Stiamo vivendo una fase veramente strana della storia dell’umanità per quanto riguarda i dibattiti sul superamento degli stereotipi di genere: negli stessi giorni in cui si discute a proposito della presenza – o meglio, l’assenza – di donne registe nelle candidature degli Oscar, Italia Uno riporta in auge un format di quindici anni fa come La pupa e il secchione, includendo guest star del calibro di Stella Manente, l’influencer nota per aver invocato Hitler contro il Pride di Milano. Questi cortocircuiti culturali e mediatici per cui in Occidente possiamo riconoscerci in un mondo che ha in parte interiorizzato e messo in pratica in diversi ambiti anni di lotte femministe e contemporaneamente apprezzare l’intrattenimento in stile Bagaglino e carwash sono interessanti, perché toccano diversi punti di un discorso molto ampio. Per alcuni filoni di femminismo moderno, infatti, utilizzare il proprio corpo anche con immagini sessualmente molto esplicite fa parte della libertà di ogni donna e dunque non c’è niente di svilente nel pulire una macchina in costume da bagno utilizzando le proprie cosce come spugne. La questione è complessa, e per quanto io concordi sul fatto che ogni donna possa fare con il proprio corpo quello che le pare, non sono così sicura che certi modelli estetici siano di fatto sinonimo di libertà, cosa che nel mondo dello spettacolo – della televisione in particolare, ma anche della musica e del cinema – si traduce in rappresentazioni femminili ai limiti della caricatura di una bambola gonfiabile. Per questo un’artista come Madame nella scena rap italiana può essere considerato uno spunto di riflessione interessante.
Tra l’essere femminili ed erotiche nell’immagine che si sceglie per la propria rappresentazione artistica e l’essere parodie di una coniglietta Playboy penso ci sia una bella differenza, soprattutto in un ambiente come quello mediatico in cui l’apparenza gioca un ruolo fondamentale. Nella musica rap, genere ormai dominante nella scena mainstream, questo discorso si fa ancora più complesso, dal momento che la presenza femminile è molto ridotta se paragonata a quella pop, dove invece le donne spopolano da sempre. Fare breccia in una scena musicale fortemente connotata da una visione maschile della narrazione obbliga le donne che ne vogliono fare parte a compiere scelte stilistiche ponderate, consapevoli che verranno osservate con molta più attenzione e diffidenza rispetto alla controparte maschile. Negli Stati Uniti, dove il genere nasce e ha una storia molto più lunga e diversificata della nostra, nomi come quelli di Cardi B e Nicki Minaj, giusto per citare le interpreti più famose, sono ormai del tutto istituzionali e slegati dal fatto di appartenere a due donne, mentre in Italia non ci sono ancora artiste tanto famose e affermate da essere ormai emancipate dall’idea di un “rap al femminile”. Per cambiare lo stato delle cose serve solo il tempo necessario perché questo processo di integrazione e di inclusione di tutti gli artisti validi, a prescindere dal loro sesso, venga messo in atto.
Madame, che da circa un anno si fa strada con diversi singoli, featuring importanti come quello con Marracash e la grande attesa di un album che tarda a uscire, riesce a essere sia interessante da un punto di vista musicale, perché non riconducibile a niente di specifico, che proiettata verso un’idea di estetica femminile non caricaturale. Le donne che scelgono un’immagine esplicita e canonicamente sessualizzata non sono da condannare o da sminuire, ma è bello vedere che si possono prendere anche strade diverse da quelle più canoniche.
Madame, che in realtà si chiama Francesca ed è nata a Vicenza nel 2002, attira infatti su di sé l’attenzione per due ragioni che nel mondo dell’arte – e della musica in particolare – fanno sempre parlare: il fatto di essere una ragazza e quello di essere molto giovane. Due elementi che possono rivelarsi armi a doppio taglio, perché non bastano per fondare una carriera, ma che in questo caso vengono messi in secondo piano dalla musica. Anche se con un repertorio ancora limitato, Madame riesce a tenere sullo stesso livello sia stile che messaggio, non rompendo l’equilibrio con un discorso troppo auto-riferito – parla di sé e del fatto di essere una ragazza, elemento presente ma non centrale – o facendo della sperimentazione l’unico cavallo di battaglia. Il suo singolo più famoso, Sciccherie, che è esploso anche grazie all’endorsement digitale e probabilmente involontario di Cristiano Ronaldo, colpisce per un mix di forma e contenuto che oscilla tra un senso di spaesamento dovuto alla lingua e al modo di parlare di Madame, all’immagine che nel video abbiamo di lei stessa, palesemente molto, molto giovane. Tutti questi elementi tornano anche nei singoli successivi, dando vita a una formula musicale che in effetti non ha precedenti nel rap italiano. Non è detto che tutto ciò che è nuovo sia per forza interessante, ma è positivo notare come questa ragazza di nemmeno diciotto anni abbia avuto la capacità di raffigurare con la sua musica un modo di essere sia giovane che donna in cui ci si può identificare, ma che permette anche a chi è estraneo a queste categorie di ascoltarne una narrazione inedita.
