La scorsa settimana il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha autorizzato il nuovo decreto sicurezza firmato Matteo Salvini. Nel farlo, il Capo dello Stato ha voluto sottolineare che “Restano fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato,” intimando dunque il massimo rispetto della Carta costituzionale italiana nella messa in pratica delle misure contenute nella nuova legge. “Dopo tante polemiche e tanti che dicevano ‘Mattarella non firmerà’, oggi il Presidente ha firmato il decreto migranti e sicurezza: ciapa lì’ e porta a cà,” ha esultato il Ministro dell’Interno su Facebook, mischiando italiano e dialetto milanese.
Al di là degli aspetti del decreto riguardanti il diritto all’asilo e la cittadinanza, bollati da molti come “capolavoro di razzismo istituzionale” e criticati sia dagli operatori giuridici, sia dalle realtà appartenenti al settore, c’è un altro punto del decreto che sta suscitando grandi polemiche e che rischia di scontrarsi con la Costituzione. L’introduzione del Daspo negli ospedali. L’articolo 21 include infatti “I presidi sanitari nell’elenco dei luoghi che possono essere individuati dai regolamenti di polizia urbana ai fini dell’applicazione delle misure a tutela del decoro di particolari aree urbane.” Questo determina “La possibilità di applicare tra l’altro la misura del provvedimento di allontanamento del Questore (Daspo urbano) nei confronti dei soggetti che pongono in essere condotte che impediscono l’accessibilità e la fruizione nei suddetti ambiti.”
La norma è un’estensione di quanto introdotto nel 2017 dall’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti. Nel suo Decreto Sicurezza, l’ex ministro del Pd parlava per la prima volta di “Daspo urbano”, una misura con cui era possibile per un sindaco e per il prefetto multare e stabilire un divieto di accesso ad alcune aree della città per chi assumesse “Condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione.” E così, l’anno scorso, a Bologna, dieci persone che dormivano sotto i portici vicino alla stazione, con le rigide temperature di fine novembre, sono state allontanate e colpite dal divieto di tornare in zona. A Milano, una donna che chiedeva l’elemosina sulle scale che conducono alla metropolitana ha ricevuto un Daspo perché “impediva l’ingresso alla banchina.” A Roma il questore ha interdetto l’accesso all’area della stazione Termini per alcuni ambulanti che erano soliti operare in zona. In poco tempo, la norma è diventata un’arma di decoro in mano a sindaci-sceriffi, che in giro per l’Italia hanno iniziato ad allontanare determinate fasce di popolazione – soprattutto senza dimora e immigrati – dai centri storici-vetrina e dai luoghi ad alta frequentazione turistica.
Con il nuovo decreto sicurezza di Salvini, però, il concetto di decoro viene portato alle estreme conseguenze e anche un luogo come un ospedale può diventare off-limits. L’introduzione di questo speciale Daspo sanitario è legata a stretto giro alle aggressioni fisiche e verbali che spesso subisce il personale medico, soprattutto nelle ore notturne. Il sindacato medico Anaao Assomed ha condotto un’indagine dall’aprile al maggio 2018 su 1280 soggetti, e il quadro che ne è risultato è in effetti preoccupante. Il 65% circa dei medici partecipanti al sondaggio ha detto di essere stato vittima di aggressioni, di questi il 66,19% ha riferito di aggressioni verbali e il 33,81% di aggressioni fisiche. Non è specificata la nazionalità degli aggressori, ma basta fare qualche ricerca per rendersi conto che, per quanto Salvini voglia etichettare come carnefici soprattutto i migranti e le persone affette da disturbi mentali, molti episodi sono riconducibili a italiani senza particolari patologie. Casi emblematici e recenti sono quelli di Palermo, dove un paziente italiano ha preso a pugni un medico causandogli la perforazione di un timpano; di Cascina, dove un medico Inps è stato aggredito da un italiano che si rifiutava di sottoporsi a visita fiscale; o di Boscotrecase, dove un sanitario è stato colpito da un 40enne italiano perché si era rifiutato di fare una radiografia. Tutto questo fa tornare in mente quando il ministro dell’Interno Salvini aveva lanciato l’allarme per un “esplosione di aggressioni” da parte di “pazienti psichiatrici”, invocando la messa in discussione della legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi. Un fenomeno prontamente smentito dalla Società italiana di psichiatria.
