Con “Estate ’85” il primo amore appassionato di due ragazzi diventa finalmente una storia universale - THE VISION

A cercare negli archivi dei principali quotidiani francesi cosa accadde nella realtà nell’estate del 1985 sulle coste della Normandia, si ha l’impressione che quello fu semplicemente un anno come tanti. Le classifiche mondiali erano dominate dagli Wham! e da Madonna, Huey Lewis and the News rilasciava “The Power of Love” per la colonna sonora di Ritorno al Futuro, uno dei singoli più di successo della band. Erano gli ultimi istanti di spensieratezza, prima che la morte di Rock Hudson, avvenuta il 2 ottobre di quell’anno, rendesse chiaro alla gran parte della popolazione che l’Aids non era solo un problema di pochi. Anche se i primi casi erano stati individuati già un paio di anni prima, fu infatti con la scomparsa di uno degli attori più amati di Hollywood che l’opinione pubblica iniziò ad accantonare la propria riluttanza nell’affrontare il tema. Nella finzione, invece, quella del 1985 è l’estate in cui Alexis, detto Alex, incontra per la prima volta David, e se ne innamora. Come e perché ciò avverrà è proprio lo sviluppo di Estate ’85, l’ultimo film del regista francese François Ozon, selezionato per il Festival di Cannes 2020 e presentato nella selezione ufficiale della 15esima Festa del Cinema di Roma, dove ha vinto il Premio del pubblico BNL.

Il primo è appassionato di Morte, “quella con la M maiuscola”. Non dei cadaveri, che gli fanno un brutto effetto, ma degli antichi rituali egizi e dei riti funebri delle varie popolazioni mondiali. Ha sedici anni e un destino ancora incerto tra le mani, indeciso se continuare a studiare o trovarsi un lavoro, come vorrebbe facesse il padre. Il secondo di anni ne ha pochi di più, lavora nel negozio di famiglia di articoli per la pesca. Ha una passione per le moto, e dietro la maschera di sicurezza e spericolatezza nasconde le stesse fragilità di qualunque altro ragazzo della sua età e la paura di essere cresciuto troppo in fretta. La morte, infatti, non l’ha conosciuta per curiosità, ma a causa della scomparsa del padre. Il suo destino è chiaro sin dalle prime parole di Alex: morire. I due si conoscono quando Alex, naufragato in mare per il maltempo, viene salvato da David, che lo riporta a riva. Affascinato dal ragazzo e dalla madre di lui, la signora Gorman, Alex decide di accettare di aiutarli in negozio e, tra feste in spiaggia e corse in moto, si lascia andare liberamente ai sentimenti che nascono fra di loro. Il legame tra i due, sarà però messo a dura prova dalla volubilità di David e dall’arrivo di Kate, una ragazza alla pari inglese.

Se i primi lungometraggi di Ozon, usciti alla fine degli anni Novanta, erano esplicitamente queer, almeno nel modo in cui poteva esserlo spingere dei personaggi eterosessuali verso i confini dell’esplorazione del desiderio e della gelosia, guidati all’estremo da ideali di eteronormatività per natura impossibili da soddisfare, e oscuri, cupi e angoscianti nei toni, Estate ’85 lo è in un modo simile ma allo stesso tempo completamente diverso. Simile perché molti degli elementi del film si ritrovano già inconsciamente in alcune delle opere precedenti, come il personaggio del professore o la scena in cui Alex è costretto a indossare abiti femminili. Diverso perché l’atmosfera è perlopiù luminosa, gioiosa, ironicamente piena di vita. L’essere queer sta nella capacità di trattare una relazione tra due ragazzi allontanandosi da una narrazione prettamente focalizzata sul dolore e nel voler raccontare il loro orientamento sessuale come un semplice dettaglio, dotando la relazione tra Alex e David di caratteri universali. 

“Quando ho iniziato a fare cortometraggi ho pensato, ‘Se un giorno girerò un lungometraggio, il primo sarà un adattamento di questo romanzo’”, ha raccontato Ozon, riferendosi a Danza sulla mia tomba, il libro di Aidan Chambers pubblicato nel 1982, che in Italia arrivò inizialmente con un titolo diverso, Un amico per sempre. Alex e David però sono “più che amici”, e proprio per questo a lungo il libro fu bandito in alcune scuole e biblioteche, tanto nel nostro Paese quanto in America. Se l’amore tra uomini aveva infatti smesso di essere illegale, proporre una storia d’amore non eterosessuale in una collana per adolescenti era ancora un azzardo che necessitava di una buona dose di coraggio. “Ho letto il libro nel 1985, quando avevo diciassette anni, e mi è piaciuto moltissimo. Mi è sembrato che si riferisse proprio a me”, continua il regista, sottolineando come la scelta di cambiare il titolo del film rispetto al romanzo originale sia dovuta non solo a un tentativo di non svelarne immediatamente la trama, ma anche a un certo modo di operare sul testo per racchiudere sia la verità presentata da Chambers che le sensazioni provate durante la prima lettura. Una mescolanza di privato ed esterno che sembrano replicare la genesi stessa del romanzo, nato da un articolo di cronaca pubblicato sul Guardian in cui si raccontava la storia di un ragazzo arrestato per aver profanato una tomba ed episodi di vita vera di Chambers. 

