Ce lo ricordiamo tutti Giorgio Mastrota che vende pentole in acciaio inox o lo Chef Tony che affila forbici trinciapollo comprese nel set di Miracle Blade, terza serie perfetta. Le televendite sono una forma di pubblicità molto interessante, perché quando le guardi non puoi fare a meno di chiederti chi abbia davvero il coraggio di comprare un cofanetto con i migliori successi italiani di sempre o un aggeggio che tremando rende il corpo più tonico. Allo stesso tempo, esercitano un potere ipnotico grazie alla loro forma estesa e continuativa, come se i suoi protagonisti vivessero imprigionati in un eterno loop di materassi in memory foam. Non si tratta di un semplice spot che dura poco meno di un minuto e che ha come obiettivo quello di imprimersi nella mente di chi guarda nel modo più efficace e veloce possibile, ma di una formula molto più lenta, discorsiva, confidenziale. Non si tratta di scegliere un attore per interpretare una parte ma di creare un personaggio che con tono fraterno ti convinca che quel tappeto persiano è proprio ciò che serve alla tua vita. Oggi che la televisione si è vista rubare il podio da internet, questa forma di pubblicità ha trovato il modo di adattarsi anche al nuovo mezzo: con Instagram, e la rivoluzione della condivisione di contenuti attraverso le stories, i Giorgio Mastrota e le Jill Cooper si sono moltiplicati in modo esponenziale in forma di influencer, e con loro i bombardamenti pubblicitari che ci ricordano in ogni istante di dover comprare qualcosa.
Il rapporto tra Instagram – e di più o meno tutti gli altri social – e pubblicità si è modificato in tempi molto brevi, e non è detto si sia ancora stabilizzato. Se in un primo momento questa app sembrava offrire solo filtri retrò per farci sentire tutti Henri Cartier-Bresson con un iPhone 3Gs in mano, da quando è stata lanciata nel 2010 a oggi il suo utilizzo si è decisamente evoluto. Un aspetto fondamentale è, per esempio, la sua funzione di tramite tra persone normali e celebrità, che accorcia le distanze che intercorrevano tra la vita privata di un’attrice americana e il suo fanclub. La conseguenza più ovvia è stata proprio quella di poter sfruttare questo rapporto diretto tra personaggio pubblico e persone comuni per fini commerciali, una manna dal cielo per i brand che in questo modo possono infarcire i profili delle star con prodotti mirati al pubblico che le segue.
Ma la trasparenza di questa nuova formula pubblicitaria non è stata immediatamente così predominante quanto avrebbe dovuto, e da un paio di anni circa l’antitrust ha messo una serie di paletti per quei personaggi in vista che indossavano con nonchalance un paio di occhiali o una borsa firmata facendo credere che fosse per caso. Hanno cominciato a fare capolino tra gli hashtag anche i poco eleganti #ad e #sponsored che levano un bel po’ di magia a quei cartelloni virtuali che fondono perfettamente la vita privata e il lavoro dei personaggi influenti. La pena per chi non rispetta questo principio di onestà commerciale è una multa che va dai 500mila fino ai cinque milioni di euro: insomma, non conviene più fingere di essere stranamente ossessionati da certi marchi. Ciò non toglie che ci sia un enorme vantaggio per le aziende che investono su questo genere di sponsorizzazioni, considerato che pochi anni fa le alternative erano o il classico spot con guest star o il tacito endorsement della celebrità, che però non prevedeva la possibilità di far sapere ai fan esattamente di che marca fosse quel vestito o quel rossetto. Adesso basta controllare i tag sulle foto e comprare in molti casi direttamente online.
