Purtroppo non è vero che siamo tutti belli, che l’aspetto esteriore non è importante e che ogni corpo è perfetto a modo suo: secondo i canoni che fanno parte del nostro modo di percepire la realtà – canoni che tuttavia modificabili – ci sono delle donne più belle di altre, così come ce ne sono alcune più intelligenti, più colte, più intraprendenti. Anche la bellezza ha i suoi gradi, negarlo è ipocrita, così come è pericoloso legittimare l’obesità travestendola da libertà d’espressione quando può essere invece uno stato fisico con delle ricadute anche molto gravi sulla salute. Ciò però non significa che il genere femminile – così come quello maschile, ma in misura storicamente minore – debba subire un costante bombardamento mediatico che impone ed esaspera standard uniformi di altissimo livello per qualsiasi fase della vita delle donne, dall’adolescenza con le teen star senza un brufolo in viso né un filo di cellulite, fino alla vecchiaia dove la battaglia alle rughe si combatte a qualsiasi costo.
I movimenti di body positivity nati negli ultimi anni riflettono l’esigenza di un ribaltamento di questa dinamica, come conseguenza all’emancipazione femminile da ruoli ormai obsoleti e da quel famoso “sguardo maschile” che imprigiona la donna in una visione unilaterale e assoggettata al suo gusto. Ciononostante, anche questo genere di iniziativa assume in certi casi toni eccessivamente rigidi, che rischiano di diventare conformisti quanto i modelli che attaccano. In tutto questo dibattito, i brand di moda e i personaggi pubblici giocano un ruolo fondamentale per la diffusione di un messaggio “rivoluzionario”, essendo tra i maggiori veicoli di rappresentazione esteriore del genere femminile. Molti stanno cavalcando l’onda di questa presa di coscienza, ma pochi stanno riuscendo nel loro intento senza far sembrare la loro mossa strategia di marketing. Tra i migliori interpreti di questo movimento, Rihanna spicca tra tutti per un motivo molto semplice: non fa sembrare la body positivity una pubblicità progresso.
Sappiamo tutti più o meno chi è e cosa fa Rihanna: sappiamo che è nata alle Barbados e che ha esordito in tempi in cui la vita bassa non era ancora considerata un crimine contro l’umanità. L’abbiamo vista cantare con un tutù metalizzato e un ombrello in mano, poi accanto a Eminem, poi con Shakira e con tanti altri artisti della scena pop. Negli anni ha cambiato molti look, ha avuto cascate di riccioli biondi, carré neri e magenta, ha indossato abiti fatti di cristalli Swarovski, si è vestita da Papa del futuro all’ultimo Met Gala e si è tatuata un’enorme divinità egizia sullo sterno. È una di quelle star che una volta raggiunto un livello tanto alto da non dover rimanere sempre immediatamente riconoscibile al pubblico, ha potuto sperimentare nei modi più eccentrici la sua creatività, molto più quella sartoriale che musicale si potrebbe dire. Tanto è palese la sua inclinazione verso ciò che riguarda la moda che, come molte sue colleghe oggigiorno, ha deciso di dedicarsi in modo serio a questo settore, registrando nel 2014 il suo cognome come marchio. E così è nato Fenty, l’impero di Rihanna che in pochi anni è diventato il centro della sua carriera, tanto da suscitare le lamentele del suo pubblico rispetto a un’evidente carenza musicale, alle quali lei risponde in modo auto-ironico.
Dopo qualche collaborazione con Puma, il vero e proprio esordio di Fenty è avvenuto nel 2017 con il lancio di Fenty Beauty, una linea cosmetica che ha debuttato durante la New York Fashion Week. L’accoglienza è stata decisamente positiva, ma a giocare a favore di questa attività commerciale c’è un elemento fondamentale: non si tratta solo di una linea di cosmetici lanciata da una delle più famose e apprezzate cantanti pop del mondo – cosa che già di per sé vale qualsiasi campagna pubblicitaria – ma è anche un prodotto che lancia un messaggio preciso, quello dell’inclusività. I fondotinta di Rihanna sono fatti per tutte e per tutti, ricoprendo molte più gradazioni di quante ne avessero mai ricoperte i marchi di prodotti di bellezza. La rivoluzione delle piccole gioie quotidiane è compiuta, e grazie alla cantante delle Barbados nessuna donna negli Stati Uniti si ritroverà più a disagio di fronte a un mascherone che poco si addice al suo incarnato.
