Giulia Sarti gridava “onestà” come portavoce M5S. Oggi denuncia innocenti per salvare se stessa.
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Faccia pulita da brava ragazza, fresca novità energica e preparata, giovane attivista della prima ora animata dalla passione per la legalità e per questo diventata presidente della Commissione Giustizia alla Camera: Giulia Sarti sembrava incarnare il modello ideale di grillina in politica, un vero e proprio sogno dorato che si fa realtà. Ma come tutti sappiamo, i sogni si realizzano solo nei cartoni animati della Disney, nei film di Natale e nello studio di Barbara D’Urso.

E infatti, la promettente Giulia Sarti è oggi politicamente morta, scomunicata proprio in virtù di quella santità che predicava. Riminese, 32 anni, laureata in Giurisprudenza all’Università di Bologna, Giulia Sarti è una “cittadina per il M5S alla Camera dei Deputati”, come si legge sul suo profilo Facebook correlato di sito web inesistente. Attivista fin dal 2007, outsider dello storico Vaffa Day, candidata con ben poco successo alle comunali di Rimini del 2011, ha cominciato così una rapida scalata che l’ha portata in Parlamento nel 2013 come deputata nella circoscrizione dell’Emilia Romagna.

Le elezioni 2018 si avvicinano e Sarti rifulge di luce pentastellata. Gli anni in Parlamento hanno mostrato al popolo grillino il suo devoto impegno per la causa: anni passati a sbandierare l’importanza di avere gente “incensurata, libera e onesta” in politica e a invocare trasparenza, giustizia e legalità. Tanta passione e determinazione viene quindi premiata con la rielezione, alla quale si aggiunge la presidenza della Commissione Giustizia alla Camera.

Ma ecco che sulla strada apparentemente in discesa verso un luminoso futuro politico si nasconde un ostacolo: l’inchiesta de Le Iene sulla cosiddetta Rimborsopoli, la mancata restituzione di metà dello stipendio da parlamentare – e di altri extra – da parte degli eletti grillini. Non un obbligo legale, certo, ma una delle promesse cardine del Movimento durante la campagna e non solo. In video si mostra come qualche deputato (anche già denunciato in precedenza)  ricorra a trucchetti strategici per non rendere questi soldi, utilizzando tecniche come l’annullo del bonifico o l’errore ad hoc.

Difficile trovare una buona scusa per aver bypassato il fondo per il microcredito per circa 23mila euro, davvero complicato uscirne bene con sette bonifici mai arrivati a destinazione. Sarti subito cerca di pulirsi la coscienza, parlando di errori e promettendo di porvi rimedio immediatamente. Ma per lei è il panico.

Pochi giorni dopo, lancia una nuova versione dei fatti: la colpa viene rimbalzata all’ex fidanzato Tibusche, accusato di avere usato i soldi e non averli mai restituiti. Scatta quindi la denuncia, Sarti versa in gran fretta i soldi mancanti e si flagella sulla pubblica piazza social promettendo fedeltà eterna al Nostro Signore Cinque Stelle. La storia potrebbe quasi avere un lieto fine, se non fosse che Tibusche ovviamente non gradisce granché l’inaspettata denuncia e non esita a parlare con i magistrati, fornendo un’altra versione dei fatti. 

Il  26 febbraio 2019, quindi, la procura di Rimini che stava indagando sulla questione ha dichiarato l’ex fidanzato non colpevole, rispedendo la patata bollente tra le mani della parlamentare, accusata inoltre di aver mentito per salvarsi la reputazione. Le prove, grazie a Tibusche, sono sotto gli occhi di tutti: messaggi in chat scambiati tra i due, in cui è palese che Sarti fosse a conoscenza del mancato pagamento e da cui anzi emerge che Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi, i responsabili della comunicazione del M5S, le avevano suggerito di denunciare il compagno per salvarsi la faccia. La conversazione prosegue poi con la dichiarazione di Sarti della denuncia verso il compagno (che inizialmente si era rifiutata di fare) e il conseguente litigio.

