Dopo qualsiasi tornata elettorale, che sia per eleggere il presidente degli Stati Uniti o il sindaco di Lamezia Terme, l’analisi è sempre la stessa: la sinistra ha abbandonato gli operai e il ceto medio-basso. Non che sia un fatto di per sé errato, ma spesso non si analizza la prospettiva inversa, ovvero gli operai ad abbandonare la sinistra e non il contrario. Perché se è la sinistra ad aver tradito, la motivazione di solito porta al “nostalgismo” di qualcosa mai vissuto, soprattutto per le generazioni Under 40: Berlinguer e le fabbriche, il PCI, il socialismo anticapitalista. Quindi quella di oggi diventa la sinistra ZTL, il coacervo di radical chic imbevuti di latte e neoliberismo. Anche qui, seppur con qualche esagerazione, ci sono tutti gli elementi che portano a considerare veritiera, o almeno verosimile, questa immagine. Ciò che sfugge è la direzione di questo esodo. In teoria i meno abbienti dovrebbero abbracciare un credo politico più vicino a quella “sinistra che non c’è più”. E invece votano una destra ancora più capitalista, neoliberista e totalmente disinteressata ai loro bisogni.
Negli Stati Uniti parlare di sinistra è storicamente inappropriato dopo decenni di caccia alle streghe contro il socialismo, con i Sanders di turno lasciati marcire nel magazzino delle scope. E non per qualche complotto tra i dem, ma perché un Sanders che alle primarie del Partito Democratico prende la metà dei voti di Biden non ha alcuna possibilità di finire alla Casa Bianca nella nazione del maccartismo. Eppure i suoi discorsi sono i più lucidi sulla crisi dem. Commentando la vittoria di Trump, Sanders ha detto che la leadership dem difende lo status quo, ha abbandonato la classe operaia e non ha frenato in alcun modo le disuguaglianze sociali. Tutto verissimo, e può valere per la quasi totalità dei partiti democratici-progressisti dell’Occidente. Anche Sanders però non risponde alla domanda consequenziale: “Perché la classe operaia anche negli Stati Uniti ha votato per il ‘padrone’, ovvero per il volto capitalista degli ultimi decenni coadiuvato dall’uomo più ricco del mondo?”.
Trump già durante il primo mandato provò a smantellare una delle poche riforme vagamente di sinistra degli Stati Uniti, ovvero l’Obamacare, ma fu fermato nel 2017 dai voti al Senato che respinsero i tentativi di abrogazione. Adesso tornerà all’assalto, e insieme a Musk rappresenta in pieno l’oligarchia dei ricchissimi che ha contribuito alle fratture sociali, all’allargamento della forbice con i poveri e al capitalismo come religione di Stato. Ricorda un po’ quando, ai tempi dell’Ulivo, i delusi di sinistra si lamentavano per l’ingresso di troppi democristiani e, nel segreto delle urne, votavano Silvio Berlusconi. Oppure la classe operaia che si è spostata prima verso Matteo Salvini e poi verso Giorgia Meloni. E non c’è alcun punto nel programma della destra che possa giustificare questo salto della barricata, considerando che da quando sono al governo hanno favorito solo i ricchi evasori e si sono dichiarati contrari alle uniche, vere misure a favore dei lavoratori e dei ceti più poveri, cioè il salario minimo e la patrimoniale.
Il centrosinistra, nonostante la puzza sotto il naso, i Rolex e tutte queste narrazioni a metà strada tra la verità e il mito, ha invece presentato proposte a riguardo. Tutte respinte dal governo. Semmai la sua colpa è quella di non averle realizzate quando era al governo – e non è un peccato di poco conto. Allo stesso tempo l’accusa principale che viene rivolta alla sinistra del terzo millennio è quella di aver abbandonato i diritti sociali per quelli civili. Impostata così è una contrapposizione capziosa, perché gli uni non dovrebbero escludere gli altri. La destra, infatti, si scaglia contro i diritti civili senza occuparsi ugualmente di quelli sociali, e anzi persevera nelle privatizzazioni e nei tagli ai servizi pubblici. Un modo ruffiano per non ammettere di non essere per nulla interessata ai diritti civili per la sua natura retrograda e oscurantista. Dunque niente matrimoni egualitari, Ius soli/Ius scholae e leggi ferree contro l’omofobia e la transfobia, anche perché sarebbe come punire se stessa e le sue idee da conservatori fuori dal tempo. Non si può nemmeno dire che la destra vada solo contro le minoranze, visto che sono a rischio anche diversi diritti delle donne, quindi relativi alla maggioranza del Paese. Possiamo quindi ragionevolmente affermare che le classi meno abbienti non si siano spostate a destra per poterne trarre un vantaggio rispetto alle politiche di centrosinistra, ma perché stuzzicate da altri temi dell’agenda sovranista-neofascista: caccia al migrante, autoritarismo, nazionalismo e chiusure – mentali e geografiche – di ogni tipo. Dovremmo forse smettere di percepire la classe operaia come quella degli anni Settanta, con i lavoratori a Mirafiori che tenevano Il Capitale nel taschino e sognavano una rivoluzione proletaria. Adesso probabilmente sognano di diventare come Musk o Briatore e votano i loro aguzzini.
