Non si scappa dalla Storia. Nel suo essere ciclica ci mette sempre di fronte agli errori che pensavamo di esserci lasciati alle spalle. In questo periodo stiamo vivendo l’ennesimo ciclo in cui un popolo assume i tratti più brutali di chi ha scelto per governarli, in attesa di rinnegarli. Tutto questo può durare un anno o un ventennio, poi si fingerà di non aver mai indossato quelle maschere, di aver sempre rifiutato l’assimilazione. Ma la Storia, dimenticata da molti, continua a conservare il dono della memoria e della testimonianza.
Lo spirito del popolo corrente, il volksgeist in salsa gialloverde, non è altro che una rielaborazione delle esperienze passate. Gli italiani hanno assorbito e poi rinnegato un ventennio fascista, mezzo secolo di Democrazia Cristiana, gli anni del berlusconismo, la breve avventura del renzismo, per arrivare a sostenere una creatura ibrida che riassume il peggio di questi cicli nel governo bicefalo che finge di essere a misura del popolo, quando in realtà non fa altro che manipolarlo. Le minacce di stupro rivolte a Carola Rackete non sono un tratto distintivo del cittadino italiano, ma il risultato di anni di abbrutimento che vanno dalla bambola della Boldrini ai deliri di Pillon, dall’invito all’odio gratuito – specialmente contro le donne – all’imbarbarimento social(e). Se i partiti adesso al governo sono nati da un “Vaffanculo” e da un “Ce l’ho duro”, non ci si può stupire per la deriva raggiunta nel dibattito pubblico.
Il risultato è una difesa costante dell’operato del governo da parte dei suoi sostenitori, non tanto per l’apprezzamento di leggi o decreti, quanto perché proteggere il governo vuole dire tutelare se stessi e la propria credibilità. L’appartenenza politica è diventata una fede calcistica, un credo religioso o, più semplicemente, il supporto per il personaggio preferito di un reality show. Un sostenitore del M5S usa lo stesso lessico di Di Maio o Di Battista, uno della Lega parla come Salvini. Il cortocircuito dell’alleanza basata sul contratto di governo ha creato un circo a tratti surreale, con grillini che esclamano “la pacchia è finita” e leghisti che fanno il segno delle manette. Molti di questi elettori un tempo erano fieri difensori delle nipoti di Mubarak e del bunga bunga, scudocrociati o missini di lunga data. Addirittura qualcuno votava Pci, mentre altri tifavano per l’eruzione dell’Etna e il Vesuvio, prima di scoprire che il “nemico” si trova a sud di Lampedusa.
Quello che gli elettori non sanno, o fingono di non sapere, è che domani saranno i pasdaran di qualcun altro. Quando vengono descritti i periodi bui, le dittature sanguinose o i capricci del potente di turno si tende a dimenticare che i mostri di ieri avevano il sostegno del popolo. È questo che le scuole dovrebbero insegnare come monito: la principale mostruosità del fascismo è stata quella di aver reso fascisti gli italiani. Qualsiasi degenerazione della politica ha sempre una nutrita scia di seguaci. I discorsi di Mussolini al balcone di Piazza Venezia non fanno orrore per le sue parole, ma per l’acclamazione della folla che c’era sotto ad applaudirli. Il gerarca nazista Hermann Göring, fondatore della Gestapo, sosteneva che “Il popolo può sempre essere sottomesso al volere dei leader. È facile. Tutto ciò che devi fare è dir loro che sono sotto attacco e denunciare i pacifisti per la loro mancanza di patriottismo che mette a rischio il Paese. Funziona allo stesso modo in qualunque nazione”. In Italia questo meccanismo ha già funzionato una volta, e sta funzionando anche oggi.
Salvini ha creato il nemico, ha convinto il popolo di essere sotto attacco e minaccia i “pacifisti” – anche se oggi va più di moda il termine “buonisti” – ovvero chi salva le vite in mare, chi si batte per i diritti umani, chi protesta contro le barbarie sdoganate da questo governo. Salvini non si limita a criticarli, ma li mette alla gogna nella sua piazza social. Il popolo così si sente minacciato sia dai migranti che dai portatori di messaggi di pace, considerati “buonisti”. E pazienza se Carola Rackete è stata liberata per aver “agito nell’adempimento di un dovere, quello di salvare vite umane in mare”. Si tratta di un cavillo per gli odiatori seriali che l’hanno già condannata in via definitiva definendola una scafista e traghettatrice di esseri umani che lucra sulla loro pelle e che quindi, in quanto donna, merita lo stupro.
Adesso vengono legittimati i pensieri più atroci, quelli che un tempo non venivano pronunciati nemmeno a bassa voce nel peggior bar del paese. Oggi i rappresentanti politici hanno fatto della rabbia dei loro sostenitori uno scudo e un’arma contro i loro oppositori, rendendo impossibile criticare ogni loro decisione: parlando negativamente del trattamento riservato ai migranti si viene immediatamente marcati come anti-italiani che non pensano ai nostri terremotati e ai problemi della povera gente. Salvini aveva bisogno di un grimaldello per arrivare al potere e l’ha trovato nell’altro partito populista italiano: il M5S.
Quando tra qualche anno i libri di storia analizzeranno la situazione attuale, il M5S verrà ricordato come la costola minore della Lega, il partito di ingenui che non si è accorto di essere stato fagocitato da Salvini – anche perché non sono poi così diversi da lui. Dovevano essere un argine, ma si sono rivelati un passepartout per ogni forma di razzismo e xenofobia del loro alleato di governo. Luigi Di Maio ha commentato la liberazione di Carola definendosi sorpreso, scrivendo un post su Facebook che sembra scritto dalla penna verde (con tinte nere) di Salvini. I grillini si sono appoggiati alle politiche del leader leghista, gli hanno regalato il più grande successo elettorale nella storia della Lega e, non contenti, continuano a scodinzolare per ogni sua presa di posizione. Oltre che per una disastrosa gestione dell’economia italiana, saranno ricordati per aver avallato ogni pericolosa trovata leghista e per aver dato il via a un periodo di odio che ha distrutto il buonsenso italiano. Quello vero, non quello di Salvini.
Un giorno i sostenitori di questo governo dovranno fare i conti con il peso delle loro scelte. Non per una preferenza sulla tessera elettorale, ma per la successiva trasformazione che li ha resi identici ai rappresentanti che idolatrano. La reale vittoria di Salvini è stata quella di aver creato un esercito di Salvini: alcuni erano dei Salvini in sonno, altri dei Salvini inconsapevoli, altri ignorano semplicemente il meccanismo che hanno autorizzato con il loro voto e appoggio alla Lega. In pochi sanno di essere dalla parte sbagliata della Storia, come non lo sapevano i fascisti, i succubi dei tiranni e i sostenitori di ideologie e leggi disumane. Si tratta di una suggestione collettiva, una voce che si ingrossa giorno dopo giorno fino a creare un chiasso per loro confortante, perché sono in tanti e quindi si giustificano a vicenda.
Di conseguenza, credono che le minoranze siano in errore. Per questo Gino Strada è un mascalzone, Don Ciotti un ciarlatano, Andrea Camilleri una cariatide invidiosa del Capitano. Un giorno passeggeranno in Viale Strada, in piazza Ciotti, in via Camilleri e si renderanno conto di aver sbagliato. Per i loro idoli del momento non sarà concessa nemmeno la damnatio memoriae, perché tutti possano ricordare. O almeno provare a farlo, fino a quando troveranno un altro leader così piccolo da sembrare “uno di loro” e dare il via a un nuovo ciclo.