La prospettiva di poter soddisfare un bacino di clienti molto più ampio e contemporaneamente ergersi a libertà che guida il popolo della cosmetica è tanto allettante che gli imitatori non si sono fatti attendere, anche se – come nel caso di Kim Kardashian e della sua linea KKW – ne hanno spesso subito solo il rinculo, considerato che è molto facile accorgersi del rimando alla linea Fenty Beauty. Oltre ai fondotinta che includono ogni gradazione di pelle, anche i rossetti hanno un occhio di riguardo per tutte quelle labbra che fino a quel momento erano state trascurate dall’industria cosmetica occidentale, ovvero tutte quelle tipologie con forme e colori che non rientrano negli standard del bianco-caucasico. E per finire, Rihanna lancia anche una linea di prodotti per il corpo detti “Body Lava”, una sorta di patina di splendore da applicare sul corpo, anche questo a prova di diversità: c’è la variante caucasica “Who needs clothes” e quella nera “Brown sugar”. Il video dimostrativo della cantante e imprenditrice che si ricopre una spalla con questo siero di bellezza è addirittura diventato un meme, giusto per suggellare ulteriormente il successo del prodotto.
Ma l’intraprendenza imprenditoriale di Rihanna non si ferma ai trucchi, e prosegue con un progetto che tocca direttamente il tema della body positivity. Nel 2017, infatti, è successa una cosa imprevedibile e per molti inaccettabile: Rihanna è ingrassata. Dopo dieci anni di carriera in cui aveva esibito sempre un corpo che sfidava le leggi della natura coniugando il fenotipo sudamericano all’asciuttezza svedese, è successo il dramma: le cosce si sono allargate, la faccia si è arrotondata, le scapole sono sparite sotto uno strato lipidico. Incredibilmente, abbiamo scoperto che Rihanna è umana e che anche lei è capace di mettere su chili. Non tutti l’hanno presa bene, come se il suo aspetto fisico fosse una questione di dominio pubblico su cui poter sindacare, e ciò che ne è conseguito è stata un’ondata di body-shaming, un fiume di critiche del calibro di “Ma tu sei Rihanna, sei famosa, non puoi ingrassare!”. Lei, come al solito, ha avuto la furbizia di rispondere a questo tipo di critiche ancora una volta con un escamotage auto-ironico, e non solo. A maggio 2018, infatti, ha lanciato un’altra linea, Savage x Fenty, questa volta di lingerie, allargando la questione del corpo femminile a uno spettro più ampio: non solo colori diversi, ma anche forme diverse.
Se si pensa ai grandi marchi di intimo per donna viene subito in mente Victoria’s Secret, e se si pensa a Victoria’s Secret non si può non pensare ai suoi “angeli”, a quell’armata di modelle bardate di giarrettiere e alette, come vere e proprie creature paradisiache cadute sulla terra per fare feste. Personalmente, non ho mai provato nessun tipo di attrazione verso questo marchio, ma possiamo comunque affermare che al di là dei gusti il campione femminile di questo brand detta le leggi del come una donna dovrebbe essere per essere considerata “perfetta”. Fisici scultorei e senza accenni di decadenza, visi regolari, capelli fluenti, seni autoreggenti: sappiano tutte che questa combinazione è il risultato di alcune variabili, il famoso DNA baciato da dio e il miracolo della natura che dona alla stessa donna sia prosperità che magrezza, o in alternativa la chirurgia estetica e una vita di rinunce e auto-controllo. Lo hanno detto gli angeli stessi che a vivere così si rischia spesso di cadere in qualche disturbo alimentare, considerato che il confine tra avere una dieta sana ed essere anoressici in molti casi è molto sottile. Oltre al problema per le modelle stesse, di rimando c’è anche quello per chi guarda a questo universo come obiettivo personale a cui aspirare, e tutti i complessi che ne derivano, perché oggettivamente a meno che tu non abbia quel famoso bacio divino a farti da spalla ci sono poche probabilità di raggiungere quel livello di perfezione senza impazzire.