A quel punto, non è più stato possibile insabbiare l’evidenza. E così, Sarti è stata travolta dalla tragicomica telenovela che lei stessa aveva filmato. Non può fare altro che prodigarsi in mea culpa e negare il coinvolgimento dei capi pentastellati nella decisione di denunciare l’ex compagno (ribadito anche da Casalino ma smentito da Tibusche, che accusa il portavoce di sapere tutto da sempre), fino ad andare incontro all’inevitabile: un annuncio (rigorosamente su Facebook) di autosospensione. Le speranze di ricevere una grazia sono ormai svanite e Di Maio ne ha annunciato l’espulsione dal partito.

La cosa forse più triste di tutta la faccenda –  anche volendo sorvolare sulla tendenza a lavare i panni sporchi in strada – sembrerebbe essere che Sarti non ha saltato i bonifici per intascarsi i soldi e costruirsi la villa con piscina a Gabicce Mare. Semplicemente, non aveva abbastanza denaro sul conto da versare per la causa. Stando alle dichiarazioni di Tibusche, tra i deputati pentastellati c’era la gara a chi versasse di più, che la puritana integerrima Giulia non poteva sopportare di perdere. E quindi via libera a eccessivi versamenti, che portano via pure i contributi dalle tasche dei suoi collaboratori (e infatti anche l’Agenzia delle Entrate non ha esitato a bussare alla sua porta, per recuperare le cartelle non versate). Ha finto quei pagamenti per non perdere la faccia della dura e pura, dell’attivista totalmente devota alla causa. E per mantenere la facciata, ha infranto tutto il suo contenuto: la legge, la verità, il patto con i suoi elettori. Ha finito per macchiarsi proprio di quel Peccato Originale dal quale vorticosamente cercava di dimostrare che era la più veloce a seminare.

Sarti condivide lo stile d’azione del suo Movimento: fa le pulci agli altri senza prima liberarsene a sua volta. Combatte il sistema ma poi utilizza le sue stesse armi, si appropria dei suoi stessi vizi. Viene risucchiata dalle quelle dinamiche di potere che a parole rigetta. Dinamiche, tra l’altro, da sempre rigorosamente gestite e sorvegliate dai vertici del Movimento, che anche in questa occasione parrebbero avere avuto una certa influenza sulla decisione finale di Sarti (se non gliel’hanno addirittura imposta dall’alto). Ma questo saranno solo il tempo e le indagini a chiarirlo, e Casalino la sta vivendo con grande serenità, almeno apparentemente.

Quando colta in fallo, la deputata grillina ha tentato di arrampicarsi sugli specchi e trovare una soluzione immediata, e pazienza se la colpa doveva essere scaricata su un innocente: il movimento prima di tutto. Pazienza se tutta la tua battaglia politica si è sempre fondata sul giustizialismo: il movimento viene prima di tutto. Pazienza sei a capo della Commissione Giustizia in Parlamento e ti ritrovi a (dover) commettere il grave reato di depistaggio delle indagini e a mentire spudoratamente alle forze dell’ordine: il movimento viene prima di tutto.

Sarti ha appiccato un fuoco che non era in grado di domare né di spegnere, esattamente come fa Di Maio garantendo promesse che non può mantenere (e forse nemmeno sa di non poterle mantenere, il che lo rende ancora più pericoloso e preoccupante). O come Toninelli, che tira a dadi per decidere sulle questioni Genova e Tav. Dunque non resta altro che condividerne anche la sorte finale: anche per il M5S si arriverà al punto di non ritorno, proprio come per la povera Giulia. Presto, la recita scolastica che ci sta propinando questo governo sarà così insostenibile che neppure i più ingenui potranno sostenerla. E allora verrà espulsa la sua parte più debole, quella che sta facendo il poliziotto scemo (i ruoli da buono e cattivo se li è già accaparrati la sezione verde, tra gattini e porti chiusi). Quei tanti italiani che hanno votato Cinque Stelle in nome di un sogno chiamato “Onestà!” stanno assistendo al lento decadimento dei buoni propositi e delle politiche antikasta dei loro beniamini pentastellati e stanno, lentamente ma inesorabilmente, escludendo i pentastellati dalle loro scelte politiche. L’Abruzzo lo ha già fatto. La Sardegna pure. Next step: europee. In bocca al lupo, che sarà vestito da pompiere, o da poliziotto, o da carabiniere.

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