Questo non assolve la sinistra. La transizione dal mondo comunismo alle socialdemocrazie è stata farraginosa, dispersiva, si sono persi tratti identitari e visioni per il futuro. Forse era anche inevitabile. Per esempio, nel terzo millennio non può esistere un socialismo che non sia intersezionale, e dunque i diritti civili e quelli sociali non possono essere separati. Anzi, rappresentano una novità persino per il mondo della sinistra. Non dimentichiamo che nelle principali esperienze con il comunismo al potere i diritti delle minoranze sono sempre stati schiacciati, come ci insegnano le esperienze degli omosessuali nell’Unione Sovietica o a Cuba. Persino nel più moderato comunismo italiano, l’omosessualità veniva definito un vizio borghese. Senza scomodare il caso Pasolini, Togliatti invitava il noto scrittore André Gide a “occuparsi di pederastia, dov’è specialista”. Inizialmente il PCI era più che titubante anche sull’aborto, e soltanto dopo innumerevoli discussioni interne il nutrito fronte del “No” fu convinto a contribuire alla campagna referendaria in direzione opposta. Oggi nessuna sinistra mondiale potrebbe definirsi tale senza una sacrosanta attenzione ai diritti civili, e forse è il vero cambiamento tra le logiche novecentesche e il passaggio al progressismo attuale, insieme alla consapevolezza dell’inattuabilità di una società del tutto marxista.
Lo stesso Berlinguer capì l’urgenza di aprirsi all’occidentalismo, senza per questo smarrire la propria identità socialista. Per questo mi stupisco quando oggi viene criticato il centrosinistra per il supporto alla Nato, quando il leader più amato del PCI già andava in questa direzione più di quarant’anni fa. Nel 2024, inoltre, non possiamo più concepire la logica di Marx della proprietà privata come conseguenza del lavoro alienato, né seguire codici ottocenteschi che praticamente nessun governo comunista, tranne forse quello di Allende in Cile e pochi altri, ha portato avanti senza smembrare le sue stesse ideologie. Già Stalin riscrisse i precetti di Marx adottando il “socialismo in un solo Paese” e scontrandosi con la prospettiva planetaria di Trockij, e anche la Cina maoista aveva tradito il marxismo sotto svariati punti – per non parlare di quella attuale, ormai prona al capitalismo. E come dimenticare l’ultima fase di Fidel Castro, griffato dalla testa ai piedi da una multinazionale fondata da due fratelli iscritti al partito nazista, cioè Adidas.
Dunque si chiede spesso alla sinistra mondiale di essere più di sinistra in modo vago, seguendo astrattismi che non rispecchiano più la realtà che ci circonda. Abbandonare del tutto il sistema capitalista è di fatto impossibile, perché vorrebbe dire anche chiudere i rapporti con tutte le multinazionali. Non credo che l’elettore di sinistra si aspetti che Schlein abbandoni Facebook e Instagram o che possa vietare ai suoi elettori di fare un ordine su Amazon. Semmai la richiesta è quella di smorzare l’impeto neoliberista ed essere più coraggiosi sulle politiche legate al lavoro, alla sanità pubblica, all’istruzione. Azioni su cui si è già nettamente più attivi rispetto alla destra. Forse dovremmo smettere di pensare che gli operai abbiano abbandonato il PD perché “troppo poco di sinistra”, se poi votano Meloni. E per intercettare quei voti l’unica soluzione è garantire un’alternativa reale basata sì sulla concretezza delle proposte, ma anche su un’immagine da ripulire. Perché, parliamoci chiaro, essere visti come “il partito delle élite” fa il gioco della destra e alimenta il distacco – reale o percepito – tra sinistra e popolo. Eppure l’incongruenza permane, perché una misura come la patrimoniale in teoria dovrebbe essere accolta con entusiasmo proprio dalla classe lavoratrice, considerando che riguarderebbe una tassazione sui super ricchi e non di certo sul ceto medio-basso. La propaganda della destra è invece riuscita ad associarla a una “tassa della sinistra che mette le mani nelle tasche degli italiani”, e dunque anche l’operaio è contrario. Le opzioni sono due: l’operaio nasconde milioni di euro sotto il materasso oppure non ha capito la misura e si è fatto abbindolare da Meloni e Salvini.
Chiediamo quindi uno sforzo in più al centrosinistra sui diritti sociali e di non abbassare la guardia su quelli civili; una maggiore attenzione alle esigenze dei lavoratori; una strategia comunicativa tesa a smentire certi luoghi comuni – perché se la sinistra è ZTL, la destra è jet privato e miliardi in un paradiso fiscale. Solo allora potremo tornare a riconquistare i voti della provincia, altrimenti rimarrà l’immagine dei sepolcri imbiancati e dei comunistelli in cachemire tanto cara alla destra, ben più abile a disegnare il nemico politico esasperando i suoi tratti. E allora facciamoglielo capire che i veri nemici dei lavoratori sono loro, che vent’anni di berlusconismo hanno impoverito ancor di più la popolazione e lo stesso schema lo sta seguendo il governo attuale; che Trump e Musk sono due miliardari senza scrupoli giunti alla Casa Bianca uno per evitare la giustizia e l’altro per aumentare ulteriormente il suo capitale. Vanno bene tutte le analisi sulla crisi globale della sinistra, ma prendere la destra come alternativa a favore delle fasce meno abbienti è prostituzione intellettuale.
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