Ciò che sembra spingere Ozon nella realizzazione di Estate ’85 è il bisogno di compensare la mancanza di supporti culturali capaci di raccontare dignitosamente il vissuto della comunità LGBTQ+ propria di quando era adolescente. Negli anni Ottanta, infatti, le storie queer erano esclusivamente storie di dolore, spesso legate alla malattia, e come scriveva l’attivista e storico del cinema americano Vito Russo, autore de Lo schermo velato, i film ruotavano attorno al concetto di omosessualità, non alle persone e alle loro storie. “Pensavo: cosa avrebbe voluto vedere sullo schermo un adolescente di 17 anni in quel momento? Perché tutte le storie d’amore a quel tempo, specialmente le storie d’amore gay, erano molto oscure. Riguardavano sempre il senso di colpa e la vergogna, ed erano drammatiche. Quindi ho avuto un’idea: farò un film per adolescenti che sia capace di dargli speranza”, ha commentato Ozon

Félix Lefebvre (Alexis) e Benjamin Voisin (David)

Estate ’85 sovverte questa dinamica raccontando l’emozione appassionata e ossessiva che si prova quando ci si innamora per la prima volta, ma non tanto nel momento in cui la si vive, quanto nel suo perdurare nel tempo, nel cambiare forma nella nostra mente e attraverso i nostri ricordi. È l’eterno intreccio tra Eros e Thanatos a guidare la storia. Il film si concentra infatti sulla riflessione e sull’elaborazione di Alex di quanto accade a David, e lo fa mediante l’azione catartica della scrittura. Ciò a cui assistiamo sullo schermo si snoda su due piani temporali diversi – la storia d’amore, il suo inizio e la sua fine; il lutto del ragazzo, il suo arresto per aver profanato la tomba dell’amico dopo aver rispettato la promessa che si erano fatti di danzare sulla tomba dell’altro nel momento in cui uno dei due fosse morto –, ma a tirare i fili resta la sua voce narrante. A colpire è proprio la capacità del personaggio di Alex di non aderire ad alcun stereotipo e di parlare a un pubblico vasto, a chiunque, cioè, nella sua adolescenza si sia sentito smarrito davanti a un futuro che appare troppo immediato, a chiunque abbia sentito il bisogno di identificarsi in altro da sé – una persona, un talento – per conoscersi e riconoscersi.

In termini di stile, il film è un ritorno allo spirito audace e disinvolto dei primi lavori del regista, ma qui la presunta ingenuità dei personaggi – dai protagonisti alla madre di David, la signora Gorman, impersonata da Valeria Bruni Tedeschi, fino al professore di letteratura, il signor Lefèvre, e al motivo della rottura tra i due, la ragazza alla pari Kate – non è un vezzo stilistico, quanto la scelta ponderata di voler parlare non solo a un pubblico giovane, ma anche agli adulti, che in Estate ’85 possono non solo scoprire nuovi modi di elaborare una perdita, ma anche ritrovare il proprio passato. In questo sono aiutati dal ritorno di Ozon alla pellicola Super16, la cui grana conferisce un aspetto sensuale alla pelle dei protagonisti nei primi piani e rende delle sfumature di colore impossibili da replicare col digitale, che tende ad appiattirle. La colonna sonora composta da classici di Rod Stewart, Bananarama e Raf fa tutto il resto, richiamando capolavori come Il tempo delle mele, Stand By Me e Quell’estate del ’42, storie di formazione e scoperta della propria sessualità attraverso l’altro che alla comunità LGBTQ+ non sono che spettate solo recentemente, con lungometraggi come Chiamami con il tuo nome.

“Yesterday I got so old / I felt like I could die / Yesterday I got so old / It made me want to cry” (Ieri sono così invecchiato /che mi è sembrato di poter morire / Ieri sono così invecchiato/ che avrei voluto piangere) cantano i The Cure in In Between Days, sulle note che accompagnano il film nei suoi primi fotogrammi, ricordandoci che nel guardare al passato, spesso non riportiamo alla mente che un’invenzione, una proiezione di ciò che è stato o avremmo voluto che fosse, un qualcosa che, come in un’epifania, ci rende consapevoli che viviamo davvero come sogniamo, da soli. “Pensi che inventiamo le persone che amiamo?”, chiede Alexis a Kate in una delle scene finali. Forse sì, ma proprio per questo c’è sempre spazio per un nuovo inizio.

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