In vista delle elezioni Europee, a destra i candidati sembra stiano facendo una gara sul modo più deprecabile per istruire i propri elettori riguardo il modo di votare sulla scheda. La presidente del Consiglio Meloni ha chiesto di scrivere semplicemente Giorgia, come fosse un gioco, e d’altronde lei, pur essendo candidata, non andrà mai all’Europarlamento – scelta discutibile che hanno seguito anche leader di altri partiti, compresi alcuni di centrosinistra. La Lega, in affanno per il calo di consensi, sta tentando disperatamente di recuperare voti con la strategia “andiamo ancora più a destra di Fratelli d’Italia”. Missione tragicomica: non riesco infatti a immaginare qualcosa che sia più a destra del neofascismo. Eppure, l’impegno non è mancato. Il generale Roberto Vannacci, in uno spot elettorale, ha chiesto ai suoi elettori: “Fate una Decima sul simbolo della Lega”, mimando con le dita il gesto della X. La sottosegretaria Pina Castiello, anche lei leghista, in un video sorride tagliando una torta con una voce fuori campo a dire: “Fai la Decima Mas”. Lei ha risposto dicendo “La Decima, bravo”, per poi commentare sui social: “Noi la torta la tagliamo con una Decima”. Immagino che un cittadino spagnolo o austriaco che voterà alle europee non abbia idea di cosa voglia dire X Mas. Probabilmente pensa che sia il Natale. In realtà, quella X che i leghisti chiedono di scrivere sulla scheda è la stessa X che la Decima Mas, corpo militare alleato della RSI e dei nazisti dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, incidevano sui cadaveri dei partigiani in seguito a stragi perpetrate in tutta Italia.
Le giustificazioni dei diretti interessati, come spesso accade, sono state imbarazzanti. Vannacci ha spiegato che si riferiva alle “gloriose imprese belliche” della Decima prima della loro collaborazione con i nazisti. Un po’ come i ragazzi che postano una svastica sui social per poi dire: “Eh, ma intendevo il simbolo delle antiche culture euroasiatiche, cosa credevate?”. Castiello è stata ancora più evasiva, uscendosene con la frase: “A sinistra hanno totalmente smarrito il senso dell’ironia”. Cosa ci sia di ironico, lo sa soltanto lei. Tra il 1943 e il 1945, ogni tanto i cittadini si svegliavano e trovavano sugli alberi ai lati delle strade dei corpi che penzolavano. Erano quelli dei partigiani. Oltre alla X incisa sul petto, spesso c’era un cartello appeso ai corpi con una scritta che recitava: “È passata la Decima”.
La destra approfitta da sempre della memoria a breve termine degli italiani, spesso sconfinando nel revisionismo storico. Un ripassino del nostro passato non serve tanto ai Vannacci e alle Castiello di turno – loro conoscono benissimo le azioni riconducibili ai loro riferimenti – quanto ai cittadini, anche perché abbiano chiaro a chi danno il proprio voto. Dunque, la Decima Mas, o X Mas, ufficialmente il proseguimento della X Flottiglia Mas dopo l’armistizio, era un corpo di Marina che decise di cooperare con i nazisti tedeschi e con la RSI.
In mare usava dei mezzi d’assalto subacquei soprannominati “maiali”. Sì, lo so che state pensando al capolavoro Porco rosso del maestro Hayao Miyazaki del 1992, alla scena in cui viene spiegato come “piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale”. Eppure, la Decima Mas dal 1943 parcheggiò i propri maiali e agì in superficie. Rastrellamenti, agguati, saccheggi, stupri, fucilazioni sommarie, stragi. I soldati facevano il giro delle frazioni, dei piccoli borghi, e la popolazione civile ritenuta fiancheggiatrice dei partigiani non la passava liscia. Spesso lo facevano con le divise dei nazisti per non farsi riconoscere. La morte non era quasi mai indolore. I partigiani catturati venivano torturati in piazza, con la folla costretta ad assistere. Venivano accesi degli stracci imbevuti di benzina e la fine arrivava lenta a causa delle ustioni. Se avevano fretta si passava a piano B: plotone d’esecuzione, fucilazione e via.
Il comandante, colui che strinse gli accordi con i nazisti, era una figura che sarebbe riapparsa anche diversi anni dopo nello scenario storico italiano: Junio Valerio Borghese. Molti dei crimini di guerra da lui orditi rimasero nascosti per circa mezzo secolo. In quello che venne ribattezzato “l’armadio della vergogna”, nel 1994 furono ritrovati nel palazzo Cesi-Gaddi a Roma 695 fascicoli sui crimini di guerra compiuti dai nazifascisti tra il 1943 e il 1945, compresi quelli della Decima Mas. Fu il giornalista Franco Giustolisi a realizzare delle inchieste per L’Espresso facendo riemergere i documenti che, a suo dire e secondo le seguenti indagini, erano stati occultati per una questione di “ragion di Stato”.