Anche l’Associazione dei chirurghi ospedalieri si è scagliata contro la nuova norma. “Da anni sollecitiamo interventi per garantire la sicurezza nei presidi sanitari, ma allontanare le persone dagli ospedali non sembra la soluzione migliore: tutti hanno il diritto a essere curati,” ha spiegato il presidente Pierluigi Marini. “Il diritto alla salute è tutelato dalla Costituzione ed è una garanzia intoccabile, guai a introiettare elementi discriminatori,” ha aggiunto. In effetti, l’articolo 32 della Costituzione italiana sottolinea che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.” La norma prevista dal decreto legge mette in crisi l’etica professionale del personale sanitario stesso. Un’etica a cui Salvini sembra comunque poco interessato. Qualche giorno fa un medico di un pronto soccorso di Trento si è rifiutato di fornire le cure a un immigrato irregolare, recatosi in ospedale per delle ferite. La motivazione è stata che allo straniero era scaduto il permesso di soggiorno, si trattava dunque di un irregolare. Questo comportamento infrange una direttiva del 2009 del codice deontologico che stabilisce “Il divieto di segnalare alle autorità lo straniero irregolarmente presente nel territorio dello Stato che chiede accesso alle prestazioni sanitarie.” Nonostante ciò, il Ministro dell’Interno Salvini ha lodato la presa di posizione del dottore: “Solidarietà al medico di Trento che ha segnalato ai carabinieri un immigrato marocchino irregolare. Abbiamo il dovere di garantire cure mediche a tutti, ma non possiamo dimenticare l’esigenza di contrastare l’immigrazione clandestina.” Allo stesso modo, a nessuno può essere negato tale trattamento e farlo, qualunque sia il motivo, significa mettersi in contrasto col testo costituzionale. Il fatto che quelle stesse categorie beneficiarie della norma, cioè i medici vittime di aggressioni, contestino in modo così fragoroso il Daspo sanitario, rende bene l’idea dello scostamento tra le idee di governo e l’effettiva efficacia delle sue misure.
Il Daspo dagli ospedali introduce elementi discriminatori nell’accesso alla cura medica. E, guarda caso, a farne le spese saranno sempre le stesse categorie sociali: i più poveri, le persone affette da disagio psico-sociale, gli emarginati e in generale quelle persone spesso già escluse dai circuiti sociali e che rischieranno di restare fuori anche da un sistema fino a oggi dato per scontato, quello sanitario. Molte aggressioni, come detto, avvengono a opera di italiani senza particolari disturbi. Altre avvengono nei Sert o nei reparti di psichiatria e in oltre un caso su tre sono riconducibili a fattori socio-culturali e psichici. Può trattarsi di persone consumate da alcool e droghe, altre volte sono responsabili dei senza dimora – in alcuni casi questi elementi si combinano. A essere coinvolte sono insomma le fasce più deboli della popolazione, che necessitano dunque di aiuto.
Spesso gli ospedali si trasformano in spazi ufficiosi di accoglienza per disperati che non hanno altri posti dove andare, soprattutto nelle ore notturne e nei mesi più freddi. Gli episodi di aggressività fisica e molestie verbali non mancano, ma è necessario considerarli alla luce del profilo sociale dell’aggressore, della sua storia, della sua condizione. Esistono casi e persone differenti, e il tutto non può essere ridotto a una generica norma di interdizione che metta tutti sullo stesso piano. Il Daspo dagli ospedali introdotto dal nuovo dl sicurezza toglierà protezione ai più bisognosi, che finiranno anche per pagare per la violenza di altri. Inutile sottolineare come dietro alla violenza in molti casi si possano nascondere diverse forme di disagio, che necessitano di un aiuto concreto e non di una negazione vendicativa di supporto. Per queste persone spesso l’aiuto delle cure mediche serve proprio a prevenire un possibile accesso d’ira violenta. Anche per questo, lasciare senza cure e in mezzo alla strada persone violente e con disturbi non è di sicuro la strategia migliore, specialmente per un Ministro che ha fatto dell’esasperazione securitaria un suo cavallo di battaglia.
Il Daspo dagli ospedali appena introdotto dal dl sicurezza è una misura che svuota ancora una volta il mantra salviniano del “prima gli italiani”. Precedentemente, ci aveva pensato la circolare sgomberi – a firma sempre di Salvini – ad andare nella stessa direzione. Essa prevede un censimento nazionale degli occupanti degli immobili e sgomberi tempestivi, rischiando di lasciare per strada migliaia di famiglie in difficoltà – tanto straniere quanto italiane – senza che venga loro fornito un adeguato supporto. “La circolare è di un cinismo inaudito, oltre che illegale: dispone gli sgomberi, ma poi se ne frega dei ricollocamenti di chi viene sfrattato lasciando tutto in mano a Comuni che non hanno né le risorse, né le strutture per trovare soluzioni alternative,” ha spiegato Massimo Pasquini, segretario nazionale dell’Unione Inquilini. Emblematica la storia della signora italiana di 70 anni e con una pensione minima di 400 euro, sfrattata con la forza a Roma a fine settembre. Un’altra misura che strizza l’occhio alla classe medio-alta è quella della “pace fiscale” che a detta del Ministro Salvini avrebbe dovuto permettere ai piccoli imprenditori strozzati dalla crisi di rientrare nella legalità, ma che poi, stabilendo che potrà rientrare nella normativa chi avrà accumulato un contenzioso con il fisco fino a 500mila euro, ha svelato la sua vera natura borghese, indirizzata a grandi imprenditori e professionisti. Un discorso che riguarda anche la flat tax, che renderà i ricchi ancora più i ricchi.
L’interdizione dagli ospedali è solo un nuovo capitolo della personale guerra ai poveri del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Questa norma, come detto, andrà a colpire soprattutto gli emarginati e rischia di trasformarsi in una negazione massiva di un diritto costituzionale, quello alla salute. La sensazione è che quella di Salvini non sia più una crociata a favore degli italiani, quanto piuttosto una battaglia contro i più deboli, qualunque sia la loro nazionalità. “Prima gli italiani” sì, ma solo se bianchi, ricchi e in salute.