Dopo tutto quello che è successo, non si può lasciare la Lombardia di nuovo nelle loro mani - THE VISION
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Da quando è stata introdotta l’elezione diretta del presidente della Regione, a metà anni Novanta, la Lombardia è sempre stata governata da una coalizione di centrodestra. La prima vittoria risale al 1995, quando Roberto Formigoni diventò presidente della Regione. Nel 2013, sull’onda dello scandalo corruzione che travolse lo stesso Formigoni, e che lo ha visto in seguito condannato in via definitiva a 5 anni e 10 mesi, il Consiglio regionale si dimette e si tengono nuove elezioni. La coalizione di centrodestra esprime come candidato il leghista Roberto Maroni, che viene eletto (nonostante gli scandali) con il 42%, riuscendo a trionfare su Umberto Ambrosoli, che con più del 38% registra il miglior risultato della storia recente della Lombardia per la sinistra. Nel 2018, è sempre il leghista Attilio Fontana (già presidente del Consiglio regionale) a vincere le elezioni, staccando il centrosinistra di quasi venti punti.

In tutti questi anni, nonostante gli equilibri tra i vari partiti siano cambiati, il governo di centrodestra ha portato avanti una visione politica molto netta su temi come ambiente, lavoro, trasporti, basata sulla superiorità degli interessi privati sul bene comune,  che ha aumentato le disuguaglianze, peggiorato la situazione ambientale e tolto diritti ai cittadini.

Roberto Formigoni con Attilio Fontana

Il settore dove tutto questo è più evidente è probabilmente quello della sanità, come ha spiegato bene il giornalista Michele Sasso nel suo libro Assalto alla Lombardia. Sanità, trasporti, ambiente: tutti i disastri di una classe politica. Seguendo lo slogan “Liberi di scegliere”, nel 1997 viene infatti approvata la legge regionale n. 31. È l’inizio della privatizzazione della sanità lombarda. Giustificandosi con il principio della “sussidiarietà” (particolarmente caro al presidente Formigoni e al gruppo cattolico da cui proviene, quello di Comunione e Liberazione), la destra spalanca le porte ai privati e alle logiche di mercato, minando alla base il principio fondamentale secondo cui le cure mediche devono essere garantite a tutti e tutte, indipendentemente dalla loro condizione economica. 

Il peso dei privati in questi anni è passato da poco più del 10% a ben il 40%, un fatto legato anche ai problemi del personale, sempre più difficile da recuperare a causa dei tagli degli ultimi anni, con la conseguenza di doversi rivolgere ai privati convenzionati, spendendo ancora più denaro pubblico. La Regione, infatti, invece che sostenere il servizio sanitario nazionale, nel corso degli anni ha rafforzato ulteriormente il privato. La Lombardia destina 22 miliardi di spesa pubblica per la sanità, di cui 6,4 agli operatori privati. Un aumento di quasi un miliardo rispetto al 2012, quando la cifra era di 5,7 miliardi. In alcuni settori, questi dati sono ancora più preoccupanti: per esempio, il 40% del budget destinato ai ricoveri va alle strutture private convenzionate. Tutto ciò ha creato lunghissimi tempi d’attesa nel pubblico, costringendo i cittadini che se lo possono permettere a rivolgersi a cure private. Non è un caso che i lombardi siano gli italiani che spendono di più di tasca propria in cure mediche: ben 8,5 miliardi nel solo 2021.

Roberto Formigoni e Letizia Moratti
Attilio Fontana e Giulio Gallera

La pandemia ha fatto capire al mondo l’importanza di una solida sanità pubblica, ma il messaggio non sembra essere arrivato alla giunta Fontana. La gestione della sanità da parte dell’assessore Giulio Gallera durante il periodo pandemico ha mostrato evidenti lacune, dalle mascherine ai vaccini, che l’hanno infatti portato alle dimissioni e fatto sostituire dall’attuale candidata del Terzo Polo e storica figura di riferimento per la destra lombarda: Letizia Moratti. I numeri parlano chiaro: la Lombardia ha registrato 40mila morti a causa del COVID19, con i picchi più alti di tutto il Paese nella provincia di Bergamo. Certamente, non tutte le colpe sono da addossare a Gallera e il numero di morti per COVID19 ha molte e complesse ragioni, ma il fatto di aver gradualmente smantellato la sanità pubblica e indebolito la medicina territoriale è sicuramente uno dei fattori più rilevanti. Infatti, un’altra conseguenza di portare le logiche di mercato all’interno del servizio sanitario è che, mentre si producono alcuni isolati centri di eccellenza, si lasciano da parte gli ultimi e tutti quei settori che non sono economicamente profittevoli. Oltre ai servizi per la salute mentale (mancano infatti 2mila operatori, 300 psichiatri e molti centri stanno chiudendo per mancanza di fondi) un esempio lampante è la medicina territoriale e di comunità, che in Lombardia rimane un miraggio. Gli investimenti dei privati, infatti, nel corso degli anni si sono concentrati sui grandi ospedali, piuttosto che sulle piccole realtà locali. Un dato significativo, in questo senso, è quello sull’accesso ai pronto soccorsi: l’80% degli accessi è rappresentato da codici verdi e bianchi, rispetto al 50% della media nazionale. Si tratta quindi di prestazioni semplici, che i cittadini dovrebbero poter risolvere sul territorio, decongestionando in questo modo gli ospedali. Ma se sul territorio la sanità non esiste, allora si è costretti a rivolgersi ai grandi centri. 

