Se i rapper possono parlare di sesso ma le rapper no è perché abbiamo un problema con la sessualità femminile
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Agosto è un mese che rischia di essere avaro di contenuti di rilievo per i media americani, ma le rapper Cardi B e Megan Thee Stallion non hanno lasciato i connazionali a corto di polemiche (prima che i dibattiti su Kamala Harris rubassero la scena) grazie a “WAP”, la loro ultima hit sul simbolo del piacere femminile, ovvero la Wet Ass Pussy, la “figa bagnata”.

Lanciata su tutte le piattaforme musicali il 7 agosto e su YouTube con un video che ha raggiunto 26 milioni di views in 24 ore, “WAP” ha fatto parlare di sé nel bene, ma soprattutto nel male: al pari degli elogi delle celebrity e di un largo pubblico si sono moltiplicate in fretta reazioni indignate di tantissimi altri, in particolare di molti politici repubblicani-conservatori e di diversi artisti, nella quasi totalità dei casi uomini. Criticate per il linguaggio esplicito con cui cantano di sesso e di piacere, le due rapper americane sono state accusate, tra le varie cose, di riportare “l’intero genere femminile indietro di 100 anni con la loro canzone vile e disgustosa” oppure, come ha lamentato il cantante CeeLo Green, di rappresentare un genere di musica “senza vergogna, che è assoluta brutalità”, aggiungendo che “ci dovrebbe essere un momento e un luogo specifico per i contenuti per adulti”. Un commento che stupisce, dato che riguarda un tipo di musica, il rap, che da almeno quarant’anni adotta un linguaggio ultra-esplicito, misogino e deliberatamente volgare e violento per parlare di sesso. L’unica differenza è che stavolta a farlo sono due donne che hanno raggiunto direttamente il primo posto della classifica di Billboard, segnando un debutto da record. Nella stessa intervista, il cantante dei Gnarls Barkley non ha lesinato critiche neanche verso Nicki Minaj, altra rapper afro-americana, affermando che il fatto di promulgare certi stereotipi e modelli negativi per i giovani è problematico e “Nicki potrebbe essere efficace in così tanti altri modi, ma appare solo come una disperata”. Simili affermazioni non sono passate inosservate, generando reazioni ancora più aspre che verso la canzone stessa, e il cantante ha prontamente pubblicato le sue scuse sui social, sostenendo come succede di solito di questi tempi la libertà di espressione e proclamandosi fan delle tre: “Riconosco che sono potenti, belle e influenti come donne e come professioniste”, ha chiosato nel messaggio.

Cardi B e Megan Thee Stallion sono certamente tutte e tre le cose, e non è nemmeno la prima volta che dedicano rime ai loro desideri sessuali, con dovizia di particolari e immagini molto precise: in quasi tutte le loro canzoni, separatamente, affermano di essere donne che sanno cosa vogliono, per godere e non solo. Evidentemente, però, sembra insopportabile per molti ascoltare due donne che, senza nessun altro rapper sulla scena a fare da garante, elencano le proprie fantasie sessuali. Prima di loro, anche Lil’ Kim o Missy Elliott negli anni Novanta, e prima ancora Foxy Brown e il gruppo Salt-N-Pepa, si sono fatte strada nel rap dominato esclusivamente da uomini, cantando con la stessa sicurezza il proprio diritto alla libertà sessuale, da protagoniste e non da oggetti.

I soldi e la violenza sono i cardini su cui notoriamente i rapper fondano il proprio status, e il sesso è il terzo elemento fondante su cui alimentare il proprio potere. Quello raffigurato nei testi del gangsta rap, soprattutto, costituisce un mezzo per affermare la propria virilità, anche attraverso l’umiliazione delle donne, spesso alludendo a stupri e violenza. Solo un paio di decenni fa Eminem, per citare probabilmente il rapper più conosciuto in Italia e in modo trasversale, cantava tutto il suo risentimento nei confronti dell’universo femminile inneggiando a stupri e omicidi nel suo The Marshall Mathers LP, campione di incassi. Senza arrivare a dei simili scenari, il sesso rappresentato nelle canzoni rap resta comunque un appannaggio del potere sulle donne, spesso sul confine del consenso, tanto da venir considerato un prodotto esemplare – e un veicolo – della rape culture. Per non parlare del ruolo delle donne nei video rap: nella maggior parte dei casi ballerine e modelle estremamente sessualizzate, avvicinate in modo allusivo al mondo del porno e del sex-work. Una caratteristica che è stata riassunta con la definizione di “video vixen” e al cui proposito, la scrittrice Audre Lorde aveva detto: “Se non definissi me stessa per me stessa, sarei masticata all’interno delle altrui fantasie su di me e mangiata viva”. Queste immagini iper-sessualizzate del sesso femminile rafforzano inoltre lo stereotipo negativo associato alle donne nere. Così come per le ballerine, presenze di contorno, sulle artiste rap e hip-hop vengono fatte molte pressioni affinché si conformino agli standard estetici del porno.

