Ho visto la ‘ndrangheta al nord e mi hanno processato per violenza sessuale
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Ho scoperto la storia di Luca Talice per caso, tre mesi fa, mentre intervistavo Lucrezia Ricchiuti sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in Brianza. «E poi,» mi ha detto la senatrice di Mpd, «c’è la storia allucinante di questo ottico di Seregno. La conosci?». No, non la conoscevo e in effetti sui giornali non se n’è parlato troppo. Non era però sfuggita a Ricchiuti, già vicesindaco del vicino comune di Desio, amministratrice-simbolo di una fetta di Brianza che, specie dopo l’operazione Crimine-Infinito, si è adoperata per fermare il radicamento della criminalità organizzata in Lombardia.

Per farla breve: Luca Talice è un ex-assessore leghista della Provincia di Monza e Brianza ed ex-consigliere del Comune di Seregno, il cui sindaco è stato arrestato lo scorso lunedì mattina in un’inchiesta che ancora una volta denuncia il radicamento della criminalità organizzata nel Nord del Paese. Secondo i pm il sindaco era “lo zerbino” di un imprenditore legato alle cosche a cui serviva un’autorizzazione per costruire un supermercato. Che qualcosa non vada per il verso giusto nella gestione urbanistica di questo ricco paesotto brianzolo, però, lo si sospetta da anni. Ci sono state inchieste, polemiche, denunce.

Edoardo Mazza, sindaco di Seregno

Talice ha tentato di ficcare il naso in questa palude nel 2010. Un anno dopo ci ha rimediato un’accusa totalmente inventata di violenza sessuale che l’ha tenuto in ballo per due anni, vicenda preceduta da minacce e avvertimenti e seguita da dimissioni e addio alla politica. «Mia madre c’è morta di dispiacere per questa roba», mi dice. «Forse, se devo ragionare con il cuore, tornerò a fare politica, se devo ragionare con la testa dico che è meglio di no, qualcosa tirano fuori sempre per fermarti. Io poi adesso ho due bambini, di nomi non ne faccio più».

«Nel 2010 – racconta – ero assessore alla Provincia e avevo capito che a Seregno c’erano cose nel piano urbanistico che volevano approvare, ma che non andavano bene». Allora era sindaco il leghista Giacinto Mariani, poi vicesindaco, indagato anche lui e qui in foto con il leader della Lega Matteo Salvini. «C’era una riduzione del parco del 10%». Talice si oppone, muove forse un po’ troppe cose, e poche settimane dopo arrivano le prime minacce: volantini elettorali con la testa tagliata recapitati a casa dei genitori. «C’erano anche politici, che mi dicevano di lasciar perdere, di evitare di mettersi contro le istituzioni».

Luca Talice

Poche settimane dopo il casino scoppia davvero: l’11 gennaio del 2011 Talice è sotto la doccia quando lo chiama un amico raccontandogli che un giornale brianzolo, curiosamente diretto da Marco Pirola, sospeso cautelarmente nel 2012, a livello disciplinare per due mesi dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia, perché sarebbe stato a libro paga del politico Massimo Ponzoni, anche lui finito nell’inchiesta di Seregno, riporta la notizia di un’inchiesta partita da due giovani attivisti della Lega che lo accusano di violenza sessuale. «Prima ho pensato a uno scherzo, dopo sono svenuto».

Iniziano i due anni peggiori della vita di Talice, coinvolto in un’inchiesta che però, da subito, fa acqua da tutte le parti. Uno dei due accusatori – un ragazzo e una ragazza – riferisce di avere avuto rapporti sessuali con l’ottico in una casa in cui, al momento delle accuse, Talice non abitava ancora. Altrettanto curiosamente le intercettazioni che dovrebbero inchiodarlo sono state trascritte in maniera sbagliata. In una telefonata intercettata Talice accennava a una foto mezzo nudo con “la Consuelina”, che era la sua fidanzata e oggi moglie. Nelle trascrizioni compariva, invece di Consuelina, il nome di una delle accusatrici. In un’altra i due accusatori definiscono Talice “un truffatore”. La trascrizione, poi corretta, parla invece di “stupratore”. Dall’inchiesta, così, l’ex-assessore esce 24 mesi dopo, prosciolto dal Tribunale dalle accuse di violenza sessuale.

Giacinto Mariani, vicesindaco

Il collegio giudicante, composto tutto da donne, ha anche una sua teoria sul perché Talice sia finito in questo casino: «La maggioranza si era divisa in due fazioni, la prima schierata con Talice che si opponeva radicalmente alla trasformazione delle aree verdi in edificabili, la seconda facente capo al sindaco,» dell’epoca, e cioè, Mariani, ora indagato. E poi: «Non hanno bisogno di esser spiegati i forti ed elevatissimi interessi economici sottostanti alla prospettiva di lottizzazione». In fondo a questo documento si possono leggere stralci della sentenza. Insomma, Talice rompeva le palle. Non ci sono prove di collegamenti diretti tra la sua vicenda, le mosse della criminalità organizzata, la battaglia politica. Ma le parole dei giudici sono chiare. E oggi, con l’inchiesta che travolge i vertici politici di Seregno, il quadro è forse ancora più chiaro.

Talice ora la racconta così: «Avevo elaborato la teoria delle 4 C: i soldi della cocaina (la prima c), che qui scorre a fiumi, vengono riciclati in parte nel cemento (la seconda C), in parte nei contatti (la terza C) attraverso feste nei locali e nelle discoteche e in parte nella corruzione (quarta C). Poi però è spuntata la quinta C: cioè la Coincidenza che appena lo scopri vieni fatto fuori». In realtà Talice deve ancora fronteggiare l’appello proposto quattro anni fa dal pm per ipotizzati reati di  “atti osceni in luogo pubblico” – fattispecie recentemente depenalizzata – che sarebbero avvenuti in Municipio.

Ci sarebbe poi da discutere anche del ruolo della Lega, il partito di Talice, ma anche (per non dire soprattutto) dell’ex sindaco Mariani, considerato il vero dominus della politica locale. E la Lega è il partito, infine, anche del ragazzo e della ragazza che hanno mosso all’ottico accuse ritenute del tutto infondate dal Tribunale di Monza. Perché la Lega non si è accorta di quanto la ’ndrangheta fosse pervasiva sul territorio? «Sicuramente il livello provinciale ha sottovalutato ampiamente quello che stava succedendo. Non so se questa cosa sia stata fatta per superficialità, inconsapevolezza o convenienza». Di più, adesso, Talice non vuole dire. «Questa è una terra controllata dalla ’ndrangheta, io adesso, se possibile, vorrei stare un po’ tranquillo».

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