In tv, a raccontare il mondo con un taglio realmente progressista, è rimasta solo “Propaganda Live” - THE VISION

Con l’avvento delle piattaforme di streaming è sempre più raro trovarsi davanti alla televisione a fare zapping tra i canali generalisti. C’è sempre una serie da recuperare, un documentario da vedere, un nuovo lungometraggio da godersi o da riguardare. La tv sta progressivamente assumendo il ruolo marginale che si aspettavano gli addetti ai lavori, soprattutto per quanto riguarda i più giovani. Secondo il rapporto Censis sui media, gli under 30 per informarsi utilizzano tanto i telegiornali quanto il web e i social media. Inoltre, quasi la metà del campione analizzato dal report va su Youtube anche quando vuole guardare una trasmissione televisiva. Ormai i primi sette canali del telecomando si utilizzano solo quando bisogna presentarsi all’appuntamento con un programma in diretta a cui si è particolarmente affezionati e che si segue da tempo, cosa che per quanto mi riguarda significa Propaganda Live nella prima serata del venerdì.

Il programma condotto da Diego Bianchi è diventato l’unico riferimento per centinaia di migliaia di spettatori che nel palinsesto televisivo non trovano un prodotto simile. Raccontare l’attualità con uno sguardo scanzonato e mai banale, per utilizzare le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è il tratto distintivo di una trasmissione che ha saputo guadagnare l’affetto di moltissime persone. Purtroppo, però, guardare il mondo da un punto di vista progressista non sembra più essere una priorità della televisione di Stato. Se le reti Mediaset non hanno mai brillato per la presenza di programmi in grado di soddisfare i gusti delle persone che votano a sinistra, la Rai, in un passato relativamente recente, ha messo in onda trasmissioni di grande successo seguite soprattutto da quelli che oggi vengono classificati come radical chic. L’ottavo nano – che a sua volta rappresentava l’erede di programmi come Tunnel, Avanzi o il Pippo Chennedy Show – è stato un vero e proprio cult, oltre a essere il primo format che ha inconsciamente avvicinato all’attualità e alle vicende politiche italiane molti giovani della seconda Repubblica.

Diego Bianchi

Le trasmissioni Rai di un tempo avevano un tratto comico-satirico molto più pronunciato rispetto a Propaganda Live. Zoro mette al centro delle puntate questioni identitarie e culturali con un approccio sfrontato, ma comunque meno irriverente verso il potere rispetto ai programmi andati in onda sulla televisione di Stato ormai più di vent’anni fa. La “Social Top Ten” e le mirabili opere di Makkox non possono essere paragonate al Silvio Berlusconi di Sabina Guzzanti o al Giulio Tremonti di Corrado Guzzanti per intensità, sfacciataggine e insolenza, ma ciononostante il programma di Zoro sembra essere la naturale evoluzione di quel modo di fare televisione che, in fondo, puntava a rafforzare un’identità culturale progressista in opposizione a un certo conformismo conservatore. Senza il programma condotto da Diego Bianchi oggi non ci sarebbe nulla a fare da contraltare alla narrazione reazionaria che occupa intere reti televisive (ogni riferimento al quarto canale è puramente casuale). La capacità di unire la parodia all’approfondimento rende Propaganda Live una trasmissione diversa dalle altre, necessaria per avere un minimo di equilibrio nel racconto televisivo dell’Italia di oggi.

Marco D’Ambrosio, in arte Makkox

Il programma della prima serata di venerdì su La7 non è stato risparmiato da critiche e polemiche. Per citarne due, ricordiamo la mancata partecipazione di Rula Jebreal a causa della scarsa presenza femminile tra gli ospiti e l’affaire Roberto Angelini. Una ex-lavoratrice del ristorante di proprietà del chitarrista della Propaganda orchestra aveva infatti denunciato delle irregolarità emerse durante il rapporto di lavoro e Angelini ha reso pubblica la vicenda con un post discutibile su Facebook. Si sa che nell’epoca dei social le polemiche e le critiche fanno parte del gioco: la capacità di ammettere i propri errori e la volontà costante di mettersi in gioco sono però gli ingredienti che rendono la trasmissione di Diego Bianchi più attraente rispetto a molti altri prodotti della televisione generalista.