 

Sono quindi molte le ragioni che portano a definire e a condannare la misoginia su cui è fondato il rap, anche se la teorica femminista bell hooks puntualizza che non è solo un problema di questo genere, ma dell’ostilità diffusa in tutta la cultura americana. Afferma infatti che è molto più facile attaccare il gangsta rap piuttosto che affrontare la cultura che lo produce. È anche il motivo per cui, da quando è nato il rap, sono pochissime le donne a emergere, a raggiungere le vette delle classifiche e a vedersi riconosciuti i propri meriti dalla critica musicale. Tutte le rapper americane sono consapevoli di queste dinamiche e spesso si fanno carico di rovesciare quella stessa narrativa, ponendosi nel ruolo di protagoniste al posto degli uomini. Ma quando ad affermare la propria sessualità è una rapper viene assalita da critiche, e ciò accade perché è ancora un tabù che spaventa e intimidisce gli uomini in primis, abituati come sono ad usare il sesso contro le donne. Improvvisamente, il pubblico si preoccupa dei bambini esposti a questi testi come se non fossero stati normalizzati da decenni dagli uomini che rappano in modo ugualmente sguaiato. Cardi B ha dichiarato che nemmeno la sua casa discografica era contenta della canzone prima della sua realizzazione, ma di essersi fortemente imposta sia per il testo sia per la collaborazione con Megan Thee Stallion.

Non va poi dimenticato che lo stigma è amplificato per le donne nere e di colore. Nel corso della storia della musica, molte artiste si sono vantate del proprio corpo, delle proprie capacità sessuali e hanno manifestato il loro desiderio in modo esplicito. Chi lo faceva però ha ricevuto la costante accusa di svalutare il proprio corpo in modo degradante e “poco femminile”. Per ogni musicista donna, il circolo delle critiche è infinito perché, in fondo, non conta veramente come si esprime il proprio desiderio, se sei femmina è meglio non farlo. Allo stesso modo, “WAP” incoraggia chi la ascolta a cercare ciò che desidera perché ogni donna ha il potere di ottenere ciò che vuole.

La rivoluzione e il successo di questo pezzo non sono paragonabili a niente che sia successo finora. La controversia in questo caso non riguarda solo il testo, ma anche le artiste che ci sono dietro e l’orgoglio che traggono dai loro corpi. Ad ogni modo, non è possibile separare la canzone dal contesto: “WAP” è un inno sex-positive creato da due delle artiste più seguite del momento, accompagnato da un video esuberante e pieno di comparse celebri. Il video celebra la femminilità moderna attraverso molti dei nomi più noti: Kylie Jenner, la cantante spagnola Rosalìa e Normani, esempi di donne conosciute per la loro assertività, che passa anche dal rapporto solido e sicuro con la loro fisicità. Qui, però, non si tratta di oggettificazione sessuale dei corpi, ma di una loro glorificazione di questi stessi come strumento di piacere e realizzazione. Il set del video è  un trionfo del kitsch, i colori sono accesi e le stanze della mansion, che niente ha a che vedere con quella di Playboy, si allontanano dalla serietà dei rapper a riconferma dell’intento ironico e giocoso della canzone.

È giunto il momento di accettare che le donne parlino come preferiscono del loro corpo e di dargli credito. Forse “WAP” diventerà un trampolino di lancio per ridiscutere il racconto della sessualità femminile, nel rap come in ogni altro mondo, in prima persona, senza timori, senza diventare sfondo delle fantasie – spesso di sottomissione – di qualcun’altro. Sembra che per la società le donne debbano semplicemente accettare i riferimenti sessuali degradanti che gli uomini rivolgono loro, subire uno sguardo sprezzante solo per il fatto di appartenere a un genere diverso. Mentre questa violenza sistematica paradossalmente non solleva critiche, non turba, non crea alcun problema. Sono sempre le donne a doversi adattare, a dover accettare il sistema e le critiche, a dover fare un passo indietro, o a non dover fare proprio nessun passo. Cardi B e Megan Thee Stallion, invece, si fanno beffe della presunta serietà dei soliti mansplainer ed esprimono con orgoglio e libertà il loro desiderio, incoraggiando le altre donne a fare lo stesso e facendosi portavoce di questo diritto, senza vergogna e senza chiedere il permesso a nessuno.

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