La Decima Mas cadde in seguito alla Liberazione, e inizialmente Borghese fu condannato all’ergastolo. Poi a dodici anni di carcere. Infine, in seguito all’Amnistia Togliatti, fu scarcerato. Non la migliore delle idee. Ovviamente non c’è da sorprendersi se divenne presidente del Movimento Sociale Italiano dal 1951 al 1953. Nella vita tutto torna, i cerchi si chiudono con il cinismo del male perpetuo, e oggi siamo governati dal partito figlio dell’MSI, con i suoi alleati che inneggiano alla Decima Mas. Nel 1970 Borghese arrivò a un passo dal colpo di Stato – il golpe Borghese – quando radunò 20mila uomini tra dirigenti e militanti del Fronte Nazionale, neofascisti indipendenti e paramilitari. Tutto fu interrotto da una misteriosa telefonata, dopo la quale Borghese impartì il contrordine. Ancora oggi, nel 2024, non si sa con certezza chi ci fosse dall’altra parte della cornetta, anche se le ipotesi si sono ridotte a tre opzioni: Licio Gelli, Giulio Andreotti o qualche uomo dei servizi segreti americani. Borghese, in seguito, fuggì (o meglio, fu lasciato fuggire) nella Spagna franchista, dove morì nel 1974.
È ironico che probabilmente il pubblico generalista conosca la Decima Mas solo in seguito alla partecipazione di Enrico Montesano a Ballando con le stelle nel 2022. Durante la registrazione di alcune prove di ballo, infatti, si presentò con una maglietta raffigurante i loro simboli e la RAI lo fece fuori dalla trasmissione. Anche in quel caso le giustificazioni, più simili ad arrampicate sugli specchi, furono materiale da meme: “Avevo un nonno tipografo all’Unità”, o la frase della moglie: “A casa ha anche una maglietta di Mao”. Quello fu però un caso più televisivo, uno scoop dai toni scandalistici che non creò un vero dibattito pubblico sul ruolo della Decima Mas nella nostra storia. Oggi, invece, sono dei politici a tirarla in mezzo, non dei comici in una trasmissione di ballo. E lo fanno in associazione all’atto democratico per eccellenza: le elezioni. Montesano fu escluso da un programma televisivo; mentre ora non c’è nessuno a escludere certi soggetti politici dalle elezioni. E del resto in Italia la pubblicazione di un libro intriso di idee omofobe, razziste e retrograde sembra favorire la notorietà anziché l’oblio di certi soggetti.
Un altro problema è che Vannacci stesso sta inglobando il tema stesso. Per una volta, infatti, sarebbe meglio non dare spazio al personaggio in questione, altrimenti si perde il focus sulla Decima Mas. È anche questa una strategia cara alla destra: sviare il discorso facendo leva sulla persona che catalizza tutto, e così i titoli dei giornali fanno un minestrone sul Vannacci-pensiero, mettendo ogni ingrediente insieme e disperdendo il senso d’indignazione che dovrebbe accompagnare il gesto a sé stante. Così si fa il suo gioco, quello del “purché se ne parli”. Come conseguenza il suo libro vende più copie e lui ottiene più visibilità. Probabilmente è ciò che desiderava anche la sottosegretaria Castiello, conscia che dopo il caso Vannacci anche lei, cavalcando l’argomento, sarebbe finita sui giornali. La piaga però è ben più grande di Vannacci, Castiello o delle provocazioni per farsi pubblicità. C’è di mezzo la memoria storica, un corpo fascista alleato con i nazisti con a capo un futuro presidente dell’MSI, nonché golpista.
Ciò che resta è la consapevolezza di essere governati, nel 2024, da loro. Dagli eredi della Decima Mas, di Borghese e dell’MSI. Per una volta lasciamo Vannacci nel fondale dei suoi pensieri discriminatori e concentriamoci sulla luna e non sul dito. Se l’Italia che vogliamo è quella del Memento audere semper e degli ex missini allora qualcosa non va. Probabilmente si torna alle colpe della memoria storica debole e delle giustificazioni raffazzonate che spingono i cittadini a convincersi che la narrazione del momento sia quella giusta. Crederanno magari anche a chi arriverà a dirci che quel motto latino è di D’Annunzio e non c’entra nulla con lo slogan portato avanti da decenni dai principali gruppi neofascisti. Come la svastica, la X Flottiglia Mas e il nonno tipografo all’Unità. Un tempo la X era un simbolo di inclusione: la firma degli analfabeti che avevano comunque il diritto di possedere o lasciare il loro segno sui documenti ufficiali, oggi è l’aberrazione di un marchio d’infamia usato da una formazione militare nazifascista, rievocato in un contesto pre-elettorale.