Roberto Angelini

D’altra parte, per comprendere il successo di Propaganda Live bisogna partire da lontano. Diego Bianchi ha conquistato per la prima volta la popolarità grazie a Tolleranza Zoro che a partire dal dicembre del 2007 ha raccontato la sofferenza di una generazione che è nata comunista e si è progressivamente indebolita dietro le bandiere prima dei democratici di sinistra e poi dei democratici e basta. Zoro raccontava questa storia attraverso gli occhi di un militante che fin da bambino distribuiva le copie dell’Unità in giro per Roma. Dalle prime puntate di Tolleranza Zoro ormai sono cambiate molte cose. Il Partito Democratico ha affrontato le conseguenze scatenate prima dalla crisi finanziaria del 2008 e poi dalla pandemia appiattendosi sulle posizioni democristiane di una classe media sempre meno numerosa. L’orgoglio dei militanti di sinistra che rivendicavano una morale diversa dagli avversari è stato offuscato da decine di inchieste e di scandali. Luoghi storici, come Piazza San Giovanni a Roma, sono stati abbandonati e lasciati in mano alla destra sovranista. Propaganda Live, forse senza neanche volerlo davvero, si è trovata costretta a dover colmare la voragine aperta da trent’anni di fallimenti da parte della classe dirigente dei partiti di centrosinistra. Una trasmissione che è diventata un porto sicuro per chi vuole guardare al futuro con gli stessi occhi pieni di speranza che avevano i manifestanti nelle piazze del passato.

Diego Bianchi nella 68a puntata di Tolleranza Zoro (2011)

L’inaspettata sconfitta elettorale del centrosinistra alle elezioni del 2013 – passata alla storia per la frase dell’allora segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani secondo cui l’area progressista aveva “non vinto” – ha portato con sé anche la fine di Tolleranza Zoro. Così, Diego Bianchi si trasforma in conduttore televisivo dando vita a Gazebo, trasmissione andata in onda in seconda serata su Rai 3, che da subito ha raccolto ottime recensioni da parte dei telespettatori rimasti orfani di Serena Dandini e dei fratelli Guzzanti. Dopo appena quattro anni la Rai, però, si lascia scappare la trasmissione a favore di La7, senza trovare alcun prodotto in grado di sostituire degnamente lo spazio lasciato vuoto da Zoro e dai suoi compagni. Una scelta miope, da parte di una tv di Stato che sembra aver rinunciato alla volontà di mandare in onda trasmissioni culturali con un’identità forte, in grado di creare senso di appartenenza tra i telespettatori. Successivamente il programma ha poi cambiato nome in Propaganda Live. Le ultime stagioni ci hanno tenuto compagnia durante i mesi del lockdown e dei venerdì sera in zona rossa. Diego Bianchi ha fatto di necessità virtù rispolverando l’antico format di Tolleranza Zoro per raccontare fatti, umori e sensazioni di un periodo storico tanto difficile quanto inedito.

Serena Dandini
Corrado Guzzanti
Diego Bianchi, in arte Zoro

La continua rincorsa verso il trend del momento ha prodotto una televisione incapace di creare legami profondi tra i telespettatori e le trasmissioni. Propaganda Live è un’eccezione felice che riesce a creare momenti di condivisione tra una comunità eterogenea di persone che non ha praticamente più a disposizione luoghi pubblici in cui discutere e ridere. Le continue divisioni a sinistra hanno inevitabilmente prodotto un’atomizzazione dell’elettorato, che a sua volta ha prodotto una comunità più debole e frammentata. Il successo di trasmissioni Rai come L’ottavo nano o La TV delle ragazze è frutto di un tempo diverso, quando l’unità rappresentava un valore anche tra i militanti o i semplici simpatizzanti dei partiti di sinistra. Come in passato, la televisione dovrebbe farsi portatrice di valori identitari senza rincorrere soltanto i dati dell’audience. Le trasmissioni con un carattere forte rappresentano un’àncora per chi non si vuole rassegnare allo spettacolo fine a sé stesso. Diego Bianchi insieme ai suoi ospiti ci ricorda ogni settimana quanto è bello condividere gli stessi valori, ritrovarsi in una comunità unita. Forse, una televisione con più programmi di questo tipo riuscirebbe a ridurre il livello di sterile scontro che ogni giorno registriamo nei talk show e sui social. Purtroppo, invece, i programmi in grado di rafforzare l’identità con il sorriso stanno scomparendo del tutto dalla televisione, per questo è una fortuna che esista Propaganda Live ed è tanto importante che continui a esistere.

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