Un aspetto della musica di Madame che dà una certa carica alle sue canzoni, infatti, è il racconto della sua realtà – quella di una ragazza che sente le pressioni dell’apparire e tutto il disagio dell’essere adolescenti – giocando con la fonetica. Nella comunicazione di tutti i giorni siamo abituati in modo automatico a mettere al primo posto il significato delle parole che usiamo e poi il significante. Madame inverte questo meccanismo, mettendo in cima il suono e poi ciò che significa la parola. Fa un esercizio di stile tipico della scrittura poetica, che non è di certo estraneo al mondo della musica dove molte parole vengono scelte più per il suono che per il significato, ma lo arricchisce con lo stravolgimento di accenti e pronunce e una certa creatività linguistica, utilizzando termini di internet e quindi dello slang giovanile. Questo modo di produrre musica e testi è anche il frutto di una sua attenzione per la tradizione italiana sia cantautorale che poetica, cosa che ha confermato lei stessa in diverse interviste, sottolineando sempre la sua passione per la letteratura italiana o per artisti come De Andrè. Forse è proprio questo l’elemento che la rende a mio avviso diversa e interessante da tutto quello che ho visto nel genere fino a oggi.
Qualche anno fa girava online una story del rapper Tony Effe che consigliava ai suoi follower di andare a scuola e di non fare i “bufu somari”. Il video poteva risultare divertente all’epoca, quando la Dark Polo Gang era un argomento di conversazione che ancora faceva ridere, ma visto oggi non fa lo stesso effetto. Una cosa però non è cambiata dal tentativo di Tony Effe di contrastare l’abbandono scolastico, ossia il fatto che la scuola e lo studio sembrano sempre e solo obblighi noiosi e costrittivi. Sentire una ragazza così giovane che invece riesce a utilizzare la cultura appresa a scuola nel modo più sano possibile, assorbendone il significato più profondo e non solo come una lezione da imparare a memoria, non è una cosa da poco. Ciò che spesso sfugge ai più giovani – a tutti in realtà – è proprio il fatto che ciò che oggi cantiamo e guardiamo non è poi così diverso dal lascito degli artisti del passato. Non è che Foscolo fosse una sorta di Sfera Ebbasta di altri tempi, ma entrambi utilizzano e hanno utilizzato la nostra lingua per fare dell’arte, alta o bassa che sia, immortale o dimenticabile che sia. Madame ha evidentemente fatto tesoro di questa consapevolezza, come si capisce dal modo in cui gioca con la lingua e con i significati, senza passare per snob o per la parodia di qualche strana commistione tra cultura e stile urban: si capisce che la diverte, tanto da poter stimolare qualche suo coetaneo a sperimentare un modo di studiare diverso, senza bisogno di fare la trapper per il sociale – che sembra comunque la presa in giro di un consiglio più che uno vero.
Non so se il 2020 sarà l’anno di Madame e se il suo album confermerà le aspettative che si sono create intorno al suo nome, ma è bello vedere che si può diventare artiste di tutto rispetto senza ricorrere a etichette di alcun tipo, né quella di paladina dei diritti femminili né quella di bitch tutta catene d’oro e twerk – proprio quelle catene che lei stessa si toglie nel video di Sciccherie. Madame riesce a essere bella e femminile senza essere volgare, e il suo aspetto fisico non serve solo per mostrarla al pubblico come un pezzo di carne, è brava a scrivere e ha una voce piacevole, è spiritosa e matura per l’età che ha, sa raccontare bene se stessa così come la sua generazione. Questa ragazza è in qualche modo, seppur ancora agli inizi, il simbolo di ciò che spero possa significare essere artisti oggi, sia uomini che donne, in un modo che non ti obbliga a incasellarti in stereotipi di genere e che ti lascia libero di essere chi ti pare, senza giudizi o cliché. Se il futuro è di chi è nato in un presente che sta provando, piano piano e con non pochi inciampi, a liberarsi del peso di un’eredità che gli sta stretta, allora spero che un giorno non ci sarà nemmeno bisogno di sottolineare i casi virtuosi come quello di Madame.
Tutte le foto sono di Sebastiano Fernandez © (@sebastianofernandez)