Durante i mesi di campagna referendaria e nei giorni seguenti alle votazioni per il taglio dei parlamentari, gli esponenti del M5s hanno cercato in tutti i modi di spiegare agli italiani che lo scopo non è indebolire il ruolo del Parlamento, semmai il contrario. Nemmeno il tempo di ripetere a memoria le frasi preconfezionate ed è arrivato Beppe Grillo, con la nonchalance che lo contraddistingue, a interrompere la recita ribadendo di non credere nel Parlamento e nella democrazia rappresentativa.
Le parole di Grillo sono state pronunciate durante Ideas for a new world, il dibattito organizzato da David Sassoli, presidente del Parlamento europeo. “Non credo più in una forma di rappresentanza parlamentare, ma credo nella democrazia diretta”, è stato l’incipit di un discorso che poi è proseguito toccando temi più ampi. Grillo ha infatti dichiarato che “Alle votazioni ci va ormai meno del 50%, quindi è una democrazia zoppicante. Si cominciano a prospettare scenari come l’estrazione a sorte. Perché no?”. In realtà, è uno scenario che ha prospettato lui stesso e che inizialmente è stato percepito come la boutade di un comico. Con Grillo è sempre sottile il confine tra la provocazione e la proposta tangibile – e spesso non c’è alcuna differenza. In quel caso, però, faceva sul serio.
Di fatto, l’idea dell’estrazione a sorte è stata già attuata, con il M5s che ha portato in Parlamento gente eletta con decine di voti su un blog privato, cavalli di Caligola inconsapevoli di far parte di un progetto ben più articolato: superare il Parlamento. “Sono andato ancora a votare con una matita, dietro una cabina. Sono cose che non concepisco più. Noi abbiamo lanciato Rousseau, che è interessante. Possiamo fare tutto con il voto digitale”. Queste dichiarazioni portano gli opinionisti a considerare Grillo la variabile impazzita del M5s, l’avanspettacolo di un movimento ormai istituzionalizzato, quando in realtà non sono i deliri di un folle, ma il progetto del fondatore, del padre spirituale e del gestore del partito italiano con più rappresentanti in Parlamento. Quindi non dobbiamo leggere le parole di Grillo sull’estrazione dei parlamentari in modo farsesco, ma chiamarle con il loro nome: frasi eversive.
L’importanza della democrazia non risiede nel caso, e dunque nell’estrazione a sorte, ma nel potere dell’elettorato di scegliere i propri rappresentanti. Elettorato che ha già, secondo la Costituzione, degli strumenti di democrazia diretta, ovvero il referendum (abrogativo o confermativo) e il diritto di petizione e di iniziativa popolare. L’insoddisfazione dei cittadini nei confronti dei politici e dei partiti ha portato in auge dibattiti sull’efficienza del nostro sistema democratico, con il tentativo dei partiti populisti non soltanto di spostare l’agorà politica nella rete, ma di spacciare per democrazia partecipativa ogni tentativo di destabilizzare il Parlamento e i luoghi di residenza della democrazia stessa.
Il nostro sistema democratico prevede la rappresentanza non per consegnare il potere a una presunta élite, ma per garantire che gli eletti possano affrontare questioni che il popolo ignora, e dunque rappresentarlo con competenza. Il progetto di Grillo salta in toto questo passaggio, con l’intenzione di far decidere ai cittadini anche su questioni che non possono comprendere. Non si possono fare sondaggi online – perché alla fine è questo che sono – su temi di macroeconomia, protocolli sanitari, e altre questioni tecniche per cui anche i politici spesso si affidano al parere di esperti del settore. Il cittadino delega certe decisioni ai politici proprio per risolvere problemi che lui stesso non può fronteggiare.
Nilde Iotti diceva che “Nel sistema democratico voluto dalla Costituzione il Parlamento, e solo il Parlamento, è l’espressione della volontà popolare. La nostra Costituzione non ammette che il Paese sia privo neanche solo per un giorno di un Parlamento dotato dei suoi poteri”. Chi invece vuole cancellare il Parlamento lo associa a un residuo novecentesco, a una struttura da smantellare per lasciar spazio a qualche distopia da Black Mirror. C’è più modernità nella Costituzione che nelle proposte strampalate di chi vuole affidarsi a sistemi che si basano sulla sorte. Paesi senza Parlamento ed elezioni sono già esistiti, e nei libri di Storia si trovano sotto una voce precisa: dittature.
Chi considera il Parlamento una scatoletta di tonno non potrà mai allinearsi ai crismi democratici che si rifanno alla Costituzione. L’antipolitica si nutre di tutti gli inestetismi della democrazia – che non è sinonimo di perfezione, ma che è ciò che maggiormente ci permette di proteggere la nostra libertà – per creare una realtà parallela, quasi sempre indefinita, con il solo scopo di indebolirla. Tutti gli autoritarismi sono sorti in seguito ad attacchi alle istituzioni, ricevendo l’appoggio del popolo proprio per aver profanato quello che veniva considerato un sistema politico sbagliato, antico o inefficace. Il popolo, soggiogato, non si è neanche accorto di aver perso il diritto di voto. Anche oggi è facile ricevere consensi attraverso una deviazione del pensiero: associare il Parlamento alla scempiaggine dei politici che ne fanno parte e il sistema di voto alla causa di tutti i mali. Dunque questi nuovi leader sfruttando retoriche facilone portano la popolazione a pensare che il Parlamento sia inutile, anzi dannoso, e le elezioni una perdita di tempo. La conseguenza è l’attacco al nostro stesso potere decisionale, un autosabotaggio involontario che indebolisce solo noi stessi.
L’unico modo per fermare questa deriva è affidarsi alla Costituzione, al Parlamento, alle istituzioni che non devono essere demonizzate soltanto perché troppo spesso calpestate da pessimi politici. Se mi si rompe la macchina chiamo il meccanico, non un numero sorteggiato a caso dall’elenco telefonico. E se il meccanico è un ladro o un incapace ne cerco un altro, non vado da un pasticciere. Continueremo a essere liberi cittadini fino a quando potremo votare “con una matita, dietro una cabina”. Quando il mitomane di turno viene a spiegarci che la libertà consiste nel vendere l’anima a un’azienda privata e a votare come se stessimo giocando a tombola, allora occorre starne alla larga. Per il nostro bene, per quello della democrazia.