Abbiamo lasciato Renzo Bossi nel 2012, dimessosi dal Consiglio regionale lombardo dopo lo scandalo dei soldi pubblici versati alla Lega e utilizzati per fini personali. Per le sue dimissioni, nell’aprile del 2012, versammo un indennizzo di 40mila euro. Una cifra da aggiungere allo stipendio mensile di 12.555 euro netti da consigliere; una somma onesta per un ragazzo bocciato tre volte di fila (quattro, se contiamo che l’esame è stato fatto ripetere dopo una protesta dei genitori e un ricorso al Tar) all’esame di maturità. Lo scandalo dei fondi della Lega fece quasi sparire un partito che per anni aveva contrapposto la sua “onestà” alle varie ruberie dello Stato e dei partiti – era il periodo della Lega al 6%. Come giustificare del resto “Roma Ladrona” agli elettori quando il figlio del tuo leader viene accusato di utilizzare i soldi pubblici per pagarsi 22.600 euro di mojito, spritz e negroni o 77mila euro per una laurea all’Università Kristal di Tirana?
“Non sapevo di essere laureato”, dichiarerà Renzo Bossi durante il processo nel 2016, “I documenti sulla mia laurea li ho visti solo quando sono stati pubblicati durante l’indagine”. Secondo gli ex autisti della Lega, il Trota avrebbe speso 600mila euro di soldi pubblici in due anni, facendo tipo 8mila euro di shopping in un giorno a Brescia. “Prima andavamo in giro con un’Alfa 159, poi con un’Audi A5,” ha raccontato uno di loro. “Renzo pretendeva che si usasse il lampeggiante per saltare le code, cosa che non è consentita a un consigliere regionale”.
Pensate, se questo scandalo non fosse mai venuto fuori, al posto di Matteo Salvini ora ci sarebbe Renzo. Sarebbe dovuto essere lui “il futuro capo della Lega” secondo i piani del padre Umberto. Invece nel 2017 è stato condannato in primo grado a un anno e mezzo, insieme al padre e al tesoriere Francesco Belsito. Pochi giorni fa, invece, è arrivata la svolta: il 23 gennaio, all’esito del giudizio di appello, Umberto e Renzo sono stati ufficialmente prosciolti. Questo grazie alla decisione di Matteo Salvini di querelare solo Belsito e non la coppia padre-figlio. “Grazie Salvini,” è stata la dichiarazione del Trota. L’ex tesoriere ha avuto invece una reazione diversa, “Sono rimasto con il cerino in mano,” ha detto Belsito, “Pago lo scotto di essere stato il tesoriere che ha eseguito determinati ordini. In questo caso paga l’esecutore ma non il mandante”.
Ora Renzo Bossi è finalmente libero di reinventarsi e di intraprendere nuove strade. Sul suo profilo Instagram dal meraviglioso nome “theimportanceofbeingbossi” – come se si trattasse di un Rick Ross qualsiasi – possiamo ammirare la sua nuova vita da bomber influencer. Il 18 ottobre distrugge la sua automobile, forse una Alfa Romeo Giulia, e commenta con la didascalia “crash test passato”, aggiungendo alla fine una bella cit., “die hard”.
Poi si mette in posa sotto la casa di Chiara Ferragni a City Life e compone una di quelle classiche didascalie inspirational che fanno tanto modella di Victoria’s Secret. In questo caso addirittura in inglese, perché magari qualcuno dalla Tanzania o dall’Albania lo segue ancora. “Non importa che cosa pensino e dicano gli altri,” dice Renzo, “Combatti sempre per ciò in cui credi!”.
Poi arriva una serie di fotografie legate alla Russia. Curiosamente, il figlio della Lega ha aperto un’azienda che intrattiene business principalmente con il Paese di Putin. Il Trota è infatti amministratore unico della Resil s.r.l., società in cui Renzo stesso svolge in prima persona “servizi di consulenza amministrativa, finanziaria e marketing”, “promozione commerciale di prodotti e servizi in Italia e all’estero” e “attività di import-export”. Ecco allora mini-Bossi alle prese coi selfie nella Piazza Rossa di Mosca, e non manca di mettere in chiaro di essere un habitué.
Eccolo invece mentre scatta una foto al suo soggetto preferito: se stesso.
Ma Renzo, non è solo business (oltre al marketing in Russia, ha aperto la Bagg in time, una startup rivoluzionaria che trasporta i tuoi bagagli dagli hotel di Milano all’aeroporto di Malpensa): ogni tanto si prende anche il tempo di riflettere sulla sua esistenza travagliata, come è accaduto una settimana prima del giudizio di secondo grado. “Il tempo ci dona la virtù della pazienza,” scrive, “Ed io dopo 7 anni ancora sono qui in attesa che si riveli la verità su quegli anni tanto discussi”.
La foto sembra innocente, ma rivela meglio di tante altre l’ultima fase della vita del pargolo più giovane dell’ex leader della Lega, quella da influencer. La foto in realtà è stata postata per pubblicizzare la felpa di Diyfabriloren, azienda che crea e permette a tutti di realizzare i propri capi di abbigliamento. Nei giorni successivi Renzo pubblicherà altre immagini legate all’azienda. Come questa in cui posa alla luce del tramonto, paragonandosi a Neo di Matrix.
E una, la più recente, dove addirittura cita il Dalai Lama.
“Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri,” dice l’uomo accusato di aver utilizzato soldi pubblici per pagare vacanze personali, “L’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere”.
Un accostamento che farebbe girare i coglioni anche al capo spirituale del buddhismo.