“Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana”, gridò lo scorso ottobre Giorgia Meloni durante un comizio a Madrid del partito spagnolo Vox. Un po’ come quei comici che si rendono conto dell’efficacia di un tormentone e lo ripropongo a ogni spettacolo, anche con variazioni sul tema. E così, quel giorno, Meloni tirò fuori anche il Dio-Patria-Famiglia che fa da collante delle destre europee, davanti a una piazza presente per sostenere un partito orgogliosamente nazionalista, omofotransfobico, monarchico, antifemminista, xenofobo, nostalgico del franchismo e ammiratore dei neofascisti italiani. Quel comizio fu tenuto il giorno dopo l’assalto squadrista alla sede della CGIL di Roma, quando la leader di Fratelli d’Italia era ancora alla confusa ricerca di una matrice di quell’evento. A distanza di un anno, conscia della pronosticata vittoria alle elezioni del 25 settembre, Meloni ha dichiarato all’agenzia Efe di augurarsi un successo elettorale nei prossimi mesi anche per Vox. Ha spiegato che con Santiago Abascal, il leader del partito di estrema destra spagnolo, ci sono ottimi rapporti: “Siamo legati da stima, amicizia e lealtà reciproca”. Abascal è noto agli oppositori anche per il suo soprannome: El Facha, il fascista, nonostante egli stesso abbia smentito l’accusa.
Vox nacque nel 2013 da una costola del Partito Popolare, con diversi fuoriusciti che accusarono l’ex partito di appartenenza di essere troppo poco duro contro la deriva progressista del Paese. Dopo anni di assestamento, Vox ottenne alle elezioni nazionali del 2019 il 15% delle preferenze, diventando il terzo partito spagnolo, con 52 seggi in parlamento. Nello stesso anno riuscì a far eleggere anche 4 europarlamentari a Bruxelles. Non si tratta dunque di una realtà marginale come possono esserlo da noi CasaPound o Forza Nuova, pur avendo diversi tratti in comune nell’ideologia politica. Se qui contiamo, anche all’interno di Fratelli d’Italia, i nostalgici di Mussolini, gli esponenti di Vox vengono ironicamente chiamati in patria i “nipotini di Franco”. Non a caso nel programma elettorale di Vox è stato inserito un passaggio per chiedere l’abrogazione immediata della Legge sulla Memoria Storica, ovvero quella che ricorda le vittime della guerra civile spagnola e della successiva dittatura di Francisco Franco. Per Vox, “nessun parlamento ha la legittimità di definire il nostro passato e ancor meno di escludere gli spagnoli che sono contrari alle sue definizioni”. D’altronde il leader Abascal, definito da Meloni “un patriota”, ha dichiarato: “Razzisti, franchisti, macisti e fascisti: sono medaglie sul petto”.
Il tratto inquietante che accomuna l’estrema destra meloniana a quella spagnola è il fil rouge che le lega ad altre realtà liberticide. Per esempio, la vicinanza d’intenti tra Meloni e Orbán rientra in un piano di estremismi europei che mira alla soppressione delle conquiste civili ottenute a fatica negli ultimi decenni. L’aborto è l’argomento cardine che spiega questa ostruzione ai diritti basilari dell’individuo, in questo caso della donna. Se già in alcune regioni italiane si segue il modello Orbán per minare il diritto all’aborto delle donne, Vox segue la stessa linea, propagandando l’antiabortismo. HatzeOir, un’associazione spagnola di estrema destra e ultracattolica, ha proposto ai principali partiti del suo Paese un questionario su undici misure pro-vita. Vox è stato l’unico partito a rispondere di essere favorevole all’abrogazione della legge sull’aborto. Il partito si è anche schierato a favore della “famiglia tradizionale”, aggrappandosi a questo concetto astratto che appassiona anche i nostri partiti di centrodestra. Infine, per non farsi mancare nulla, si è anche definito contrario all’eutanasia. In pratica, Abascal, senza giri di parole, è la crasi tra Meloni e Adinolfi.
I patrioti spagnoli amici di Meloni sono anche contrari alle leggi sul femminicidio e chiedono anche l’abrogazione della legge sulla violenza di genere, in quanto a loro dire “discrimina un sesso”. Per ribadire la propria misoginia, Vox ha anche chiesto “la soppressione delle organizzazioni femministe radicali sovvenzionate”. Abascal ha protestato anche contro la presenza delle bandiere LGBTQ+ nelle istituzioni pubbliche spagnole, ritirando fuori la manfrina della “lobby LGBT”. Meloni ha preso appunti e, quando a giugno si è presentata a Marbella per un comizio a supporto dei suoi alleati della destra radicale, ha urlato al pubblico: “No alla lobby LGBT, sì alla famiglia naturale”.
