Nel 2010 la destra istituzionalizzò la "compravendita di voti", ma oggi accusa Conte di farlo - THE VISION

Durante la crisi del secondo governo Conte, il centrodestra ha deciso di attaccare la maggioranza anche insistendo sulla possibile “compravendita di senatori” per garantire i numeri necessari a tenere in piedi l’esecutivo. Un’operazione comunque inutile che il 26 gennaio ha costretto Conte a salire al Colle e a presentare al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella le sue dimissioni. Quella del centrodestra è però un tipo di propaganda  basata sulla scarsa memoria di molti elettori. 

Giorgia Meloni ha parlato di “mercimonio” e di “mercato delle vacche”. Matteo Salvini ha tuonato contro la “squallida compravendita da parte del governo”. Silvio Berlusconi ha detto che “l’attenzione del governo e dei partiti della maggioranza è tutta concentrata sulla caccia a qualche senatore disposto a cambiare schieramento, una caccia debolissima e di basso profilo”, forse ricordando la caccia al senatore in grande stile messa in atto per far nascere il suo quarto governo. Nato nel 2008, faceva parte dell’esecutivo anche la Lega e Giorgia Meloni lo sosteneva nel ruolo di ministra della Gioventù.

Due anni prima, le elezioni politiche avevano visto la vittoria di una coalizione di centrosinistra e la nomina a Presidente del Consiglio di Romano Prodi, che governava con una risicata maggioranza parlamentare. Pochi mesi dopo l’insediamento, la maggioranza perse l’appoggio in Senato del senatore Sergio De Gregorio, eletto con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro e passato poi al centrodestra. Il governo ricevette la spallata finale il 24 gennaio 2008 in seguito all’uscita dall’esecutivo di Clemente Mastella, all’epoca ministro della Giustizia, e ai voti di sfiducia dei parlamentari dell’Udeur di cui era leader. Votò la sfiducia anche De Gregorio, nel mentre diventato alleato di Forza Italia con la sua lista Movimento Italiani nel Mondo. Si venne poi a scoprire che il tradimento di De Gregorio contro la maggioranza non aveva nessun motivo ideologico dietro, ma era frutto di corruzione

Clemente Mastella

Fu lo stesso De Gregorio ad ammettere pochi anni dopo e senza giri di parole la corruzione con lo scopo di far cadere il governo Prodi: “Tra il 2006 e il 2008 Berlusconi mi pagò tre milioni di euro per passare con Forza Italia”. Durante la successiva udienza preliminare del 2013 De Gregorio patteggiò poi per ottenere una condanna a 20 mesi di reclusione, con pena sospesa,  per corruzione in atti d’ufficio. Secondo quanto emerso durante le indagini, il leader del Movimento Italiani nel Mondo ottenne due milioni di euro in nero per sé e uno di finanziamento al suo partito per far cadere il governo Prodi. Il suo cambio di schieramento fu anche ripagato con la sua elezione a senatore nelle fila del Popolo della Libertà nel 2008. Berlusconi per questa vicenda fu condannato in primo grado a tre anni di reclusione per corruzione, con conseguente interdizioni per cinque anni dai pubblici uffici. Nel 2015 maturò però la prescrizione, e nel 2017 la condanna è stata per questo motivo annullata dalla Corte d’Appello di Napoli, pur confermando le accuse a carico di Berlusconi. 

Il quarto governo Berlusconi nacque dunque grazie a una corruzione accertata  in sede giudiziaria, e più avanti restò in piedi grazie a un’altra probabile compravendita di senatori, stavolta mai confermata come corruzione. Nel dicembre del 2010, in seguito a un’esperienza di governo travagliata, tra scandali sessuali ed economia in crisi, l’esecutivo di Berlusconi fu oggetto di una mozione di sfiducia. Il Cavaliere venne salvato da un altro aiuto proveniente dal centrosinistra. I parlamentari dell’opposizione Antonio Razzi, Domenico Scilipoti, Bruno Cesario e Massimo Calearo votarono la fiducia all’esecutivo, bloccando una crisi che in molti davano per certa. Razzi e Scilipoti, entrambi eletti con l’Italia dei Valori di Di Pietro, come De Gregorio, sono diventati da quel momento e negli anni a seguire uno dei simboli del decadimento della scena politica degli ultimi decenni.

Dopo il voto di fiducia al governo, diversi immigrati scesero in piazza con degli striscioni pro Scilipoti. Interrogati dalla polizia, dichiararono di essere stati pagati dal deputato per inscenare il consenso a suo favore. Passato a Forza Italia, nel 2013 divenne membro della Delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea della Nato e nel 2016 è stato anche nominato vicepresidente della commissione Scienze, Tecnologia e Sicurezza dell’Alleanza Atlantica. Razzi dichiarò invece di essere “di proprietà di Berlusconi” e che avrebbe votato anche Totò Riina come Presidente della Repubblica, se Berlusconi lo avesse chiesto. Fu intercettato in Parlamento durante una conversazione privata in cui diceva: “Andavamo dal Presidente e con Scilipoti dicevamo: siamo noi due, quanto ci molla? Ce ne date un milione? Io e lui con un milione ci facevamo una campagna elettorale, facevamo un partito nuovo. Perché per noi due il governo s’è salvato. Se io e Scilipoti andavamo di là per un voto cadeva, cadeva Berlusconi”. Anche Razzi venne in seguito accolto da Forza Italia, diventando nel 2013 senatore della Repubblica.

Antonio Razzi
Domenico Scilipoti

Viene da chiedersi quindi con quale coraggio Berlusconi, Salvini e Meloni parlino adesso di compravendita di senatori, dopo quanto accaduto con l’ultimo governo guidato da una coalizione di centrodestra. Questo non è una scusante per lo spettacolo di Conte, tra esplicite aperture a Clemente Mastella – lo stesso che nel 2008 fece cadere Prodi – e il sostegno di personaggi come il senatore Lello Ciampolillo, portato al Senato dal M5S, in seguito espulso dal movimento per la mancata restituzione dei rimborsi e adesso innalzato a maître à penser dei costruttori, i politici “responsabili” che si sono prodigati in questi giorni per evitare la caduta del governo Conte bis. 

C’è però una differenza sostanziale tra la ricerca, comunque goffa, di ottenere una maggioranza provando a convincere dei parlamentari in nome dell’unità nazionale durante un’emergenza pandemica globale e la possibile corruzione. Il compromesso e la trattativa fanno parte del gioco politico e dell’essenza democratica nel trovare un punto di incontro tra opinioni diverse, così come il trasformismo di certi politici.  Assistere però alle lezioni di morale dello stesso centrodestra che poco più di 10 anni fa comprava i senatori con tangenti in nero è un insulto, prima di tutto all’intelligenza dei loro stessi elettori.

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