Si potrebbe ingenuamente pensare che se non sei Chiara Ferragni o Anna Tatangelo – considerate tra le influencer di fascia più redditizia in Italia – Instagram rimane soltanto un grazioso mondo fatto di filtri e hashtag improbabili, ma non è così. Esiste infatti tutto un sottobosco di influencer dell’ultima ora che sbucano fuori da contesti perlopiù televisivi, in particolare da tutte quelle trasmissioni di Mediaset che danno la possibilità a giovani aitanti di mettersi sulla piazza della popolarità. E dal momento che Instagram è il social dell’apparenza per eccellenza, essendo una piattaforma che parla quasi esclusivamente attraverso le immagini, la bellezza è quasi sempre premiata con un discreto seguito – finto o reale che sia. Se dunque prima dell’avvento di questa meravigliosa vetrina i cercatori di fama dovevano rimboccarsi le maniche e attraversare il palco di ogni discoteca di provincia d’Italia per provare a tenere alta la tensione della loro carriera nello spettacolo, Instagram consente di riciclarsi come personaggi pubblici con molti meno sacrifici. Basta mettere un piede nell’impero di Maria De Filippi per garantirsi quanto meno un punto da cui partire per ritagliarsi un proprio spazio, una fanbase che non è ancora chiaro quanto a lungo rimarrà fedele ma finché la barca va, lasciamola andare. Giulia De Lellis, corteggiatrice di Uomini e Donne, ad esempio, è stata così brava a emergere all’interno di questa trasmissione da vantare oggi più di tre milioni di follower su Instagram e un mestiere che si presta facilmente a ironie da scettici di internet, oltre a essere parte della scuderia prestigiosa di Francesco Facchinetti.
Non tutti i concorrenti di trasmissioni simili – dai talent ai reality fino alla fabbrica per eccellenza di influencer, Uomini e Donne – arrivano a quel tipo di vetta professionale, ma quasi tutti riescono comunque a sfruttare quella spinta che garantisce un minimo di affermazione online. Si tratta di fatto di una bolla che si autoalimenta: i follower sono solo gli spettatori, e così puoi anche avere milioni di seguaci ma essere completamente sconosciuto per intere fasce di pubblico che non guardano quella trasmissione. Ciononostante, è evidente che la prima cosa che si fa non appena si è arrivati ad avere un buon numero di persone che ti seguono è mettere a frutto la propria relativa e fugace popolarità con una serie di collaborazioni. Chi è avvezzo all’universo defilippiano, sa che per primi ci sono i prodotti “salutari” e cosmetici che magicamente appaiono sui profili di ogni neo-influencer che si rispetti. Barrette ipocaloriche, tisane detox, pillole anti-cellulite, creme al veleno d’ape, tonici ringiovanenti, sieri miracolosi, unguenti prodigiosi: le stories di queste nuove personalità dell’intrattenimento sono stracolme di pubblicità, ma con una formula molto simile a quella delle televendite. Non si tratta di un distaccato appoggio a un marchio ma di una chiacchiera confidenziale tra amiche, perché chi non desidera perdere qualche chilo con un bibitone alla vaniglia o cancellare gli inestetismi della cellulite con una crema alla papaia?
Dalle stories-vendite emerge tutta la naturalezza e la normalità di un consiglio fraterno: le nuove influencer usano un tono di voce dolce, comprensivo, curano la dizione per fare sembrare ciò che dicono molto più piacevole di un semplice spot, hanno un sorriso sbarazzino sempre stampato in faccia e soprattutto possono dire dal loro canto che sì, quella barretta funziona davvero! Ma non finisce qui, perché per poter godere anche tu degli effetti miracolosi di quel prodotto dovrai inserire come codice sconto proprio il nome della tua nuova amica virtuale. L’armata di rappresentanti digitali pubblica inoltre foto dove indossa vestiti, accessori, scarpe e gioielli di marchi meticolosamente taggati, così da diventare i volti di campagne pubblicitarie online di brand semi-sconosciuti che si apprestano a sfondare nel mercato di Instagram. Verrebbe da domandarsi a questo punto quanta pazienza possa avere il pubblico di una tentatrice di Temptation Island che segue un profilo quasi totalmente dedicato alla pubblicità, come se avesse davanti una televisione privata con uno spot che non finisce mai. Quanto tempo si può sopportare il consiglio amorevole di un’amica che ci invita ogni santo giorno a provare qualche nuovo intruglio disintossicante. Per quanto si possa amare il personaggio in questione o essere totalmente immuni al martellamento pubblicitario, a un certo punto ci si renderà conto che i follower altro non sono che target commerciali e che hanno di conseguenza a loro volta una forma di potere.
