Marco Minniti è il ministro degli Interni. Già ai tempi di Renzi (e Letta), era sottosegretario con delega ai servizi segreti. Qua fuori magari c’è gente che si spaventa per un nonnulla, ma Marco Minniti, in virtù della sua posizione e della sua esperienza, è probabilmente la persona che conosce meglio di chiunque in Italia il quadro generale della sicurezza interna. Se fossimo alla vigilia di una rivolta di popolo, Minniti dovrebbe essere il primo a rendersene conto. Se fossimo alle soglie di una guerra civile, il primo a farsene un’idea dovrebbe essere lui. Tutto questo, che a noi può sembrare improbabile, se c’è qualcuno che può vederlo è Minniti.
A quanto pare Marco Minniti, negli ultimi mesi, è riuscito a vedere – e addirittura a prevedere – qualcosa di orribile. Qualcosa che nessun altro ancora ha visto, e che lo ha terrorizzato. E non ha terrorizzato mica un politico qualsiasi, uno di quelli che si allarmano per un nonnulla e per mestiere; ha talmente preoccupato proprio Marco Minniti, da spingerlo a zelanti iniziative: a concludere accordi svilenti; a fornire, secondo Amnesty International, navi ai miliziani libici a cui è stato di fatto subappaltato il respingimento dei migranti; rinnegare quello che fino a qualche anno fa era considerato un tratto irrinunciabile della nostra identità nazionale: l’umanità. Tutto questo Minniti non può averlo fatto semplicemente per l’orgoglio di annunciare che quest’anno è sbarcato qualche migliaio di disperati in meno. O per spostare un po’ la lancetta dei sondaggi verso il centrosinistra. No. Se Minniti ha fatto quel che ha fatto è perché deve aver visto Qualcosa.
Lo vaticinò già sei mesi fa, lo ha ribadito ieri. Noi magari pensavamo che cinque milioni di stranieri residenti in Italia non costituissero un’invasione; che fossero, viceversa, quasi indispensabili al bilancio demografico e alla vitalità del Paese; che al netto del fenomeno della clandestinità, non delinquessero molto di più degli italiani; che contro di loro si stesse montando su tv e organi di stampa una squallida campagna di propaganda con evidenti finalità elettorali. Stolti che siamo stati. Se abbiamo creduto in tutto questo, è perché non abbiamo visto quello che hanno visto gli occhi da oracolo di Marco Minniti.
Deve aver scorto la sagoma di un mostro, tratteggiata in qualche rapporto top secret o sondaggio confidenziale: uno di quegli esseri impossibili alla Cloverfield, che è impossibile racchiudere in un solo sguardo perché sono più grandi di qualsiasi cosa, e sfidano ogni possibilità di essere descritti e definiti. Una Bestia assetata di sangue che in qualsiasi momento potrebbe sorgere dalle viscere dell’Appennino – basterebbe la minima sollecitazione, lo sbarco in Sicilia di appena qualche centinaio di stranieri in più. A quanto pare, però, questa orripilante creatura per ora si limita a far perdere la ragione a qualcuno. Ma ecco: se un leghista un po’ impressionato da quel che ha sentito al telegiornale si mette a girare per Macerata tirando a tutti gli afro-italiani che trova, Minniti se l’aspettava e non si è fatto trovare impreparato. “Traini, l’attentatore di Macerata, l’avevo visto all’orizzonte dieci mesi fa, quando poi abbiamo cambiato la politica dell’immigrazione”. Non c’è dubbio che la politica sia cambiata – quanta gente sia annegata a causa di questo cambio di politica, per contro, non lo scopriremo mai. La politica è stata cambiata, eppure questo non ha impedito a Traini di innervosirsi davanti a un Tg e di prendere la pistola in mano: oppure dobbiamo pensare che la tentata strage di Traini sia il male minore e che senza l’intervento di Minniti sarebbe successo qualcosa di molto più grave.
Qualcosa di più grosso ribolle nelle viscere di questo Paese e potrebbe risvegliarsi con un nonnulla, ad esempio una manifestazione antifascista. Il sindaco di Macerata ha chiesto ad ANPI, ARCI e CGIL di non venire a testimoniare la propria solidarietà ai feriti – un’attestazione di umanità che potrebbe infastidire la Bestia – e Minniti ha espresso soddisfazione. Ha anche aggiunto che in ogni caso è pronto a vietarle lui, le manifestazioni. A vietare anche una manifestazione antifascista. Promossa dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Nella città dove un leghista si è esercitato per mezza giornata al tiro all’africano, e poi si è fatto trovare coperto dal tricolore davanti a un Monumento ai Caduti. Ai nostri ciechi occhi tutto questo parrebbe alquanto paradossale.
