una delle storiche “regioni rosse”, governata sempre da giunte di sinistra o centrosinistra. Ancora il 25 aprile Luigi Di Maio, a Perugia, ha attaccato il Pd sull’inchiesta, parlando di “cappa politico-criminale che ha infestato la sanità”.
Poi, ad agosto, cambia tutto. Matteo Salvini fa cadere il governo, il Pd offre un’alleanza al M5S per evitare le elezioni e il trionfo della Lega. Insieme i due partiti confermano a Palazzo Chigi Giuseppe Conte, una figura apparentemente super partes e inoffensiva, dal carisma capace di riscuotere una certa popolarità tra gli italiani. Il modello Conte funziona. L’uomo in apparenza apolitico si rivela un ottimo frontman per l’alleanza improbabile tra i due ex nemici. Tanto vale replicare: ben presto i dirigenti del Pd iniziano a proiettare il progetto nazionale su base locale, parlando della temporanea alleanza come di qualcosa di più, di un “incubatore di un nuovo progetto” da testare anche a livello regionale. Il primo test, per ragioni esclusivamente di calendario, è l’Umbria. Nel giro di due settimane, e dopo le solite schermaglie di Di Maio, i dirigenti del M5S accettano l’offerta del Pd. Tutto, pur di frenare l’avanzata della candidata leghista Donatella Tesei. Per essere più digeribile, l’alleanza viene presentata da Di Maio agli iscritti su Rousseau come un “patto civico per l’Umbria”, che prevede di sostenere “un candidato presidente civico, con il sostegno di altre forze politiche”. Più del 60% vota sì.
Nella scorsa settimana è partita la caccia al candidato, che ha bruciato un numero record di nomi nel giro di una settimana. Quello iniziale sostenuto dal Pd è Andrea Fora, ex presidente di Confcooperative, che aveva già iniziato a strutturare la sua campagna elettorale. Il M5S lo ha subito bocciato. Problema: è del Pd. Quindi è spuntato il nome Stefania Proietti, sindaca di Assisi ritenuta una brava amministratrice. Il Pd l’ha subito bocciata. Problema: è del M5S. Le condizioni reciproche dei due partiti sono emerse in poco tempo: il candidato non deve avere legami con i partiti o incarichi di governo e rispettare tutti i cliché del “candidato civico”. Deve essere uno bravissimo, ma a fare altro, non politica.
La girandola di nomi è stata varia e fantasiosa. I più, sospettosi forse di essere chiamati a un ruolo di facciata, si sono fatti da parte da soli. Catia Bastioli, presidente di Terna e amministratrice delegata del colosso della bioplastica Novamont, ha declinato gentilmente l’offerta. Brunello Cucinelli, l’imprenditore illuminato del cashmere che proprio in Umbria ha il suo quartier generale, ha incontrato Luigi Di Maio per poi rifiutare le avances e spiegare che il suo mestiere resta quello di “imprenditore”. Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, ha fatto sapere il suo no dopo che ormai la sua candidatura sembrava cosa fatta, costringendo Pd e M5S a una nuova ricerca.
Così, il nome trovato in extremis e annunciato la sera del 22 settembre a meno di un mese dalle elezioni, è quello di Vincenzo Bianconi: “47 anni, presidente umbro di Federalberghi e soprattutto imprenditore nel settore della ricezione turistica di Norcia”, l’uomo è un’eccellenza italiana nel campo degli alberghi, vincitore nel 2017 del prestigioso Hotel of the year, con il suo Palazzo Seneca di Norcia.
La sua storia è impeccabile, ed esemplificativa del nuovo profilo di candidato che ci aspetta. Marito e papà di due figli, laureato in Economia del Turismo all’Università di Perugia, Vincenzo ha raccolto l’eredità di famiglia nel campo della ricezione , portando avanti numerose realtà alberghiere in Umbria. È un imprenditore illuminato, Vincenzo, uno di quelli per cui la formula così banale non è sprecata, una volta tanto. Non costruisce solo hotel, ma al contrario li usa come un mezzo per promuovere la sua Umbria, l’economia artigianale locale e una forma di turismo ecosostenibile.