Il caso recente di una influencer che ha combinato un gran casino con il suo profilo dimostra quanto precario sia questo settore, e come potenzialmente il pubblico di Instagram potrebbe decidere chi deve lavorare e chi no. Sara Affi Fella, una ragazza di ventidue anni che ha partecipato sia a Temptation Island che a Uomini e Donne, è stata travolta dal rinculo per una serie di mosse sbagliate. La storia è andata più o meno così: partecipa con il fidanzato molto più grande e molto possessivo alla prima trasmissione, riscuote molto successo sia per il suo aspetto fisico che per il carattere vivace, lascia il fidanzato rappresentato come esponente del peggior patriarcato italico e da donna emancipata comincia la sua nuova avventura come tronista. Lì per diversi mesi si dimostra piuttosto indecisa, ma arriva alla scelta finale e opta per un ragazzone messinese dolce e premuroso, finché i due non si lasciano dopo appena un mese dall’inizio della relazione. Addirittura, il ragazzo rivela che non c’era stata nemmeno la possibilità di avere degli scambi più intimi, per così dire, informazione che Affi Fella ha giustificato con la scusa di essere “Una ragazza all’antica”.
Nel frattempo, la tronista diventa molto influente su Instagram, con più di un milione di follower, tanti contratti anche con marchi importanti, tante sponsorizzazioni. Ma viene fuori dopo qualche mese che in realtà lei e il vecchio fidanzato, quello che avrebbe lasciato durante Temptation Island, non si sono mai separati, e che tutta la storia di Uomini e Donne era solo una farsa per aumentare la sua popolarità e, di conseguenza, la sua carriera da influencer. La reazione del pubblico, nonché dei suoi follower, è stata quella di abbattersi come una furia sul suo profilo, tartassandola di insulti per il suo comportamento sleale e smettendo di seguirla, facendole perdere anche più di centomila follower al giorno. Il re è nudo: Sara Affi Fella non è una semplice bella ragazza ma una semplice bella ragazza con l’ambizione di diventare ricca e famosa, incredibile a dirsi, e come lei chissà quante altre hanno fatto lo stesso percorso. La differenza è che nel suo caso i brand stessi si sono dissociati pubblicamente dal suo nome, e tutta la bile dei seguaci traditi si è concentrata sulla testa di questa ex influencer che ha ormai disattivato il suo profilo. Dopo questa storia, anche altre colleghe si sono trovate in situazioni simili, come Lara Zorzetto – altra concorrente di Temptation Island – che poco prima di varcare la soglia del milione di follower ha cominciato a perderne migliaia: le persone si sono accorte che pubblicava solo contenuti sponsorizzati, e per punizione hanno spento la tv.
Il caso di Sara Affi Fella dimostra diverse cose, una su tutte che il terreno su cui si poggia questo business è molto più fragile di quanto fino a poco tempo fa si potesse credere. E a pagare le conseguenze di questa tracotanza pubblicitaria, più che le aziende sono gli utenti – trattati come un target da bombardare da tutte le angolazioni possibili – e gli influencer stessi, ragazze e ragazzi spesso molto giovani, con un background nella maggior parte dei casi piuttosto umile e che si convincono di poter fare un salto di classe tanto drastico da concedere loro una carriera solida e redditizia a vita. Certe volte funziona, e da commessa di Intimissimi riesci davvero a diventare una star di Instagram con contratti da migliaia di euro a post, altre volte invece (la maggior parte delle volte, in realtà) torni dritto da dove sei venuto, dopo aver gustato quei famosi quindici minuti di popolarità. Non si può credere che Instagram e i social in generale tornino a essere – se lo sono davvero mai state – quelle piattaforme innocue fatte solo per “Aprire e condividere il tuo mondo con gli altri”, come recita la pagina di accesso di Facebook. A oggi la direzione sembra essere sempre più quella di propagare e amplificare campagne pubblicitarie con l’unico scopo di spingerci a credere in ogni momento della giornata che non possiamo proprio fare a meno di quella crema al veleno d’ape.