Ma diciamo pure che non è successo niente di grave, niente di cui ci si debba troppo vergognare o per cui ci si debba troppo allarmare. Salvini ha già spiegato che sono cose che succedono se in giro ci sono troppi immigrati; Renzi è disposto ad ammettere che ci sia stato un po’ di razzismo nel deprecabile gesto di Traini, ma “non sa se chiamarlo terrorismo”: come se quella parola potesse infastidire qualcuno.
Una Bestia che a questo punto davvero ci si domanda che contorni possa avere: certo non quello di Berlusconi, che le elezioni magari le vincerà – almeno per un po’ i suoi programmi smetteranno di fomentare la paura per lo straniero interrompendo il palinsesto ogni paio d’ore (come facevano la sera prima che Traini prendesse la pistola); magari per un po’ Belpietro smetterà di andare in giro di periferia in periferia riprendendo comparse terrorizzate dall’Invasore. Per un poco abbiamo pure pensato che il mostro che ribolliva nella nostra coscienza collettiva fosse il fascismo: ma anche questi famosi neofascisti, al di là dei proclami roboanti, delle coreografie in fila indiana e dei manifesti molto ben disegnati, non sembrano così temibili, basta per una volta toglier loro la scorta. Basta che, per una volta, la polizia riceva l’ordine di reprimerli, invece che di scortarli ovunque hanno voglia di sfilare, ed ecco che si scopre che sono quattro gatti anche loro, e le prendono anche loro: insomma che sono tutto meno che la legione destinata a inghiottire le giovani generazioni. No, se Minniti ha visto davvero qualcosa, deve aver visto qualcosa di un bel po’ più serio di ForzaNuova e CasaPound. Ma allora cosa?
Nel Signore degli Anelli, Tolkien tratteggia la figura di un anziano ministro degli Interni, il Sovrintendente Denethor. In città c’è del trambusto, sono arrivati elfi e nani e altre creature improbabili, vogliono dar guerra all’Oscuro Signore Sauron, ma Denethor è piuttosto scettico al riguardo. Solo al termine di un crescendo tragico scopriremo il perché: mentre Gandalf e Aragorn si sbattevano per organizzare un po’ di resistenza, Denethor, vecchio e stanco, aveva cominciato a consultare compulsivamente il suo Palantir, un oggetto magico, uno schermo in grado di proiettare immagini lontane: non ignorava che le trasmissioni del Palantir fossero controllate dall’Oscuro Signore, ma pensava comunque di poterne ricavare qualche informazione interessante, anche da un punto di vista strategico. Da un certo punto in poi però l’Oscuro Signore aveva iniziato a mostrare solo orchi e orchetti; parate sterminate di esseri malvagi pronti a colpire. Chissà se poi l’esercito di Sauron era davvero così formidabile (alla prova dei fatti, non vinse una battaglia). Probabilmente anche l’Oscuro Signore si avvaleva di registi esperti che inquadravano la stessa fila di orchi dall’alto, dal basso, da destra e di dietro e magari moltiplicava ogni orco per cinque, per dieci, quei classici trucchi che uno spettatore di Palantir conosce benissimo, ma è un fatto che dopo un po’ che hai acceso il Palantir. Magari siete ben comodi sul vostro divano, e ce la mettete tutta per mantenere un certo distacco critico, ma in un qualche modo le immagini sono più forti, la sospensione dell’incredulità è una specie di magia senza la quale del resto non potremmo più goderci neanche un film al cinema – ma forse è lo stesso meccanismo per cui dopo dieci volte che ti senti raccontare che una ragazza è stata smembrata da un africano per motivi rituali, che sono cose che capitano frequentemente anche tu, se ti eri accostato al Palantir con tutto il distacco critico necessario, cominci a vacillare.
Ecco, il sospetto è che Marco Minniti – ministro dell’Interno sotto Gentiloni, sottosegretario della presidenza del consiglio con delega ai servizi segreti sotto Renzi e Letta, viceministro dell’Interno sotto Prodi, sottosegretario alla Difesa – abbia anche lui guardato un po’ troppo a lungo dentro qualche nuovissimo modello di Palantir. Che altro può aver visto, se non il fascismo latente che si annida nel nostro Paese. Non è un mostro inventato, e nemmeno possiamo fingere che non ci sia e sperare che ci risparmi: a lasciarlo nell’ombra gli si fa un favore. Snidiamolo, una volta tanto. Vediamo di cosa è capace. Verifichiamo se davvero è immortale, può anche darsi di no. E facciamolo presto. E se non sarà Domani a Macerata, sarà per un’altra volta. Ma attenzione: non è di quei mostri che col tempo rimpiccioliscono. Anzi.