Quando il terremoto dell’agosto 2016 danneggia gran parte dei suoi alberghi (al momento del sisma ne aveva quattro, oltre a tre ristoranti e un centro sportivo), lui diventa il simbolo della volontà di ricostruzione degli umbri. Riparte dall’unico hotel rimasto illeso, il Relais & Chateaux Palazzo Seneca, e si mette alla guida degli imprenditori di Norcia e dintorni che vogliono ricostruire la loro terra. “Siamo in ginocchio, ma dobbiamo inventarci qualcosa per cui valga la pena alzarsi ogni mattina”, racconta subito dopo il sisma, dimostrando notevole capacità comunicative. “La nostra visione del turismo del presente e del futuro si basa su tre parole chiave: gentilezza, onestà, comunità”, scrive. “La nostra Famiglia vive e fa impresa a Norcia dal 1850, per noi è il posto più bello del mondo dove vivere e da dove guardare al futuro”.
Nel passato non ha avuto alcun legame partitico o endorsement politico, ma solo una intensa attività con le associazioni. È vicepresidente del Distretto Biologico di Norcia, presidente dell’associazione I Love Norcia e presidente della Delegazione Italiana Relais & Chateaux. Naturale che questi ruoli gli abbiano imposto nel corso degli anni una certa equidistanza dagli schieramenti politici e una propensione a relazionarsi con chiunque.
La prima frase da lui usata nel video che annunciava la sua candidatura, del resto, mette in chiaro le cose: “Sono un imprenditore umbro di Norcia”. Il resto, è puro storytelling: “È ora di ricostruire il futuro dell’Umbria perché è una regione straordinaria e civile che ha bisogno di fortissimi cambiamenti”, “Ogni giorno con la schiena dritta cerco di migliorare le cose che mi circondano”, “Non mi sono mai tirato indietro dinanzi alle sfide che la vita mi ha posto”, e così via.
Zingaretti parla di una candidatura “bella e forte”, anche se non ci si spiega come mai quello di Bianconi sia stato il sesto o settimo nome a essere preso in considerazione (peraltro neanche dal Pd). Franceschini saluta quella candidatura come “un altro passo verso la creazione di un campo riformista in grado di battere la destra e cambiare l’Italia”, senza specificare quali siano le proposte in ottica riformista portate da Bianconi, nome fino a ieri sconosciuto allo stesso Pd. A dare voce ai molti dubbi sulla scelta del candidato è Arturo Parisi, tra i fondatori storici del partito, che ha anche ricordato ai suoi colleghi più smemorati come alle ultime elezioni europee Bianconi sostenesse pubblicamente Arianna Verucci, candidata a Bruxelles con Forza Italia.
Luigi Di Maio, invece, lo presenta come “una persona super competente, che non si arrende mai. Un uomo risoluto e tenace […] La persona giusta per ricucire quel rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini che in Umbria, dopo lo scandalo sulla sanità, oramai sembra perso”.
Eccolo, il punto politico. Per ricucire il rapporto con i cittadini, la politica sceglie una volta di più un non politico. Un uomo impeccabile, che però non ha un minimo di storia politica, ormai considerata alla stregua di una macchia sul curriculum, di una spia di malaffare e di personalità poco attraente e carismatica. Poco contano gli interrogativi, anche di buon senso, che circondano la sua figura (si badi bene, non la sua persona): come farà a strutturare una campagna elettorale così delicata nel giro di meno di un mese; come sceglierà la sua squadra di assessori; a quali principi politici si ispirerà; quando e come vaglierà i profili dei consiglieri candidati; quando strutturerà il suo programma per l’Umbria; sulla base di quali conoscenze opererà la delicatissima operazione di spoil system cui sono chiamati tutti i governatori appena eletti; grazie a quali esperienze politiche pregresse riuscirà a evitare le prevedibili imposizioni dall’alto. Specialmente se avrà successo alle elezioni, il suo modello di candidatura potrebbe essere replicato da Pd e M5S alle prossime elezioni in Campania, dove i partiti potrebbero scegliere un nuovo imprenditore o personaggio pubblico più o meno illuminato, che però non abbia nulla a che fare con la politica. L’importante, l’abbiamo visto, è che sia il più possibile lontano da loro.