E qui entra in gioco Rihanna, che forte delle critiche subite e della sua lotta al conformismo hollywoodiano – oltre al fatto di essere molto bella anche con dieci chili in più – ha cavalcato in modo egregio questo sentimento di contraddizione tra i modelli passati che continuavano a imporsi sul genere femminile e lo stato di oggettiva, seppur incompleta, emancipazione di cui godono oggi le donne. Perché lasciare che a farci da faro nella notte siano solo le sorelle Hadid quando le mutande, alla fine, le mettiamo tutte? Savage x Fenty si prende così la briga di fare da ponte tra quel perizoma brasiliano che se non sei Emily Ratajkowski ti guardi allo specchio e ti senti una porchetta appena sfornata e i mutandoni da “persona normale” che tanto alla fine se non si vedono va bene uguale. Alla sfilata di presentazione, Rihanna ci infila donne di qualsiasi forma, colore, incinte, basse, alte, con il seno enorme o totalmente piatte e persino Bella Hadid: l’impensabile si è concretizzato, siamo diventate tutte potenziali modelle, tanto da avere pure la possibilità di caricare le nostre foto sullo stesso catalogo della linea.
Non è la prima volta che un marchio prova a giocarsi la carta dell’inclusione e della diversità, ma il risultato è spesso quello di sottolineare ulteriormente la distanza tra perfezione e normalità. Le pubblicità con le donne che si abbracciano trasmettendo un messaggio di soddisfazione e serenità si traducono in spot da catechismo dove ci stringiamo tutti le mani e ridiamo insieme per la bellezza della vita, come a dire “Ok, non sarò Naomi Campbell, ma sono bella ugualmente”. Ciò che invece traspare dalla linea di Rihanna è un altro messaggio: invece di separare le modelle vere dalle persone normali, andando a creare un divario che per quanti sorrisi possiamo metterci sopra comunque rimane, le donne sfilano tutte insieme, indossano tutte le stesse cose, senza creare una sezione curvy e una slim. Questa democratizzazione dell’aspetto esteriore è forse l’unico modo sano per liberarsi di certe convinzioni che inducono a vivere il proprio corpo come un nemico e di fargli di conseguenza la guerra. Guardando la pubblicità di un marchio di lingerie con una ragazza incinta o una ragazza in carne, quello che devo pensare non è che si tratti di una campagna di sensibilizzazione ma che quella è la normalità, e che non bisogna rispettare una sola legge estetica che imponga un modello unico.
Rihanna avrà profitti molto più alti per aver capito che a fare completi intimi per un solo manichino non ci si guadagna tanto, ma allo stesso tempo ha indebolito l’ossessione del conformismo che si nutre delle nostre insicurezze. Le modelle non smetteranno certo di esistere, e noi non smetteremo di comprare oggetti e vestiti solo per avere la conferma di di appartenere a un modello rassicurante che ci faccia sentire con le cose giuste al posto giusto. Se questa conferma però può anche aiutare a scardinare modelli potenzialmente negativi, tipo quelli imposti alle donne, allora avrà svolto un ruolo attivo in un cambiamento positivo – seppur parte di un sistema consumistico-capitalistico – che potrebbe cominciare a fare la differenza. Che sia una pop star e un’imprenditrice da miliardi di dollari come Rihanna a dettare le regole di una tendenza è poi semplicemente una conseguenza del fatto che è il mondo dello spettacolo e della moda a dettare le leggi della tendenza, perlomeno dei parametri estetici.
L’auspicio è che l’emancipazione femminile raggiunga un livello tanto profondo e consolidato dal riuscire a staccarsi dai certi dettami imposti dall’esterno. Non è certo compito primario delle pop star che producono intimo porre una base alla risoluzione di problemi come i diritti delle donne, la parità nel campo del lavoro, la tutela rispetto alle discriminazioni e le violenze di genere; per altri invece, quelli appunto più legati a un discorso estetico e di percezione di sé, la voce di una cantante che anche grazie al proprio corpo ha intrapreso una carriera di successo, una presa di posizione simile potrebbe avere un effetto sul futuro del genere femminile e delle molteplici catene che ne impediscono la libertà. Preferirei che queste consapevolezze non avessero bisogno di un mezzo come un paio di mutande firmate da Rihanna per diffondersi e avere peso, ma se possono essere d’aiuto per un discorso più ampio che un domani non avrà bisogno per forza di dipendere da una logica di profitto allora ben vengano i perizomi leopardati di Fenty.