Lo strumento di discriminazione che porta in automatico a considerare “contronatura” qualsiasi realtà fuori dai canoni dell’integralismo religioso di Vox e del conservatorismo radicato anche in Italia, non è altro che una direzione politica ben definita, un progetto che, da Orbán a Meloni, da Abascal a Bolsonaro, racchiude i tratti dell’intolleranza di Stato, ovvero il sogno della destra post 25 settembre. Meloni vuole relegare certi cittadini considerati di Serie B alle zone più buie della società. E Vox non è di certo isolata nelle sue barbare pretese, facendo parte in Europa del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei, gruppo presieduto dal 2020 dalla stessa Meloni.
Non poteva poi mancare nel programma di Vox la battaglia contro l’immigrazione. Il partito è arrivato addirittura a chiedere di eliminare l’accesso ai visti regolari per gli immigrati e la “deportazione degli immigrati clandestini” in caso di reati (anche minori), compresi quelli che si trovano legalmente in territorio spagnolo. Vox propone, inoltre, di impedire a vita agli immigrati clandestini la possibilità di legalizzare la loro presenza in Spagna. Non pago, vuole anche impedire “il libero accesso all’assistenza sanitaria” – a eccezione delle prestazioni di emergenza –, non soltanto per chi entra nel Paese clandestinamente, ma anche per i residenti regolari che non contino almeno dieci anni di permanenza in Spagna. Vox giustifica queste proposte parlando di opposizione al multiculturalismo e il passo per raggiungere il “Non vogliamo mescolarci con altre razze” di Orbán è molto breve. Tra blocchi navali, barriere di filo spinato e negazione all’assistenza sanitaria, il triangolo Italia-Ungheria-Spagna rischia di diventare il motore per il ritorno a un passato che rappresenterebbe per l’Europa la fine di una comunità sana, ricca, egualitaria e inclusiva.
L’endorsement di Meloni a Vox deve essere visto come un campanello d’allarme non soltanto per il nostro Paese – per la pericolosità di certe alleanze tenute insieme dalla forza dell’intolleranza – ma per l’intera politica internazionale, in un periodo in cui alle prevaricazioni su larga scala – come l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – si accompagnano rivendicazioni radicali che toccano tutte le sfere politiche, civili e sociali. Se in passato le frange più estremiste venivano considerate un male trascurabile, in quanto ben distanti dal poter ottenere un riconoscimento elettorale o anche solo un megafono di dimensioni accettabili per poter diffondere i loro messaggi d’odio e violenza, adesso, con colpevole ritardo, ci si accorge dell’aver sottovalutato le potenzialità virali di un sottobosco che ha raccolto per anni il malcontento di varie frange della società, dirottandolo come sempre accade su territori avversi ai fondamenti della democrazia. Adesso siamo costretti ad accettare queste realtà palesemente esclusiviste e discriminatorie, mentre i picconatori dei diritti si aggrappano a frasi come “Siamo in democrazia, abbiamo il diritto di esistere”, per portare avanti le loro istanze. Senza scomodare il paradosso il Popper sull’intolleranza, ci troviamo di fronte all’ascesa di forze che contrastano i valori della democrazia, ma che esistono e si sono moltiplicate esclusivamente grazie a essa.
A questo va aggiunto l’euroscetticismo marcato di Vox e quello mascherato di Fratelli d’Italia. Meloni, in passato, ha più volte chiesto di uscire dall’Unione Europea, mentre oggi cerca di rassicurare l’establishment internazionale rinnegando quella visione che di certo, però, non può essere evaporata da un giorno all’altro. È un atto di convenienza che ricorda quello dell’Ungheria, profittatore di Bruxelles quando bisogna ricevere i fondi, e poi cavallo di Troia quando firma contratti con i russi per il gas in un periodo di instabilità geopolitica. Inoltre, Meloni è giustificata in patria anche per una sorta di bonarietà giornalistica che si manifesta innanzitutto con un ovattamento lessicale che solo noi italiani adottiamo. Mentre all’estero Fratelli d’Italia, esattamente come Vox, viene definito far right, qui nessuno tra i media lo accosta all’estrema destra. Eppure, analizzandone valori, intenti e componenti lo è a tutti gli effetti, fa parte della stessa materia di cui è composto Vox e qualsiasi altra realtà accomunata dalle stesse caratteristiche politiche. L’Europa dei neofascisti e dei neofranchisti non era quella che sognavamo, ma a quanto pare siamo costretti ad affrontare queste ventate nere, quelle che fino a qualche anno fa consideravamo rappresentazioni farsesche di forze politiche che mai sarebbero arrivate al potere, delle macchiette. Un’ascesa, quella fascista, che, come scrisse Andrea Camilleri, sarebbe stata grottesca, se non fosse stata tragica.