Il meme sta sostituendo la vita di Berlusconi, cancellando gli aspetti più gravi della sua storia - THE VISION
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Per capire come verrà giudicata una persona nella Storia è necessaria la prova del tempo. Il susseguirsi di generazioni modifica la percezione di ciò che è stata, di ciò che ha fatto, della sua eredità nel pensiero pubblico. Per gli over 50, per esempio, Giulio Andreotti viene ricordato come un politico controverso che ha tenuto le redini del Paese, conservandone tutti i suoi segreti per decenni. E c’è ancora la memoria dei suoi rapporti con alcuni esponenti della mafia. Per la nostra generazione Andreotti è associato prevalentemente allo stato catatonico in seguito a una domanda di Paola Perego, con lei a chiamarlo – “Presidente…?” – come a volerlo riportare nel mondo dei vivi. Bettino Craxi, invece, non ha avuto nessuna redenzione grottesca: lancio di monetine fuori dall’hotel, Tangentopoli, fuga ad Hammamet. Ciò che mi terrorizza è che stiamo creando un’immagine sfocata di un altro personaggio che ha segnato il nostro Paese negli ultimi trent’anni come politico, e per quasi mezzo secolo come imprenditore. Il timore si sta concretizzando: Silvio Berlusconi è diventato un meme.

Bettino Craxi e Giulio Andreotti

Il processo di memizzazione in realtà è iniziato quando era ancora vivo. I suoi ultimi anni, quelli del Berlusconi con ancora meno freni inibitori e senza ruoli istituzionali, sono coincisi con l’esplosione dei social. Ancora oggi, per qualche strano scherzo dell’algoritmo, su Instagram mi spuntano reel di barzellette di Berlusconi. Lui già anziano, ma senza aver mai perso lo spirito goliardico che ha più volte usato nella sua vita per nascondere faccende ben più serie. Il tema delle sue barzellette era quasi sempre lo stesso: la fica. Per lui fica e donna erano sinonimi, oggetti, astrazioni, figure totemiche, nonché certificazione del potere. Quindi prometteva ai suoi calciatori in caso di vittoria “un pullman di troie”. I festini con le minorenni si sono trasformati in cene eleganti, il sessismo dilagante è stato introiettato da una parte della massa come incarnazione dell’italiano medio. Ed è un problema che riguarda anche la sinistra. Se la destra lo incensa come grande statista, dall’altro lato stiamo progressivamente perdendo la concezione di ciò che è stato Berlusconi per questo Paese, con il meme che sta sostituendo la sua biografia. Dunque il Berlusconi nel suo tramonto era un vecchietto a cui piaceva la fica, e giù di grasse risate.

C’è un libro di Emmanuel Carrère sulla vita di Philip K. Dick con un titolo potentissimo: Io sono vivo, voi siete morti. Forse il potere di Berlusconi è metafisico. Da morto, il suo nome è apparso sui manifesti di Forza Italia per le elezioni europee. Da morto, ha preso più voti di parecchi vivi, tra cui la Lega di Salvini. Ormai siamo arrivati alla necropolitica. Salvini, a proposito, ha annunciato con gioia l’approvazione del Consiglio di amministrazione dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) per intitolare a Berlusconi l’aeroporto di Milano Malpensa. Ha provato a berlusconizzarsi ironizzando sul fatto che mancasse soltanto la firma del ministro dei Trasporti, cioè Salvini stesso. Stiamo parlando di un aeroporto intercontinentale, non dell’eliporto di Arcore. Ho provato a immaginare la scena di un volo proveniente dagli Stati Uniti, dagli altoparlanti la voce del capitano che annuncia l’imminente atterraggio all’aeroporto Silvio Berlusconi e le risate dei turisti americani. Io quelle risate le sento da quando sono bambino. I primi viaggi all’estero con la famiglia, gli stranieri che capivano la nostra provenienza e magari si lasciavano sfuggire un “maccheroni-mafia-Berlusconi”. Nessuno si capacitava delle nostre scelte elettorali, del fatto che avessimo un presidente del Consiglio del genere. E ridevano di me. Ridevano di noi. È come se decidessero di intitolare un aeroporto di New York ad Al Capone. Non siate malpensanti: mi serviva come esempio un altro personaggio condannato esclusivamente per problemi con il fisco.

