“Ho fatto tutto il possibile per far nascere un governo politico.” Alle otto e mezza della sera, il Presidente Mattarella è appena entrato in sala stampa. Salvini sta già tuonando su Facebook che rivuole le elezioni; Di Maio e Giorgia Meloni si allenano a pronunciare la parola “impeachment”. Davanti alle telecamere, Mattarella racconta di come è arrivato a una decisione senza precedenti nella storia della Repubblica. La lista dei ministri presentata da Giuseppe Conte è stata bocciata e Mattarella, a domanda, conferma che la trattativa si è arenata su un solo nome: quello del ministro dell’Economia.
Il presidente è visibilmente nervoso, in queste settimane ha ingoiato diversi rospi. Ha atteso più che pazientemente che Cinque Stelle e Lega trovassero un accordo sul programma di governo e sui nomi da coinvolgere. E anche ieri sarebbe stato pronto a firmare la nomina “di un autorevole esponente politico della maggioranza,” purché non fosse “sostenitore di una linea” che avrebbe potuto provocare “la fuoruscita dell’Italia dall’euro.”Non era evidentemente il caso di Paolo Savona, l’autorevole economista ottantaduenne sul quale avevano trovato un accordo Salvini e Di Maio. Savona, che pure si considera un convinto europeista e auspica la nascita degli Stati Uniti d’Europa, con gli anni ha maturato un’opinione sempre più critica nei confronti dell’unione monetaria, e da tempo sostiene la necessità per l’Italia di un “piano B”– l’eventuale uscita, appunto, dall’eurozona. Più che di un’eventualità realizzabile, si sarebbe trattato di un avvertimento da impugnare a Bruxelles: se continuate a imporci il rigore, noi usciamo davvero. Un deterrente, un bluff, ma in economia forse bluffare non è più concesso.
È bastato ricominciare a parlare di euro perché lo spread tra titoli tedeschi e italiani si divaricasse: la nomina di Savona all’Economia avrebbe potuto aggravare la situazione in modo irreversibile. Questa, almeno, è l’opinione di Mattarella. Ieri sera il Presidente della Repubblica ha affermato che tra i criteri che lo devono orientare nella nomina dei ministri c’è la “tutela dei risparmi degli italiani”. Un’interpretazione apparentemente innovativa delle sue prerogative costituzionali, ma Mattarella sa quello che fa, tra le altre cose è stato anche membro della Consulta. Stamattina riceverà al Quirinale Carlo Cottarelli e probabilmente gli darà l’incarico di formare quel governo “neutrale” di cui già parlava venti giorni fa. Cottarelli è l’economista che produsse per il governo Letta un rapporto “per la revisione della spesa” di ottocento pagine. È difficile immaginare che intorno a lui e a un Mattarella indebolito dalla sua presa di posizione si possa formare una maggioranza in questo Parlamento: ci aspetta dunque un breve governo estivo (nella Prima Repubblica li chiamavano “governi balneari”), che traghetti l’Italia verso nuove elezioni in autunno.
Del resto, i comizi telefonici e telematici di Salvini e Di Maio ieri sera sono già pura campagna elettorale. Salvini, soprattutto, dà l’impressione di essersi impuntato sul nome di Savona soltanto per mandare all’aria il tavolo, ora che i sondaggi sono dalla sua parte. I Cinque Stelle hanno l’aria di quelli spiazzati: come se ci avessero creduto davvero nella possibilità di diventare una forza di governo. Tornare alle elezioni per loro significa ammettere che non ne sono ancora capaci (e ridiscutere la questione del doppio mandato). Ma soprattutto, si tratta anche per loro di vedere un bluff.
Su questo Mattarella è stato chiarissimo. Lega e Cinque Stelle devono spiegare ai loro elettori se vogliono uscire dall’euro o no. “Se si vuole discuterne,” ha avvisato ieri sera, “lo si deve fare apertamente e con un serio approfondimento. Anche perché si tratta di un tema che non è stato in primo piano durante la recente campagna elettorale.” Su questo punto anche i più critici dell’operato di Mattarella sembra abbiano poco da eccepire e siano concordi: se davvero quest’uscita è tra i loro piani, anche secondari, Salvini e Di Maio lo dovrebbero spiegare chiaramente ai propri elettori. E invece durante tutta la campagna elettorale i due erano stati molto cauti sull’argomento, lasciato cadere anche nell’ultima versione del contratto di governo. Se decidessero davvero di presentarsi in coalizione e di mantenere il nome-simbolo di Paolo Savona, le prossime elezioni equivarrebbero a un referendum sull’euro. Ma è una possibilità abbastanza remota. Anche se hanno obiettivi comuni, sono concorrenti che mirano allo stesso bacino elettorale. E se l’obiettivo dei Cinque Stelle è da sempre il 51%, quello di Salvini è più realistico: diventare la forza portante del centrodestra. Sulla sua strada, però, c’è un ostacolo dal quale forse dipende il destino dell’Italia (e dell’Europa): Silvio Berlusconi.