Giulio Gallera

La destra al governo ha dimostrato anche una scarsa attenzione in termini di tutela dell’ambiente. La Lombardia è una delle regioni più inquinate d’Italia e d’Europa, eppure le scelte che vengono fatte sembrano andare sempre nella direzione opposta rispetto a una vera transizione ecologica. Secondo Greenpeace, la Lombardia è la regione italiana in cui sono concentrati più allevamenti intensivi, che oltre alle emissioni di CO2 causano terribili sofferenze agli animali. La giunta regionale ha poi più volte contestato le iniziative del Comune di Milano per limitare il traffico e ridurre le emissioni. Nel 2021 è inoltre stato registrato il più alto consumo di suolo d’Italia: ben 883 ettari di terra. Così si continua a cementificare e a investire su strade e tangenziali, lasciando indietro il trasporto pubblico e i servizi ferroviari. Il tema dell’ambiente si lega infatti a doppio filo a quello della mobilità. Il dito è puntato contro l’azienda della regione Trenord. I ritardi e i tassi di cancellazione sono altissimi, come può testimoniare chiunque abbia preso un treno durante l’ora di punta la mattina, quando i pendolari si recano a lavoro. Sono 700mila i lombardi che ogni giorno cercano di prendere il treno, in stazioni spesso lasciate a sé stesse e degradate. Come se non bastasse, mancano poi abbonamenti o biglietti agevolati per i giovani, una misura che è stata adottata in molte regioni d’Italia e del mondo proprio per promuovere lo sviluppo sostenibile.

Un’altra partita su cui la destra ha dato una direzione molto netta alla Regione è quella del lavoro giovanile e dei tirocini. Nel Lazio il salario minimo per uno stage è di 800 euro, e la sua attivazione è vincolata a un periodo limitato dopo gli studi, per impedire che diventi uno strumento permanente di sfruttamento. In Lombardia, invece, il salario minimo è 300 euro per il settore pubblico e 500 euro per il settore privato. Sono cifre molto basse, ancor più gravi per il fatto che stiamo parlando della regione più ricca d’Italia dopo il Trentino Alto-Adige, e in cui l’affitto di una stanza può arrivare anche a 600-700 euro al mese in una zona non centrale. 

Milano

La questione abitativa è un altro dei grandi temi trascurato dalla giunta Fontana e dalla destra in toto. La Regione ha scelto di non intervenire sui problemi di Aler (Azienda lombarda per l’edilizia residenziale), che si occupa delle case popolari e che negli anni ha accumulato un debito elevatissimo, che secondo Repubblica ammonterebbe a 427 milioni di euro. Il fatto è che l’azienda non riesce a gestire in maniera adeguata le case popolari, che nel corso degli anni si sono distinte, come sottolinea Michele Sasso, per poca manutenzione, numerosi casi di occupazioni abusive, appartamenti non assegnati e affitti non riscossi. Mentre gli affitti schizzano alle stelle, Aler gestisce più di 7mila appartamenti sfitti, sprecando risorse già presenti che potrebbero invece essere destinate a risolvere, almeno parzialmente, la crisi abitativa.

La narrazione della Lombardia come “locomotiva d’Italia” nasconde una verità fatta di aumento delle disuguaglianze, inquinamento e negazione dei diritti fondamentali, come quello alla salute e alla casa. Non si tratta di qualcosa di inevitabile, ma di precise scelte politiche che hanno privilegiato l’interesse di pochi rispetto a quello della collettività, impedendo di sfruttare il potenziale di una terra straordinaria. Stiamo parlando infatti di una delle regioni più ricche e produttive d’Europa, che invece che guardare ai propri “pari” in giro per il mondo per migliorarsi, sembra preferire crogiolarsi nei suoi bacati primati economici – che, però, con una gestione del genere, rischiano di avere risvolti e conseguenze insostenibili, e di venir meno molto presto.

Pierfrancesco Majorino

Il 12 e il 13 febbraio, si terranno le elezioni per eleggere il nuovo Presidente e il nuovo consiglio regionale della Lombardia. La scelta di Carlo Calenda (Azione) e Matteo Renzi (Italia Viva) di sostenere Letizia Moratti, per quasi trent’anni tra i protagonisti assoluti della destra lombarda e delle politiche di cui si è parlato sopra, ha sicuramente indebolito il fronte dell’opposizione a Fontana. Rimangono in campo Pierfrancesco Majorino (già assessore al Comune di Milano e candidato per il centrosinistra, sostenuto anche dal Movimento 5 Stelle), e Mara Ghidorzi, candidata di Unione Popolare. I numeri parlano chiaro: la sola possibilità di togliere la Lombardia al centrodestra è votare per Majorino, l’unico che nei sondaggi si avvicina a Fontana, pur rimanendo sempre alcuni punti percentuali indietro. La possibilità di cambiare c’è. Ora spetta ai cittadini e alle cittadine coglierla.

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