 

Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi

Anche la fedina penale rientra nell’eredità di una persona. E sì, effettivamente Berlusconi ha all’attivo “solo” una condanna, quella per frode fiscale. In realtà è stato salvato da svariati processi grazie a leggi fatte dai suoi stessi governi, quindi diventa strumentale parlare di assoluzioni in riferimento ad altre grane che ha dovuto affrontare o che, scientemente, ha deciso di schivare. Inoltre, ci sono altre sentenze ufficiali che attribuiscono a Berlusconi la ovvia conoscenza dei contatti di Dell’Utri con alcuni vertici di Cosa Nostra. È questo il motivo che mi impedisce di ridere di fronte a un meme su Berlusconi. Un cittadino, imprenditore e politico con questo percorso non può essere trasformato in un personaggio macchiettistico e il berlusconismo non deve essere ridotto a un fatto “di costume”. È una pagina critica della storia italiana che ha contribuito per vari aspetti, inoltre, a uno scadimento culturale, morale e politico del Paese. È come se tutti fossimo orfani di un’entità ancora viva, perché “il Berlusconi in noi” di cui parlava Gaber è ancora rimasto. E attraverso le sue televisioni, i suoi alleati politici e la narrazione dell’italiano medio che ce l’ha fatta, ha espiato ogni peccato.

Ricordo quando Gianfranco Micciché, personaggio di spicco della destra siciliana, disse di essere contrario all’idea di intitolare l’aeroporto di Palermo a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino perché con quella scelta “ci si sarebbe ricordati della mafia”. Aggiunse: “L’aeroporto lo intitolerei ad Archimede o ad altre figure della scienza, figure positive”. Come se Falcone e Borsellino non lo fossero. Adesso, dodici anni dopo, Malpensa viene intitolato a una figura che no, non può essere considerata positiva, e che lo stesso Borsellino citava insieme a Dell’Utri in una delle sue ultime interviste, parlando di teste di ponte tra il Nord e Cosa Nostra. A volte sembra che la destra si prenda gioco degli italiani sapendo di poterlo fare, avendo creato attraverso il berlusconismo una zona franca dove potersi muovere al di sopra dell’ordine della morale, dell’etica, della legge stessa. Mi ricorda il vecchio sketch di Corrado Guzzanti su La casa delle libertà, al motto di “Facciamo un po’ come cazzo ci pare”. Quindi Berlusconi, nell’ottica della destra, da martire della giustizia è diventato adesso una figura mitologica, un eroe dei nostri tempi. E, a proposito di Dick, la sensazione è quella di essere in una sua distopia, in una di quelle storie dove non si capisce più cosa sia vero e cosa no. Solo che qui gli elementi non sono quelli della fantascienza, ma della farsa.

In fondo, la destra ha il diritto ideologico di scegliere i propri punti di riferimento, che siano Berlusconi, Almirante o Mussolini. A sinistra, però, dovremmo conferire alla vita di Berlusconi una serietà che non riusciamo ancora a ottenere. Probabilmente perché l’antidoto al berlusconismo è stato per vent’anni la satira. I comici si nutrivano di Berlusconi e delle sue malefatte, era tutto materiale da spettacolo. Adesso che lui non c’è più, ciò che rimane è un insieme di filmati cabarettistici, una compilation con Berlusconi che spolvera la sedia di Travaglio, fa le corna durante gli eventi istituzionali mondiali, cazzeggia con i leader degli altri Paesi o racconta storielle zozze. Ha inglobato anche la comicità, ma a suo vantaggio. È diventato “Silvio il buontempone”, quello del lettone di Putin, della bandana e del vulcano nella sua villa in Sardegna. Non ha più bisogno dei comici: è la sua stessa eredità a essere diventa un meme. Probabilmente tra dieci anni ci ricorderemo più di Dudù che dell’editto bulgaro, più del “Mi consenta” che del “Ho portato io i fascisti al governo”.

Si creeranno leggende metropolitane, l’equivalente del “quando c’era lui i treni arrivavano in orario”. Sul versante politico si parlerà più della patente a punti che delle leggi ad personam. A meno che non smettiamo di edulcorare una figura così controversa. Non so se siamo ancora in tempo o se l’agiografia berlusconiana abbia ormai messo radici in tutto il territorio. Sta di fatto che tra un secolo ci sarà ancora l’aeroporto Silvio Berlusconi, e l’abbiamo permesso facendo arrivare al potere i suoi figli politici e quello che in qualche modo è il suo ologramma. Un fenomeno, il berlusconismo, che ci seppellirà tutti perché è tuttora più vivo di noi.

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