Berlusconi ieri sera ha fatto sapere che “in un momento come questo il primo dovere di tutti è difendere il risparmio degli italiani, salvaguardando le famiglie e le imprese del nostro Paese.” Non è solo un esplicito sostegno al Presidente Mattarella, anche in questa inedita veste di difensore dei risparmi; è soprattutto un attacco a Salvini. Può sorprendere chi in questi giorni non abbia dato almeno un’occhiata ai talk di Rete4, dove di colpo l’allarme spread ha preso il posto dell’allarme clandestini. Insomma può darsi che la vera notizia di stamattina, 28 maggio 2018, sia che il Centrodestra italiano è finito; che le due forze principali che lo compongono dal 2001, Lega e Forza Italia, si sono ormai incamminate sue strade diverse e inconciliabili. Se l’abbandono dell’euro, da vaga promessa elettorale, diventa una prospettiva concreta, Berlusconi non ci sta; se Salvini possa o meno rivincere le elezioni senza di lui, e senza l’appoggio mediatico della corazzata Mediaset-Mondadori, è quello che nei prossimi mesi andremo a scoprire. La buona notizia è che dovrebbe essere una campagna un po’ meno razzista: le fiaccolate anti-stranieri in tv dovrebbero drasticamente diminuire.
Allontanandosi da Salvini, Berlusconi potrebbe essere tentato di puntare sull’altro Matteo, quel Renzi che sui social continua a manifestare un orgoglioso europeismo, e che, se non riuscirà a riprendere controllo completo del Pd in tempi brevi, potrebbe decidere di fondare un nuovo partito – una prospettiva che non a caso sembra entusiasmare soprattutto i redattori del Foglio, autorevole palestra di pensiero berlusconiano. Renzi non sembra più il cavallo vincente di qualche anno fa, ma forse qualche ospitata a Pomeriggio Cinque potrebbe aiutare a farlo risalire nei sondaggi. Se l’Europa diventasse davvero il tema delle prossime elezioni, e Berlusconi decidesse di difenderla senza se e senza ma, in una prospettiva liberale, la distanza ideologica tra lui e Renzi diventerebbe quasi impalpabile. L’unico problema è che tra gli elettori di Renzi possa esserci ancora qualche irriducibile antiberlusconiano, ma ormai ne sono rimasti pochi; e se solo Berlusconi decidesse di fare un mezzo passo in quella direzione, con ogni probabilità si ridurrebbero quasi a zero.
Se la pregiudiziale antiberlusconiana è ormai un ricordo del passato, ne potrebbe sorgere all’orizzonte un’altra, ben più ingombrante, la pregiudiziale anti-Putin. Costretto a correre da solo, Matteo Salvini evidenzierebbe ancora di più quei legami col partito Russia Unita, che a ben vedere sono già ufficiali, in nero su bianco. Mattarella non ne ha parlato, e forse nemmeno se ne preoccupa, ma la stampa estera sì: in Italia, uno degli Stati membri più importanti e tra i fondatori dell’Unione Europea, rischia di vincere le prossime elezioni un partito anti-euro che guarda a Mosca più di quanto guardi a ovest. Lasciamo stare se sia un bene o no per il paese: può succedere davvero? Per cinquant’anni in Italia la stabilità politica è nata da una conventio ad excludendum: il Pci filo-sovietico non avrebbe mai potuto governare. A partire dalle prossime elezioni forse vedremo nascere una conventio di opposto colore ideologico, ma nella stessa direzione strategica. I seguaci di Putin potrebbero vedersi esclusi dal governo malgrado i buoni risultati elettorali. Ai comunisti è successo per quarant’anni, e Salvini lo sa bene – dopotutto è stato un rosso, prima di diventare verde.
Qualsiasi cosa succederà, questo è davvero un giorno nuovo per la politica italiana. Da oggi, anche chi non ha studiato educazione civica sa che un Presidente può rifiutarsi di nominare il governo indicato da una maggioranza parlamentare; che i leghisti non bluffano, sono davvero anti-euro (oppure, se bluffano, pretendono di essere presi sul serio); che i Cinque Stelle erano davvero pronti a governare, e oggi sono davvero delusi e arrabbiati per non esserci riusciti; e che ormai tutto è in discussione: l’Unione Europea, la Nato, tutto. Viviamo in tempi interessanti, tanto per cambiare.